giovedì 13 luglio 2017
Il governo Merkel approva le nuove regole che gli danno il potere di fermare le acquisizioni di aziende con capitali non europei se c'è il rischio di trasloco delle tecnologie all'estero
Particolare di un graffito sul muro di Berlino (Mike McHolm, https://flic.kr/p/591jrQ)

Particolare di un graffito sul muro di Berlino (Mike McHolm, https://flic.kr/p/591jrQ)

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Pochi giorni dopo avere ospitato ad Amburgo il G20 e avere ribadito, assieme algi altri Grandi, la condanna del protezionismo, Angela Merkel ha dato una stretta alla cessione delle aziende tedesche a investitori non europei. Secondo le regole approvate dal governo federale mercoledì, l’esecutivo avrà il diritto di bloccare le operazioni di acquisizione se vedrà il rischio del trasferimento all’estero di tecnologie considerate strategiche e avrà a disposizione quattro mesi, invece degli attuali due, per fare le sue valutazioni. In genere la Commissione europea permette agli Stati di bloccare le acquisizioni se ci sono ragioni legate alla sicurezza nazionale. La nuova norma tedesca entrerà in vigore a breve, non è necessaria l’approvazione da parte del Parlamento.

Il bersaglio evidente è la Cina. Un anno fa il governo è rimasto scottato dallo “scippo” di Kuka, campione tedesco della robotica industriale conquistato per 4,6 miliardi di euro dalla cinese Midea nonostante gli appelli autorevoli di Sigmar Gabriel, allora ministro dell’Economia e oggi ministro degli Esteri, e Günther Oettinger, commissario europeo per l’Economia e le società digitali, perché un’azienda tedesca si facesse avanti con un’offerta migliore.

«Rimaniamo una delle economie più aperte del mondo, ma abbiamo anche bisogno di prendere in considerazione condizioni competitive giuste — ha spiegato il nuovo ministro dell’Economia, Brigitte Zypries —. Lo dobbiamo alle nostre aziende. Spesso devono competere con paesi le cui economie non sono aperte come la nostra». Il riferimento è sempre alla Cina, che non permette a un’azienda straniera di acquisire il controllo di un’impresa cinese (ne sa qualcosa il miliardario americano Rupert Murdoch, che con queste regole negli anni ‘90 si è visto sfilare il controllo della televisione cinese Star Tv).

La giustificazione di Zypries era necessaria, dal momento che questa stretta non è stata apprezzata dalla Bdi, la Confindustria tedesca, spaventata dal rischio che queste regole sbiadiscano l’immagine della Germania come paese aperto agli investitori stranieri. Anche il quotidiano finanziario Frankfurter Allgemeine Zeitung è stato molto critico: Berlino lancia un «segnale disastroso per un mondo sempre più protezionista» ha avvertito in un editoriale, dove si aggiunge che «la mancanza di reciprocità nei rapporti con la la Cina non ha privato la Germania né di industria né di tecnologia».


Ma l’inasprimento delle regole si inserisce anche nel quadro di rinnovata collaborazione tra Parigi e Berlino. Il mese scorso, al suo debutto al Consiglio europeo, il nuovo presidente francese Emmanuel Macron ha invitato Germania e Italia a lavorare assieme per creare uno “scudo” che protegga le aziende europee dall’avanzata dei cinesi. Con il decreto approvato mercoledì Berlino si propone di dettare la linea agli alleati dell’Ue.


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