lunedì 15 maggio 2017
Proposti 16,4 miliardi, ma la prima replica del Cda iberico è piuttosto fredda. Dalle nozze tra italiani e spagnoli nascerebbe un gigante europeo dei pedaggi
Un casello della A31, acquistata nel 2016 dagli spagnoli di Abertis

Un casello della A31, acquistata nel 2016 dagli spagnoli di Abertis

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Il successo dell'offerta con cui Atlantia vuole prendere il controllo della spagnola Abertis non è scontato. Dopo che prima dell'apertura dei mercati azionari l'azienda italiana ha annunciato il lancio dell'Opa da 16,5 euro ad azione per il 100% del gruppo spagnolo (per un valore totale di 16,3 miliardi di euro), dal consiglio di amministrazione di Abertis è arrivata una replica piuttosto fredda, in cui si chiarisce che l'offerta "non è stata sollecitata". Il Cda degli spagnoli aggiunge che non commenterà su questa operazione finché non dovrà farlo per obbligo di legge e nel frattempo andrà avanti con la gestione dell'azienda secondo i piani.

Atlantia è il principale concessionario autostradale italiano, e Abertis, gruppo spagnolo che con 8.600 chilometri di autostrade in gestione in giro per il mondo si definisce il leader di questo mercato a livello mondiale. In Borsa a metà seduta il titolo Atlantia guadagna quasi il 3%, a 24,9 euro, mentre quello di Abertis perde lo 0,6%, a a 16,36 euro, cioè poco sotto il prezzo dell'offerta.

La tentata fusione del 2006

Già undici anni fa Abertis e quella che allora si chiamava Autostrade Spa avevano lavorato a una possibile fusione, progetto abbandonato dopo diversi mesi di trattative soprattutto a causa della contrarietà del governo italiano, che — con Romano Prodi alla presidenza del Consiglio e Antonio Di Pietro alle Infrastrutture —- era arrivato a introdurre nel decreto collegato alla Finanziaria un articolo sulle concessioni autostradali che sembrava scritto apposta per ostacolare l’operazione. «Le società auspicano che in futuro si possano ricreare le condizioni per riconsiderare il progetto» scrivevano i due gruppi nel comunicato in cui annunciavano il ritiro del progetto di fusione.

Equilibri cambiati

In undici anni le cose sono cambiate ma quelle condizioni potrebbero essersi ricreate oggi. Intanto Atlantia è diventata più grande di Abertis: fa più fatturato (5,5 contro 4,9 miliardi di euro nel 2016), più utili (1,1 miliardi contro 796 milioni) ed è maggiore a livello di capitalizzazione di Borsa (20 miliardi con 14,8). In un’eventuale fusione, quindi, sarebbero gli italiani ad avere la quota maggiore del nuovo gruppo che nascerebbe. Un gruppo che con oltre 10 miliardi di ricavi scavalcherebbe i francesi di Vinci per essere il primo concessionario autostradale d’Europa, con anche il controllo degli aeroporti di Roma (di Atlantia) e una presenza forte, grazie ad Abertis, in Sudamerica (Cile e Brasile in particolare) e Francia.

La strategia

Per Abertis l’Italia è terra ben conosciuta. Gli spagnoli a febbraio hanno portato al 60% la quota di controllo del tratto di A4 che va da Brescia a Padova e hanno acquisito nel 2016 anche un tratto dan 89 chilometri della A31 Valdastico. Lo scorso novembre hanno arruolato nel consiglio di amministrazione, come indipendente, Enrico Letta, che tra l’altro era sottosegretario alla presidenza del Consiglio in quel governo Prodi che ostacolò la fusione del 2006.



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