lunedì 4 novembre 2019
La società ha notificato la decisione. Riunione d'urgenza al Mise. L'allarme dei sindacati. Le motivazione dell'azienda. Ambientalisti: solo un alibi. Cos'è lo scudo penale
Ex Ilva: ArcelorMittal si ritira. L'arcivescovo: disastro sociale
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Svolta inattesa (e non positiva) nella vicenda dell'Ilva. Arcelor Mittal InvestCo Italy ha notificato ai commissari straordinari del colosso siderurgico la volontà di rescindere l'accordo per l'affitto con acquisizione delle attività di Ilva Spa e di alcune controllate acquisite secondo l'intesa del 31 ottobre.

La società ha chiesto ai commissari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro 30 giorni. L'eliminazione dello scudo penale per gli ex manager dal 3 novembre e i provvedimenti del Tribunale di Taranto sono per la società tra le ragioni che giustificano il recesso. «Il disimpegno di Am è una bomba sociale», commenta il leader della Fim Marco Bentivogli. «La volontà di Arcelor Mittal di rescindere il contratto per l'acquisizione dell'Ilva è un fatto grave che chiama in causa la responsabilità del governo e della politica», scrive su twitter la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.

Al ministero dello Sviluppo economico si è svolta nel primo pomeriggio una riunione con i massimi rappresentanti del governo convocata d'urgenza. Al vertice sono presenti i ministri Provenzano, Costa, Speranza, Catalfo e il titolare del Mise Patuanelli. Al termine non sono state rilasciate dichiarazioni.

Il premier Giuseppe Conte ha convocato per mercoledì a Palazzo Chigi i vertici di ArcelorMittal. "Per questo Governo la questione Ilva ha massima priorità. Faremo di tutto per tutelare investimenti produttivi, livelli occupazionali e per proseguire il piano ambientale", ha scritto su Twitter.

Forte preoccupazione anche in ambito industriale. "Il mio auspicio è che si riapra velocemente il confronto e che questo possa
portare ad una soluzione positiva che abbia come obiettivo condiviso il mantenimento della produzione siderurgica a Taranto". Lo sottolinea in una nota il Presidente di Federacciai, Alessandro Banzato e ggiunge: "Tutti adesso si agitano giustamente per il problema sociale che ne può scaturire e in molti dimenticano la radice della questione, quella senza la quale non c'è lavoro, ovvero l'enorme problema industriale che discenderebbe dalla chiusura di Taranto".

Infuria, naturalmente anche la polemica politica. Giorgia Meloni, leader di Fdi, attacca affermando che uno Stato che non mantiene gli impegni preoccupa. E Salvini, opo avere accusato il governo di quanto sta accadento, chiede a Conte di riferire urgentemente in Parlamento. Alla destra replica Michele Anzaldi, Iv: "La norma contro lo scudo penale che Arcelor Mittal usa per giustificare l'addio a Taranto e all'Ilva è stata votata da Matteo Salvini nel Cdm del 23 aprile 2019, quando il suo Governo varò il Dl Crescita. Con quel decreto il Governo Lega-M5s ha dato l'alibi di fuga agli indiani". E Matteo Renzi rilancia: "Per chi in queste ore fa una polemica meschina e mediocre: lo scudo penale è stato cancellato dall'esecutivo Lega-Cinque Stelle. Ma noi vogliamo soluzioni, non capri espiatori". Forza Italia invece spara su Di Maio: "Di Maio è fuggito agli Esteri, ma da ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico è stato un flagello per l'Italia e per il Sud che aveva promesso di rilanciare, come dimostrano il rapporto Svimez e gli esiti disastrosi delle vicende Whirlpool e Ilva", afferma Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Fi.

L'arcivescovo Santoro: un disastro sociale

"Un disastro sociale". Così l'arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, definisce la volontà di ArcelorMittal di rescindere dall'accordo per l'affitto con acquisizione delle attività di Ilva Spa nella città pugliese. In una intervista a Radio Vaticana Italia
monsignor Santoro chiede che "i commissari governativi intervengano affinché AlcelorMittal receda dalla volontà di abbandonare l'Ilva. È una calamità sociale che si prevede e che si aggiunge a quella ambientale. Si è stati inerti di fronte a questa possibilità, ognuno sosteneva un aspetto della questione. Ora ci vuole una concertazione a livello di governo centrale, perché finora si è stati ad attendere l'evolvere dei fatti senza intervenire. Le circostanze richiedono a tutti uno sforzo di rinnovata analisi e di creatività. Un'altra soluzione calamitosa sarebbe una cassa integrazione che duri 10-20 anni, ma questo - sottolinea Santoro - sarebbe aggirare l'ostacolo mentre dobbiamo creare posti di lavoro".

Leggi anche: L'arcivescovo Santoro: grave emergenza lavoro, urge una concertazione

Le ripercussioni su altre aziende

Sono anche da tenere presente le possibili ripercussioni su altre aziende ed altre aree del territorio nazionale. Ad esempio in provincia di Massa Carrara, in Toscana, è in corso la vertenza per la Sanac, legata all'attività dell'Ilva.

"L'interesse di ArcelorMittal ad acquistare Sanac c'è ancora, almeno sulla carta, ma dobbiamo essere preparati anche ad un piano B; quando bisogna salvare un'azienda si deve agire su più fronti. Se non andasse in porto l'acquisizione e Sanac dovesse tornare sul mercato, senza più il 70% delle commissioni che adesso le arrivano dall'ex Ilva Taranto, dovrà diventare competitiva sul
mercato e trovare nuovi clienti, perché non esistono i salvatori della patria: almeno io, che sono una donna d'azienda, non li ho
mai conosciuti". Lo ha spiegato oggi a Massa la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde, intervenuta in Provincia al Tavolo dedicato a questa impresa.

Le motivazioni dell'azienda: ecco perché lasciamo

AM InvestCo Italy ha inviato ai Commissari straordinari di Ilva spa una comunicazione di recesso dal contratto o risoluzione dello stesso per l'affitto e il successivo acquisto condizionato dei rami d'azienda di Ilva S.p.A. e di alcune sue controllate ("Ilva"), a cui è stata data esecuzione il 31 ottobre 2018. La motivazione del disimpegno è il venir meno dello scudo penale per il piano ambientale ora che è stato definitivamente soppresso col decreto legge.

Il Contratto, dice Arcelor Mittal, prevede che, nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l'attuazione del piano industriale, la Società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso Contratto. Con effetto dal 3 novembre 2019, il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso.In aggiunta, dice l'azienda, i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i Commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 - termine che gli stessi Commissari hanno ritenuto impossibile da rispettare - pena lo spegnimento dell'altoforno numero 2.

Tali prescrizioni dovrebbero ragionevolmente e prudenzialmente essere applicate anche ad altri due altiforni dello stabilimento di Taranto. Lo spegnimento renderebbe impossibile per la Società attuare il suo piano industriale, gestire lo stabilimento di Taranto e, in generale, eseguire il Contratto.

"Altri gravi eventi, indipendenti dalla volontà della Società - afferma ArcelorMittal - hanno contribuito a causare una situazione di
incertezza giuridica e operativa che ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari
interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto. Tutte le descritte circostanze attribuiscono alla Società anche il diritto
di risolvere il Contratto in base agli applicabili articoli e principi del codice civile italiano".

Per gli ambientalisti è solo un albi. E ricordano i morti da inquinamento

Per gli ambientalisti invece la questione dello scudo penale è solo un alibu usato da Arcelor Mittal per uscire da un affare considerato non conveniente. "In nessun Paese al mondo, tanto meno in Europa, esiste uno scudo penale per un'attività industriale che non rispetta normative ambientali, arrecando pertanto danni alla salute della popolazione". Lo ricorda Angelo Bonelli, coordinatore dell'esecutivo nazionale dei Verdi. "Il 26 luglio 2012 - rammenta Bonelli - veniva sequestrato l'impianto dell'Ilva di Taranto perché, come si leggeva nelle parole del gip, produceva inquinamento e morte. Indagini epidemiologiche successive hanno
evidenziato come il 50% dei bambini di Taranto tra 0 e 15 anni si ammalasse di tumore e, di questi, il 21% non sopravviveva alla patologia. Un dato che fa impressione se paragonato alla media pugliese".

Di questo, sostiene il leader ecologista, "in questi lunghi 7 anni, nessuno si è mai preoccupato e nessuno è stato in grado di costruire progetti di bonifica e messa in sicurezza dell'impianto industriale, come è stato fatto in tanti altri Paesi europei di fronte a impianti inquinanti". Secondo Bonelli, la richiesta dell'azienda "non è altro che un alibi. La decisione di ArcelorMittal è dovuta, con ogni evidenza - conclude - al mutamento delle condizioni del mercato dell'acciaio e alla necessità di tutelare gli altri stabilimenti europei del gruppo, con le quote di acciaio che ne deriveranno".

Che cos'è lo scudo penale e perché fu ideato nel 2015

Lo scudo penale era stato pensato per offrire ai nuovi proprietari dell’ex Ilva la sicurezza che non sarebbero finiti in tribunale per eventuali problemi legati all’attuazione del piano ambientale, considerate la pesante eredità ricevuta da una lunga e cattiva gestione degli impianti, con pesanti ricadute sulla salute degli abitanti di Taranto. Fu introdotto ai tempi del governo di Matteo Renzi dall’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ancor prima che si facesse avanti Arcelor Mittal. Nel 2015, infatti, l’obiettivo era trovare personalità d’alto profilo disposte a svolgere il ruolo di commissario, visto che nessuno avrebbe accettato con il rischio di essere perseguito per reati legati alla vecchia conduzione, ma che in qualche modo continuavano a configurarsi anche sotto la lore gestione. Dopo di che, lo scudo fu garantito anche al gruppo franco-indiano, sempre con la stessa logica: chi lavora nell’interesse dell’acciaieria e si impegna anche nel risanamento ambientale non può essere accusato di reati che traggono origine da quanto fatto dai precedenti manager.

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