venerdì 15 novembre 2019
Si apre un doppio fronte giudiziario sul recesso del colosso franco-indiano formalizzato per il 4 dicembre. Al Mise intanto vertice con azienda e sindacati sulla questione occupazionale
L'acciaio  prodotto nello stabilimento dell'Ilva fermo in banchina del porto di Taranto (Ansa)

L'acciaio prodotto nello stabilimento dell'Ilva fermo in banchina del porto di Taranto (Ansa)

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Si apre un nuovo doppio fronte giudiziario nell'intricata vicenda dell'addio di ArcelorMittal all'ex Ilva. La Procura della Repubblica di Milano ha aperto un fascicolo esplorativo per verificare "l'eventuale sussistenza di ipotesi di reato": lo ha reso noto in un comunicato il procuratore della Repubblica Francesco Greco. "La Procura di Milano, ravvisando un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali (10.700 dipendenti di cui 8.200 nella sola Taranto oltre a circa 5mila nell'indotto), alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale, ha deciso di esercitare il diritto-dovere di intervento" previsto dal codice di procedura civile "nella causa di rescissione del contratto di affitto d'azienda promosso dalla società ArcelorMittal Italia contro l'amministrazione straordinaria dell'Ilva" si legge nella nota. La Procura vuole vederci chiaro sulle comunicazioni rese a partire dallo scorso 4 novembre da parte del gruppo franco-indiano di voler recedere il contratto d'affitto dello stabilimento con base a Taranto. Oltre a questo, secondo quanto riferito in ambienti giudiziari, le indagini puntano ad accertare la regolarità o meno nei rapporti economici e contrattuali.

Intanto i legali dei commissari dell'ex Ilva hanno depositato il ricorso cautelare e d'urgenza, (ex articolo 700), contro la causa promossa da Arcelor Mittal per il recesso del contratto d'affitto. Con il ricorso si chiede all'azienda di rispettare gli accordi presi in precedenza, visto che non sussisterebbero le condizioni legali per chiedere il recesso.

Al Mise si tiene nel pomeriggio il tavolo con sindacati ed azienda dopo l'ufficializzazione di ieri dello spegnimento degli altiforni entro il 15 gennaio (e non a maggio come era stato ipotizzato in un primo momento). L'azienda è tecnicamente tenuta a partecipare all'incontro. Presenti anche i leader di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. "ArcelorMittal conferma che esaurito il percorso previsto dall'art.47 il 3 dicembre, dal giorno successivo, quindi il quattro del mese, non sarà lei a proseguire il piano di spegnimento e spetterà all'amministrazione straordinaria", ha detto il segretario generale della Fim, Marco Bentivogli in una nota. "E' chiaro che se per il 4 dicembre l'Ilva in amministrazione straordinaria non riassumerà celermente tutto il personale - ha aggiunto - la situazione diventerà ancora più drammatica". Ieri l'azienda ha confermato la «sospensione dell'esercizio dello stabilimento siderurgico e la parziale sospensione dell'esercizio della centrale elettrica operata da ArcelorMittal Italy Energy» con una missiva, inviata, tra gli altri al ministero dell'Interno, Ambiente, Regione Puglia e Prefettura e Comune di Taranto.

Sul piede di guerra il numero uno della Cgil Maurizio Landini. "Diremo che ha avuto in affitto l'Ilva dopo aver vinto una gara, e non può decidere ora di chiuderla dopo aver firmato accordi che prevedevano anche investimenti. Tra l'altro credo che non possa esserle neanche permesso". ha detto il segretario generale prima di recarsi a Roma per il tavolo. "Quando l'Arcelor prese in affitto l'Ilva, l'azienda stava bene - ha proseguito - e oggi non possiamo accettare che se ne vada così. Discutiamo sui tempi ma non sul disimpegno da Taranto, così come da Genova e Alessandria; in questa vertenza non sono solo in discussione migliaia di posti di lavoro, ma anche un'idea di sistema industriale. Con l'acciaio si fa tutto".

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