domenica 21 giugno 2020
Il paradigma attuale, Pil-dipendente, è irreale poiché non è possibile immaginare una crescita infinita nel lungo periodo
La sfida di un'economia alimentata dalla speranza
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«Complesso di regole metodologiche, modelli esplicativi, criteri di soluzione di problemi che caratterizza una comunità di scienziati in una fase determinata dell’evoluzione storica della loro disciplina». Questa è la definizione del termine “paradigma” secondo l’enciclopedia Treccani. Ai mutamenti di paradigma sono, dunque, riconducibili le “rivoluzioni scientifiche”. E’ esattamente una “rivoluzione” della scienza economica quella proposta ora da Enrique Lluch Frechina, economista dell’Università Cardenal Herrera Ceu di Valencia e autore di “Economía para la esperanza”, (Economia per la speranza), appena pubblicato in Spagna da Publicaciones populares cristianas (Ppc), tra le principali case editrici specializzate su temi di spiritualità e riflessione cristiana. «E’ il tempo di trovare chiavi differenti per risolvere i nostri dilemmi economici. Di uscire dalla camicia di forza dell’antagonismo tra Stato e mercato, tra capitalismo, socialismo e economia sociale di mercato», afferma Lluch Frechina che, a novembre, sarà ad Assisi per The economy of Francesco, dove contribuirà al coordinamento del panel Business in transition. Per farlo, è necessario trovare il coraggio di mettere in discussione il paradigma economicista, basato sulla massimizzazione a oltranza di tutto – crescita, benefici, profitto, utilità – e, tuttora, considerato l’unico possibile, razionale e neutro. «Al contrario, si tratta di un modello culturale, frutto di un processo storico. Inadeguato di fronte alla realtà attuale», sottolinea l’economista. «Si tratta di riformulare l’obiettivo verso cui tende l’organizzazione economica. Pensandola non come un assoluto ma come uno strumento per il benessere delle persone. E sottolineo il plurale: non siamo Robison Crusue impegnati a sopravvivere con le nostre uniche forze su un’isola deserta. L’attività economica implica la relazione. Alla luce di questo fine, vanno ripensati i comportamenti e gli strumenti più adeguati per conseguirlo». Il paradigma attuale, Pil–dipendente, è irreale poiché non è possibile immaginare una crescita infinita nel lungo periodo: gli incrementi di produzione si scontrano con risorse naturali limitate. Oltretutto, il modello economicista lascia dietro di se una massa crescente di esclusi. «L’economia per la speranza, al contrario, rimette questa al servizio degli esseri umani, del presente e del futuro. Il suo obiettivo non è quello astratto della crescita, bensì dare migliori condizioni di vita alle generazioni attuali e a quanti verranno. Un sistema, dunque, in cui tutti e ciascuno possano essere liberi di realizzarsi in modo compiuto. A partire dai più vulnerabili». Per farlo, Lluch Frechina non ha timore alcuni tabù economici, o meglio economicisti. In primis la massimizzazione dell’utilità, su cui si basa la razionalità del cosiddetto homo oeconomicus. «Ma è davvero razionale volere sempre di più? La realtà ci dice il contrario. Qualunque delle nostre necessità è soggetta a un punto di saturazione. E’ molto più ragionevole desiderare il sufficiente per appagare le proprie urgenze e concedersi qualche lusso. Questa “razionalità del sufficiente” è il pilastro su cui riorganizzare il mercato, il rapporto pubblico–privato, la politica fiscale, la struttura aziendale, la finanza e la ricerca. Non è un’utopia. E’ il frutto di una scelta».

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