giovedì 11 luglio 2019
Secondo un’indagine condotta da E-work, il 58% dei ragazzi italiani tra i 25 e i 34 anni sarebbe disponibile a trasferirsi all’estero per trovare un’occupazione
Lavoro, italiani sempre più in fuga
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Il 58% dei ragazzi italiani tra i 25 e i 34 anni è disponibile a trasferirsi all’estero per trovare lavoro. Tra questi progettano di andarsene soprattutto i maschi (53%) che vivono al Nord (61%) e al Centro (32%) del nostro Paese. Guardando le città le richieste arrivano soprattutto da Milano, Genova, Torino, Roma e Napoli. Il grado di istruzione di chi se ne va è più alto rispetto al passato: il 27% ha la licenza media, il 34% è diplomato e il 39% è laureato. Le motivazioni principali sono la speranza di ottenere uno stipendio più alto (+65%) e più possibilità di carriera (+24%). I Paesi più ambiti sono Germania, Francia, Gran Bretagna e Medio Oriente. È da segnalare però che dopo la Brexit, la Gran Bretagna non è più la prima meta dei sogni dei ragazzi italiani e che rispetto allo scorso anno ha perso il 27% delle preferenze. Lo rivela lo studio condotto da E-work, Agenzia per il lavoro presente in Italia con 36 filiali che ogni anno assume oltre 40mila persone su tutto il territorio nazionale.

«Oggi sono oltre cinque milioni gli italiani residenti all’estero e noi dall’inizio dell’anno stiamo ricevendo dai nostri candidati sempre più disponibilità per andare a lavorare fuori dall’Italia. Non si tratta solo di ragazzi: riceviamo sempre più richieste anche da persone con il proprio nucleo familiare a carico - afferma Paolo Ferrario, presidente e amministratore delegato di E-work -. Le lauree più richieste all’estero sono soprattutto quelle di Ingegneria ed Economia e i settori che più richiedono personale sono quelli della Finanza, Sales & Marketing e dell’It. Gli stipendi in Germania e Francia sono mediamente più alti di quelli italiani del 25% e in alcuni Paesi del Medio Oriente anche del 40%. Gli incentivi fiscali sono certamente importanti per invertire la fuga dei nostri talenti all’estero, ma anche le aziende italiane devono continuare a fare la propria parte creando contesti di lavoro incentivanti, migliorando il work-life balance e proponendo percorsi di carriera rapidi e trasparenti»


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