lunedì 26 ottobre 2020
Le categorie coinvolte dalle nuove restrizioni varate il 25 ottobre contano i danni. Fipe-Confcommercio: 2,7 miliardi di danni. Confindustria: per il Pil ulteriore calo del 2%
La protesta di ieri sera davanti al teatro Strehler a Milano contro la chiusura dei teatri

La protesta di ieri sera davanti al teatro Strehler a Milano contro la chiusura dei teatri - Ansa

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Non è un lockdown di nome ma lo è di fatto per le tante attività, legate alla ristorazione, alla cultura e allo sport, coinvolte dal nuovo decreto adottato dal governo per contrastare la diffusione del virus. Nel difficilissimo tentativo di scongiurare la chiusura totale ma al tempo stesso ridurre le possibilità di contagio, il premier Conte ha dovuto fare delle scelte. Contestate a gran voce, com’era del resto prevedibile, dalle categorie coinvolte.

È un grido d'aiuto unanime, quello che si alza dalle fiere (che hanno già perso il 70% del fatturato) agli eventi, dalle piscine allo spettacolo, dagli impianti sciistici agli alberghi, che chiedono subito misure di ristoro.

Bar e ristoranti sono penalizzati dallo stop alle 18 e si preparano a pagare un danno di altri 2,7 miliardi di euro, secondo le stime fatte da Fipe-Confcommercio che parla di un «colpo di grazia per i pubblici esercizi italiani». Dall'inizio del lockdown il settore del commercio ha perso «24 miliardi di fatturato. E con le attuali nuove limitazioni potrebbero perdersi 470 milioni al mese, con il rischio chiusura per 50 mila imprese», sottolinea il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. Pronta la mobilitazione nelle piazze, fissata per il 28 ottobre, per chiedere al governo certezze e tempestività sugli interventi a sostegno del settore.

Le misure avranno un impatto grave secondo Confesercenti perché colpiranno tutto il sistema delle pmi. «Alle 18 costretti a chiudere, ma avere un futuro è un nostro diritto» è il messaggio che migliaia di bar, ristoranti pub e altre imprese della somministrazione hanno affisso sulle proprie vetrine per protestare contro le restrizioni introdotte dal dpcm. «Chiudere alle 18, quando l’attività diurna delle colazioni e dei pranzi è stata già messa in ginocchio dallo smartworking vuol dire rendere antieconomico aprire. La raccomandazione di non muoversi inoltre avrà un impatto negativo sul turismo e sui consumi» sottolinea Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. In allarme anche il mondo del vino con il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella che parla di «un duro colpo che rischia di mettere la parola fine a tante attività dislocate sul territorio».

«Prevediamo una perdita di 10 miliardi di vendite per l'intera filiera agroalimentare» sottolinea Filiera Italia, fondazione che raccogliere il meglio del made in Italy agroalimentare, che tiene conto della chiusura anticipata dei ristoranti e dell’effetto sui consumi in generale. «Dovremo prendere in considerazione un prolungamento della sofferenza per le filiere dei vini, dei formaggi e dei salumi di qualità che già durante il precedente lockdown avevano toccato un terribile - 40%» dice Luigi Scordamaglia consigliere delegato di Filiera Italia.

Per Coldiretti in fumo andranno solo per la chiusura di bar e ristoranti oltre un miliardo di euro. «La spesa per pasti consumati fuori casa era pari al 35% del totale dei consumi alimentari degli italiani prima dell’emergenza coronavirus» dice il presidente Ettore Prandini.

In allarme anche i settori che sono stati graziati dal governo come le terme. «Le terme italiane sono aperte. Facciamo appello a tutti gli operatori dell'informazione, affinché venga riportato correttamente il contenuto del nuovo decreto» dice il presidente di Federalberghi Terme, Emanuele Boaretto parlando di un clamoroso malinteso e di centinaia di disdette in poche ore. Sul piede di guerra anche gli albergatori. «Gli alberghi subiranno grandi danni, anche se non c'è un ordine di chiusura specifico. Gli alberghi sono aperti ma, nei fatti, vengono chiusi i clienti (frontiere chiuse, viaggi sconsigliati, eventi sospesi, spettacoli annullati, cerimonie vietate, smart-working a gogo, etc.)» spiega in una nota Federalberghi.

Ha scelto di protestare, con manifestazioni in molte città, e una lettera aperta al premier Conte e al ministro Franceschini il mondo della cultura: cinema, teatri e sale concerti sono state infatti chiuse senza appello dal dpcm. Una misura considerata eccessiva dagli addetti al settore visto che in questo caso il distanziamento è possibile ed è stato attuato nelle sale con una media di 130 persone a spettacolo e contagi praticamente pari allo zero. Un mese di chiusura si traduce in un danno di 64 milioni di euro e arriva al termine di un anno disastroso. I danni per il settore dei giochi avrà ricadute anche per le casse dello Stato: con la chiusura di sale giochi e Bingo si stimano infatti almeno 600 milioni in meno al mese.

Non risparmia le critiche il presidente degli industriali Carlo Bonomi. «Faccio fatica a capire qual è la direzione» ha commentato a caldo sottolineando come dopo sei mesi il governo sia ancora impreparato a gestire l’emergenza e soprattutto non abbia coinvolto nessuno nell’elaborare le restrizioni annunciate domenica. «Nessuno sapeva quali era i provvedimenti e nessuno ha potuto contribuire. Io credo che il governo debba cambiare metodo» ha detto il numero uno di Confindustria. Le previsioni dell’ufficio studi di Confindustria sono di un ulteriore calo del Pil: si passerà dal 10% al 12% con un danno di 216 miliardi, superiore ai fondid el Recovery Fund.

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