martedì 18 settembre 2018
Tassa del 10% su altri 5.745 prodotti importati, che salirà al 25% da gennaio. Pechino pronta a rispondere. L'escalation della guerra commerciale ora si fa davvero preoccupante.
Un uomo al lavoro in una fabbrica di componenti auto a Liaocheng, nella provincia cinese dello Shandong. (foto Chinatopix via AP)

Un uomo al lavoro in una fabbrica di componenti auto a Liaocheng, nella provincia cinese dello Shandong. (foto Chinatopix via AP)

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I nuovi dazi di Donald Trump contro la Cina sono arrivati, come previsto. Il presidente americano ha aspettato la chiusura di Wall Street, lunedì sera, per annunciare l’introduzione di una tassa del 10% su 5.745 prodotti cinesi che valgono circa 200 miliardi di dollari di importazioni negli Stati Uniti. I dazi saranno in vigore dal 24 settembre e se entro la fine dell’anno Washington e Pechino non troveranno un accordo, la tassa dal primo di gennaio salirà dal 10 al 25%.

Colpito metà dell'import cinese in America

I nuovi dazi si vanno ad aggiungere a quelli su 34 miliardi di dollari di importazioni cinesi introdotti a luglio e quelli su 16 miliardi di dollari introdotti ad agosto: così in totale il valore delle importazioni cinesi colpite dalle tasse di Trump ammonta a 250 miliardi di dollari complessivi. Una cifra pari a poco meno di metà dei 505 miliardi di dollari di valore totale dell’export cinese verso gli Stati Uniti nel 2017.

Per non complicare troppo la vita alle aziende americane, dalla lista delle merci da colpire sono stati eliminati 297 prodotti cinesi di cui le imprese e i cittadini americani hanno più bisogno: beni tecnologici come gli apparecchi bluetooth e gli smartwatch, alcuni prodotti chimici, tessili e agricoli, e accessori per la sicurezza come gli elmetti da ciclista o i seggiolini da auto per bambini.

La risposta cinese

Ora sarà da vedere come reagirà la Cina, che lunedì aveva avvertito di non avere più intenzione di limitarsi a giocare in difesa. Il ministero del Commercio cinese ha annunciato misure di ritorsione: «Per proteggere i suoi legittimi diritti e interessi oltre all’ordine nel libero commercio internazionale, la Cina non ha altra scelta che rispondere simultaneamente». Trump ha già risposto che a un’eventuale replica cinese risponderebbe immediatamente con la “fase tre”: dazi su tutte le importazioni cinesi, cioè altri 267 miliardi di dollari.

Ai precedenti dazi Pechino aveva risposto introducendo misure equivalenti, cioè tasse del 25% su 50 miliardi di dollari di importazioni americane. Stavolta non potrà farlo: il totale delle esportazioni statunitensi verso la Cina ammonta a 130 miliardi di dollari, quindi il regime cinese non ha abbastanza importazioni da colpire. Potrebbe adottare altre strategie, come ostacolare con la sua leggendaria burocrazia “mirata” le attività cinesi delle aziende americane, inceppando la loro catena del valore. Apple, in questo caso, rischierebbe molto.

L'accordo impossibile

Per com’è oggi la situazione sembra molto difficile che i governi americano e cinese possano trovare un accordo entro la fine dell’anno. Washington accusa i cinesi di violare sistematicamente i diritti di proprietà intellettuale, non garantire parità di trattamento alle imprese straniere quando si tratta di fusioni e acquisizioni, infilarsi con pirati informatici nei computer delle aziende americani per ottenere informazioni riservate.



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