lunedì 16 dicembre 2019
Dalla crisi al salvataggio, fino all'intervento del governo e ai rischi che corrono risparmiatori, depositanti e azionisti. Tutto quello che c'è da sapere sulle difficoltà dell'istituto pugliese
Una filiale della Banca Popolare di Bari

Una filiale della Banca Popolare di Bari - Ansa

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Qual era il problema della Banca Popolare di Bari?

Come altre banche italiane andate in crisi in questi anni, la Banca Popolare di Bari ha un problema di crediti deteriorati e sofferenze, cioè di prestiti che non vengono più rimborsati. Su 11,7 miliardi di euro di prestiti ai clienti e al netto delle somme accantonate per coprirsi da eventuali perdite, nel bilancio intermedio del 30 giugno ci sono 226,7 milioni di crediti scaduti o sconfinati, 695 milioni di probabili inadempienze, 298,7 milioni di sofferenze nette. Il 10,5% degli impieghi della banca sono quindi prestiti problematici. In questa situazione la Popolare di Bari si trova con un coefficiente di capitale Tier 1, che è l’indicatore di solidità dell’istituto, al 6,22%, sotto quanto richiesto dalla Banca centrale europea.

Che cosa poteva fare la Popolare di Bari?

Per rimettere in ordine i conti la banca doveva raccogliere capitali. Questa non è una novità: già lo scorso gennaio sembrava imminente un’operazione di aumento di capitale da mezzo miliardo di euro. Ma quei fondi non erano facili da recuperare: come si è visto anche con Banca Carige oggi per una banca italiana che ha problemi di bilancio è molto difficile recuperare risorse per rafforzare il patrimonio. E quel mezzo miliardo di euro, in ogni caso, non sarebbe stato sufficiente.

Perché il governo è intervenuto?

Venerdì la Banca d’Italia ha annunciato il commissariamento della Popolare di Bari, segnale che lo storico management che ha amministrato l’istituto non era più considerato in grado di andare avanti con le operazioni necessarie a evitare la liquidazione della banca. Constatato nei mesi scorsi che non c’era la possibilità di aumentare il capitale con fondi privati, il governo – con il provvedimento approvato domenica sera – ha deciso di ricapitalizzare la Popolare di Bari con fondi pubblici. Invitalia, agenzia interamente controllata dal ministero dell’Economia, riceverà fino a un massimo di 900 milioni di euro che verserà al Mediocredito Centrale, banca pubblica che a sua volta rileverà la Popolare di Bari assieme al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd).

Che cosa rischiano i risparmiatori?

I correntisti che hanno sul conto meno di 100mila euro, come sempre, non rischiano nulla. Quei depositi sono garantiti dal Fitd. Quelli che hanno depositi superiori ai 100mila euro rischiano invece di essere coinvolti nel caso che la banca venga “risolta” secondo le regole europee, quelle del cosiddetto bail-in. Chi invece perderà probabilmente i soldi investiti sono i circa 70mila azionisti, che negli anni hanno comprato le azioni della Popolare di Bari. La banca non è quotata in Borsa ma, dal 2017, sul circuito finanziario alternativo Hi-Mtf, un mercato poco liquido e con pochi scambi. I titoli della Pop Bari venduti con gli aumenti di capitale del 2014 e 2015 a 9,5 euro ad azione ora sono valutati 2,38 euro, ma da diversi mesi venderli è impossibile perché nessuno li compra. Con l’aumento di capitale il valore di quelle azioni sarà quasi azzerato e, come per le altre banche in crisi, gli azionisti potranno sperare in qualche meccanismo di “tutela” per avere risarcimenti.

Che cosa significa che la Popolare di Bari diventerà “una banca pubblica di investimenti”?

Questo non è chiaro. Il decreto del governo parla per la banca di assunzione «di un ruolo centrale nel finanziamento dell'economia del Mezzogiorno». Su questo aspetto possiamo aspettarci dettagli per le prossime settimane.



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