giovedì 2 aprile 2020
Presentato uno strumento per aiutare le aziende a pagare i dipendenti. A disposizione 100 miliardi di euro. Resta aperta la partita sugli eurobond. La Germania preme per un Mes "leggero"
Ursula von der Leyen presenta il piano economico anti-coronavirus della Commissione Ue

Ursula von der Leyen presenta il piano economico anti-coronavirus della Commissione Ue - EC - Audiovisual Service

COMMENTA E CONDIVIDI

Arriva la «cassa integrazione europea» da 100 miliardi di euro, mentre si moltiplicano le iniziative nazionali: la Germania pensa a l’uso del Mes con condizioni annacquate per tutti, mentre l’Italia annuncia una «proposta concreta» per i Coronabond e la Francia propone un fondo ad hoc. Si può ben dire che, a una settimana dalla drammatica videoconferenza dei leader, e a meno di una settimana dall’Eurogruppo del 7 aprile, il lavorio è intenso.

La mattina si è aperta con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen che ha ufficializzato quello che Bruxelles chiama «Sure», dalla sigla inglese per «lavoro a orario ridotto sostenuto dagli Stati», in sostanza un sostegno alle casse integrazioni europee, idea che circolava da giorni ( Avvenire ne ha parlato già martedì). «Le imprese – ha detto la tedesca in un videomessaggio – pagano ai loro dipendenti salari e stipendi anche se al momento non guadagnano. L’Europa viene loro in soccorso». Sure, dice Von der Leyen, «aiuterà i Paesi più colpiti ed è garantito da tutti gli Stati membri: questa è la solidarietà europea in atto. È per l’Italia, per la Spagna, per gli altri Paesi e per il futuro dell’Europa». Milano e Madrid, sottolinea, sono «la spina dorsale dell’economia europea».

Il fondo dovrebbe in effetti essere finanziato con il modello del primo fondo salva-Stati, l’Efsm lanciato nel 2010 proprio dalla Commissione, che emise titoli comuni garantiti da tutti gli Stati membri (di fatto dunque Eurobond) con la garanzia del bilancio Ue. I dettagli saranno ufficializzati oggi. La presidente si è premurata di telefonare, già prima dell’annuncio, al premier Giuseppe Conte. Al quale comunica anche un’altra iniziativa di Bruxelles: l’ulteriore flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali Ue non ancora spesi, eliminando vincoli legati al cofinanziamento nazionale o alla destinazione d’uso o di regione.

Ancora non si scioglie, tuttavia, il nodo Coronabond. La Germania continua a opporsi, peraltro in un’intervista a Die Zeit anche il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, smentendo indiscrezioni di Der Spiegel, si è detto «scettico ». Piuttosto, apprende Avvenire, il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz punta a una sostanziale modifica delle modalità di utilizzo delle linee di credito precauzionali del Mes (Eccl), sperando di poter così convincere l’Italia: tutti gli Stati dell’Euro avrebbero diritto ad accedervi al fondo salva-Stati, evitando lo stigma per singoli Paesi. Questo a condizioni generiche e identiche per tutti, senza insomma lunghi negoziati con i singoli Stati interessati. Sarebbero, inoltre, leggerissime: soltanto l’obbligo di usare i fondi per finanziare i sistemi sanitari e combattere l’impatto sociale ed economico il francese. della pandemia, niente programmi di aggiustamento né missioni di controllo Ue (la «troika»).

La Germania rinuncerebbe ad accedervi per lasciare più soldi a chi ne ha veramente bisogno. A Berlino spiegano peraltro che anche i titoli emessi dal Mes sono di fatto «Eurobond», in quanto garantiti da tutti gli Stati membri. Non sarebbero molti soldi, in realtà: se passa il principio discusso già dall’Eurogruppo del 2% del Pil di ogni Stato, per l’Italia sarebbero 36 miliardi.

Solo che Berlino punta anche a un altro strumento, la Banca europea per gli investimenti (Bei), appoggiando la proposta del presidente Werner Hoyer per un piano di investimento da 240 miliardi (con effetto leva) di euro con 25 miliardi di garanzie da un fondo ad hoc degli Stati membri. La Bei potrebbe così fornire ingenti fondi alle imprese, anch’essa, val la pena ricordarlo, emettendo titoli comuni (come fa sempre), garantiti da tutti. È la stessa linea del direttore del Mes, Klaus Regling. Creare un nuovo fondo per emettere Coronabonds, ha detto al Financial Times, «richiederebbe tra uno e tre anni», invece si possono usare le istituzioni esistenti: «Abbiamo già debito mutualizzato – dice Regling – oltre 800 miliardi disponibili. E si può aumentare » soprattutto con il prossimo anno quando partirà il nuovo bilancio pluriennale Ue 2021-27.

Italia e Francia però non rinunciano ai Coronabond. Ieri il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha annunciato che «il governo italiano è al lavoro su una proposta concreta di emissione comune». E il ministro delle Finanze di Parigi Bruno Le Maire ha anticipato al Financial Times una proposta che presenta oggi, di un «fondo limitato nel tempo con una possibilità di indebitamento (comune ndr) di lungo termine per rispondere alla crisi». Il fondo, che per Le Maire durerebbe cinque o dieci anni, emetterebbe titoli solo per la risposta alla crisi, non dunque per finanziare i debiti degli Stati, ma con una potenza di fuoco notevole. «Può essere la soluzione» spera.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI