martedì 5 gennaio 2021
La criptovaluta macina record, ma crescono i dubbi sul ruolo e i conti del "tether", moneta virtuale che ne ha spinto la crescita e che sembra molto meno stabile di quanto dica di essere
Una rappresentazione grafica dei bitcoin e delle altre criptovalute più diffuse

Una rappresentazione grafica dei bitcoin e delle altre criptovalute più diffuse - Reuters

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C’è almeno una grande incognita dietro i nuovi record del bitcoin. La quotazione della più famosa delle criptovalute è raddoppiata nel giro di tre settimane. Domenica scorsa ha sfiorato i 35mila dollari per poi scendere verso i 30mila. La volatilità è altissima e non è possibile prevedere i movimenti futuri: in assenza di qualsiasi fondamentale finanziario e di una decente regolamentazione dei mercati, la criptovaluta segue solo l’entusiasmo o la delusione dei suoi investitori. Non è nemmeno possibile sapere con un accettabile grado di precisione quanti soldi reali gli investitori stiano scambiando con i bitcoin. Una larga parte degli acquisti di bitcoin avviene tramite altre criptovalute il cui valore è altrettanto instabile e vago. Alcune di queste criptovalute però pretendono di avere un valore preciso, legato a quello di una moneta reale: è il caso degli stable coin “monete stabili”. Chi li mette in circolazione accantona denaro reale per garantire che in qualsiasi momento l’investitore possa restituire i suoi stable coin in cambio di una precisa quantità di soldi veri. Ma serve che quei soldi ci siano davvero.
Sta qui l’incognita. Ci sono molti dubbi sul fatto che la società che ha emesso i tether, una delle criptovalute “stabili” più utilizzate per comprare bitcoin, abbia realmente la disponibilità degli oltre 21 miliardi di dollari necessari a garantire gli stable coin messi in circolazione. A insospettire molti osservatori è l’incredibile espansione dei tether circolanti avvenuta durante il 2020: ce n’erano circa 4 miliardi a gennaio ma a giugno erano già diventati 8 miliardi e adesso ce ne sono 21,8 miliardi. Il tether aveva vissuto un’escalation simile già nel 2017. Due economisti dell’American Finance Association hanno studiato la correlazione tra il tether e il dollaro: ne emerge che quando il prezzo del bitcoin scende aumentano gli acquisti attraverso i tether, attribuibili a pochi soggetti. La tesi degli studiosi è che già nel 2017 l’ascesa dei bitcoin è stata sostenuta «da moneta digitale non supportata che gonfia i prezzi della criptovaluta».

Tether Operations Limited non ha fatto molto per rassicurare gli investitori. È una società basata nel paradiso fiscale delle Isole Vergini e controllata attraverso un intreccio di società offshore tra Hong Kong e il Delaware. La capogruppo si chiama iFinex e ha trascorsi problematici. Il procuratore di New York la accusa di avere mosso denaro tra le sue controllate per nascondere una perdita da 850 milioni di dollari dovuta ai legami con una banca ombra chiamata Crypto Capital (la decisione è attesa nelle prossime settimane). Nel 2016 la sua piattaforma Bitfinex si è vista “rubare” 120mila bitcoin e ha risarcito gli investitori con azioni o altri token. Tra i fondatori di iFinex e Tether c’è il direttore finanziario italiano Giancarlo Devasini, medico pioniere delle criptovalute che in patria ha fatto parlare di sé solo nel 1996, quando una sua azienda ha ammesso di avere venduto mille copie di software Microsoft piratate.

Sul suo sito, Tether ha una pagina dedicata alla “trasparenza” in cui pubblica l’ammontare delle riserve che dovrebbero garantire i tether. I numeri pubblicati, ovviamente, tornano. Ma l’ultima certificazione esterna delle cifre risale al 2018, quando i tether in circolazione erano un decimo di quelli attuali. A novembre del 2018 la società ha anche pubblicato una certificazione contabile presso la Deltec Bank delle Bahamas. Dopo nulla. E prima dell’inizio questo grande exploit, l’azienda ha modificato i dettagli di come sono composte le sue riserve: non solo dollari o altre monete reali, ma anche «altre attività o crediti concessi da Tether a terzi, che possono includere anche società affiliate».

Presto Tether potrebbe essere costretta a essere più chiara. Alle indagini del procuratore di New York si aggiungela legge proposta negli Stati Uniti da tre deputati democratici: vogliono obbligare chi emette stable coin di offrire garanzie bancarie precise e aggiornate, depositando il denaro a riserva presso la Federal Reserve. Per il tether e i suoi simili l’America sta preparando un pericoloso bagno di realtà molto pericoloso anche per i record del bitcoin.



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