giovedì 20 aprile 2017
Il segretario dei metalmeccanici Cisl critica il programma sul lavoro del Movimento 5 Stelle: bene l'attenzione, ma è troppo generico e pieno di contraddizioni su partecipazione e rappresentanza
Bentivogli: in fabbrica "uno non vale uno", sindacato necessario
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«È positivo che il Movimento 5 Stelle abbia finalmente posto al centro del dibattito programmatico il lavoro. Ma proprio perché M5S si candida alla guida del Paese ha il dovere di declinare in maniera più compiuta e univoca un programma per il lavoro che per ora mi appare incerto e contraddittorio". Marco Bentivogli, leader dei metalmeccanici della Cisl e autore di un volume sul futuro del sindacato dal titolo evocativo "Abbiamo rovinato l’Italia?", non fa sconti ai pentastellati che votavano ieri 5 proposte su occupazione, sindacati e welfare.

Segretario, il primo punto proponeva la possibilità di eleggere la propria rappresentanza sindacale senza necessità che questa sia firmataria di un contratto. Una questione su cui vi siete divisi anche nella vicenda Fiat...
Bisognerebbe precisare tutto l’iter di quella vicenda e del referendum del ’95 che ha modificato l’articolo 19 dello Statuto. Referendum sostenuto dalla Fiom (e non dalla Cisl) in chiave anti-Cobas. Buca scavata dalla Fiom in cui cadde 20 anni dopo la stessa Fiom. E ricordare poi che la Corte costituzionale è intervenuta nel 2013 ribadendo la libertà di elezione delle rappresentanze. Ma basti dire che oggi non c’è alcun sbarramento all’elezione di rappresentanti sindacali nei luoghi di lavoro.

Serve una legge sulla rappresentanza?
Secondo noi della Fim sarebbe utile una cornice legislativa che recepisca l’accordo firmato con Confindustria. Anche perché finora solo il 20% delle imprese applica il testo unico e sarebbe invece utile misurare adeguatamente la rappresentatività delle organizzazioni.

Un’altra proposta di M5S riguarda la partecipazione, cavallo di battaglia da sempre della Cisl...
Sì, ma qui c’è una pesante contraddizione. Va benissimo proporre un maggiore coinvolgimento dei singoli lavoratori nella vita dell’impresa, ma se nel frattempo si sostiene, come fa il M5S, che va perseguita la disintermediazione dei sindacati non si coglie la asimmetria nei rapporti di forza tra lavoratori e imprenditori.

"Uno vale uno" in fabbrica non funziona...
Se uno è il dipendente non vale uno come il datore di lavoro. Se quell’uno è organizzato assieme ad altri, allora sì che può far valere le sue ragioni con l’imprenditore. La partecipazione non è e non deve essere in alternativa all’organizzazione collettiva dei lavoratori. Ed è solo una delle contraddizioni che ravviso.

Assieme a quali altre?
Per esempio vorrei capire qual è davvero la posizione dei pentastellati: se quella molto fiduciosa nel ruolo positivo dell’innovazione nella trasformazione del lavoro, espressa nel convegno di Ivrea, o quella della sindaca Raggi che si schiera con la parte più estrema dei tassisti contro Uber? La filosofia è quella perfino troppo ottimista di un Arturo Artom o quella di Di Maio che vuol fermare le liberalizzazioni?

Non sarà che su questi temi anche il sindacato è in ritardo o, come sul lavoro festivo, ha concesso troppo in passato con lo slogan "Tutto si contratta"?
Non posso parlare del commercio che è un’altra categoria, per i metalmeccanici il tema del lavoro festivo è stato affrontato sempre cercando compensazioni e al tempo stesso valorizzando le opportunità occupazionali. In questo senso, non mi bastano le prese di posizione di Di Maio sul lavoro domenicale, come cattolico democratico vorrei avvertire consonanze valoriali ben più profonde.

M5S discute anche di riduzione di orario, altro cavallo di battaglia storico della Fim Cisl, di cui però ultimamente parlate assai poco...
C’è un approccio diverso tra noi e M5S. La Fim pensa che le nuove tecnologie rappresentino l’occasione per ripensare completamente il lavoro, rimodulando organizzazione e orari, aumentando l’occupazione grazie alla formazione e migliorando la conciliazione tra vita e professione. Loro sembrano orientati invece a imporre la riduzione d’orario e contemporaneamente arrendersi all’ipotesi di una divisione netta tra chi lavorerà con le nuove tecnologie e chi resterà a casa con un sussidio. Per noi sarebbe inaccettabile.

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