sabato 19 gennaio 2013
Secondo via Nazionale il Pil scenderà dell'1% rispetto al -0.2% attesto. «La recessione finirà nella seconda parte dell'anno». Visco: il recupero sarà lento, occorre intensificare gli sforzi di riforma».
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La previsione in fondo è la stessa: la recessione in Italia potrebbe finire «nella seconda parte del 2013». Eppure, rispetto ai toni soft usati sul versante europeo dal suo predecessore Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, lascia trasparire un certo pessimismo. Il 2013 sarà un «anno difficile, stimiamo che il Pil possa ridursi in media dell’1%». Un peggioramento netto rispetto al -0,2% stimato in passato, a conferma del fatto che i frutti avvelenati della recessione sono destinati a maturare ancora a lungo.Secondo Via Nazionale, la riduzione del Prodotto interno lordo si spiega sia con il deterioramento dell’economia globale che con le misure di bilancio prese nell’ultimo anno. Ma l’altra faccia dell’austerity all’italiana nei prossimi mesi dovrebbe portare con sé meno difficoltà di accesso al credito per le imprese, insieme a una progressiva diminuzione degli spread, con relativo abbassamento dei tassi di interesse.Alla minore incertezza infine contribuisce la stabilizzazione, sia pur su bassi livelli, degli indici di fiducia delle imprese osservata nei mesi recenti. Ulteriori riduzioni del differenziale «potranno derivare dal pieno dispiegarsi delle riforme nazionali» ha detto Visco, intervenendo ieri all’Università di Firenze.
Cinque ragioni per spiegare il caloIn mattinata, Via Nazionale aveva spiegato quali fossero i parametri-chiave alla base del peggioramento della situazione economica: Si tratta di cinque elementi: i più elevati costi di finanziamento per il settore privato a seguito dell’aumento degli spread sui titoli di Stato, la maggiore difficoltà di accesso al credito per le imprese, gli effetti diretti delle manovre di risanamento dei conti pubblici, il rallentamento del commercio internazionale e infine i riflessi dell’aumento dell’incertezza e del connesso calo della fiducia sulla domanda interna. Ecco perché la congiuntura economica negativa ha pesato e continua a pesare sulle finanze e sui consumi di imprese e famiglie.L’altro grande fattore di preoccupazione riguarda l’occupazione. Troppo a lungo e in modo troppo pesante, la mancanza di opportunità di lavoro sta penalizzando in Italia chi cerca un posto, soprattutto tra i giovani. Via Nazionale lo sa e nelle sue previsioni stima che l’occupazione si ridurrà quest’anno di circa l’1% e non darà cenni di recupero neppure nei successivi dodici mesi. Il tasso di disoccupazione aumenterà fino a toccare il 12% nel 2014.La ripresa, quando arriverà, per Visco «sarà comunque lenta e difficile» e, in ogni caso, «bisognerà procedere e affrontare il problema della crescita strutturale». I nodi da sciogliere sono quelli noti: tutto sarà legato al rilancio del mercato dei capitali, alle infrastrutture, ma «è importante anche il capitale umano. Dobbiamo formare persone diverse – ha spiegato il governatore – creare lavori diversi, bisogna formare in modo diverso».
Il rapporto con FrancoforteLa sintonia con la Bce resta peraltro totale quando si tratta di indicare il percorso da compiere dopo il voto. «In Italia è indispensabile consolidare il riequilibrio dei conti pubblici e intensificare lo sforzo di riforma volto a rilanciare la competitività e a innalzare il potenziale di crescita», osserva Bankitalia, secondo cui le manovre di fine 2011 consentiranno di migliorare i saldi di finanza pubblica nel biennio 2013-14. Per quanto riguarda il quadro regolatorio, Visco si spinge poi a chiedere che «pur prevedendo adeguati presidi a garanzia della correttezza del loro operato, alle banche centrali non vengano legate le mani». D’altra parte, l’assenza di regole troppo stringenti ha consentito di adottare le misure necessarie per contrastare la crisi, «evitare conseguenze più gravi sull’attività economica e garantire la stabilità dei prezzi». La flessibilità «sarà essenziale anche in futuro».
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