mercoledì 26 ottobre 2016
Per l'economista francese la cooperazione sociale che si basa sulla fiducia è la chiave del successo umano nel mondo. Ma le istituzioni non devono abusarne.
«Attenti a giocare con la fiducia»
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«In Europa, dopo otto anni di politiche economiche disastrose, ci viene spiegato di continuo che l'economia europea sarà salvata e s'incamminerà verso la crescita quando i cittadini europei ritroveranno la fiducia. Ma come ritrovare la fiducia di fronte a politiche che non sono giudiziose? Attenzione, dunque, a quest'uso diffuso della fiducia come argomento delle istituzioni per stornare i sensi di colpa. La fiducia è un bene in sé e non dovrebbe mai essere asservita a modelli economici superati». È l'avvertimento del noto economista francese Eloi Laurent, ricercatore a Parigi presso l'Ofce, docente a Sciences Po e a Stanford, autore di numerosi saggi, proprio come "L'economia della fiducia" (Castelvecchi). Per lui, «la cooperazione sociale dovrebbe ridiventare lo scopo dell'attività economica, traendo pure ispirazione dalle idee della corrente di pensiero dell'economia civile, storicamente fertile innanzitutto in Italia».

Per lei, la questione della fiducia riconduce antropologicamente a un "mistero fondatore". Quale?

Fra le chiavi del successo degli umani sulla Terra, c'è la cooperazione sociale. Questa cooperazione è più estesa rispetto a quella diffusa nel mondo animale, poiché siamo capaci di cooperare con quelli che non ci conoscono. Ciò è reso possibile dal meccanismo della fiducia. La prosperità umana potrebbe essere riassunta come la costruzione d'istituzioni che permettono di mantenere nel tempo la cooperazione sociale. In queste istituzioni, la fiducia gioca un ruolo determinante.

La fiducia deve ovviare ai limiti d'informazione insiti nelle attività umane?

Sì, innanzitutto riduce l'incertezza nelle nostre società estremamente complicate. Più esattamente, trasforma l'incertezza in rischio, secondo la distinzione che venne teorizzata dall'economista Franck Knight. L'incertezza è una situazione nella quale non sappiamo nulla e in cui siamo incapaci d'attribuire probabilità agli eventi che ci sono sconosciuti. Il rischio è una situazione in cui siamo almeno capaci di stimare la probabilità che certi eventi si producano. In secondo luogo, la fiducia accelera la reciprocità, funzionando come un lubrificante delle relazioni sociali.

Si può comprare la fiducia?

In modo molto temporaneo, possiamo pensare di poterla comprare, ad esempio quando ci costruiamo una reputazione su un sito Internet di vendita in linea. Ma la vera fiducia poggia sul dono e non su un acquisto monetario. Le vere relazioni di fiducia sono costruite su dei regali. Riusciamo a fidarci quando percepiamo nell'altro un fondo disinteressato. La fiducia è gratuita, pur avendo conseguenze economiche

Conseguenze sempre virtuose?

No. Per rendersene conto, si può prendere l'esempio delle associazioni criminali, i cui meccanismi interni si fondano su relazioni di fiducia. Per altri versi, un eccesso di fiducia diventa credulità, come ha mostrato il caso Madoff.

La fiducia è un pilastro dell'economia sostenibile?

Questo legame è stato spiegato da Elinor Ostrom, unica economista donna ad aver ottenuto il Nobel, attraverso l'analisi delle società capaci di sfruttare in modo sostenibile delle risorse naturali a lungo o a lunghissimo termine, basandosi su relazioni di fiducia. Più precisamente, la fiducia gioca un ruolo fondamentale nella capacità di mantenere delle istituzioni sociali di buona qualità che possano essere messe al servizio dello sfruttamento sostenibile delle risorse naturali. Ciò ha un legame diretto con il benessere, poiché la sostenibilità è in fondo la questione del benessere nel tempo, il benessere dinamico.

L'economia della fiducia dovrebbe avere un fondo etico, anzi morale?

Si tratta di una questione interessante nella storia del pensiero economico. Si fa generalmente risalire ad Adam Smith, nel XVIII secolo, l'idea che l'economia è distinta dalla morale. Ma per lo stesso Smith, se l'economia di mercato si basa sull'interesse individuale, quest'ultimo conserva un legame con ciò che egli chiama la "simpatia", secondo quanto ha scritto nell'opera Teoria dei sentimenti morali, anteriore alla Ricchezza delle nazioni. Da parte sua, l'Italia ha visto fiorire la tradizione dell'economia civile, corrente di pensiero umanistica nata nel Quattrocento e che si svilupperà fino all'Ottocento. Questa corrente pone al centro della vita economica la questione della fiducia e del rapporto disinteressato di fronte a una ricchezza che è innanzitutto sociale. La
questione della fiducia ha dunque fondamenti etici. Secondo questa tradizione, fra la vita economica e la vita morale, non c'è dissociazione. La vita economica deve essere conforme a una certa forma di vita morale, se non spirituale. È pure ciò che dice papa Francesco nella sua enciclica Laudato si'.

Poiché occorre diffidare degli eccessi di fiducia, si può immaginare la fiducia come una questione d'equilibrio, in una società dalle istituzioni molto complesse?

Sì. Prendiamo l'esempio delle banche. Cercano di massimizzare i loro profitti facendo credere che sono utilissime al mondo sociale, anche se la finanza è oggi maggioritariamente un'attività speculativa e nociva al resto della società. L'argomento delle banche è che servono a stabilizzare la società. Ma occorre in effetti imparare pure a diffidare della fiducia, poiché essa può trasformarsi molto presto in una sorta di pensiero magico: per così dire, tutti i problemi sarebbero una questione di fiducia e dunque la priorità sarebbe sempre quella di ristabilire la fiducia.

Su quali istituzioni può contare oggi l'economia della fiducia in una prospettiva d'economia sostenibile?

Su scala ridotta, esistono innanzitutto le organizzazioni per gestire beni comuni come l'acqua, un lago, delle foreste, l'alimentazione. A larghissima scala, si può citare l'esempio recente dell'accordo di Parigi sul clima, basato largamente sulla fiducia, poiché in realtà vi sono pochissimi meccanismi vincolanti che obbligheranno le nazioni a rispettare i loro impegni climatici.

In termini di fiducia e d'economia sostenibile, l'Europa si trova oggi a un bivio?

I cittadini europei hanno raggiunto un livello storicamente debole di adesione alle istituzioni dell'Unione europea e ciò è estremamente grave. Una fiducia costruita lungo mezzo secolo si è erosa in pochi anni, al punto che oggi l'Unione europea, devitalizzata, rischia di essere distrutta. La più grave crisi europea che viviamo da 8 anni è politica. Aumenta il culto della disciplina, mentre non vi è quasi più cultura della cooperazione in Europa, come mostra ad esempio la crisi dei migranti. Per ricominciare a parlare in un'ottica costruttiva, occorrerebbe che l'Europa si unisse attorno a un grande progetto consensuale capace di generare fiducia. Esiste già e si chiama transizione ecologica. Potrebbe ristabilire la fiducia fra gli Stati. Gli europei potrebbero credere di
nuovo all'utilità dell'Europa per loro e per il loro benessere. Ma finora, in Europa, manca una comune volontà di difendere questo progetto, anche se la storia ci ricorda ancora bene quanto quest'idea sia dal 1992 consustanziale con la costruzione europea.

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