mercoledì 28 febbraio 2018
Per la segretaria generale della Cisl il positivo accordo su relazioni industriali e contratti dimostra come sul lavoro bisogna cercare unità e coesione. Il salario minimo? Non sia politico
Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl

Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl

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«È stata una serata intensa ma importante. In un anno e mezzo di confronto serrato abbiamo trovato un buon accordo che segnerà i prossimi anni delle relazioni industriali». Annamaria Furlan è ovviamente soddisfatta dell’intesa siglata all’alba di mercoledì con Confindustria. «Ciò che è più importante – avverte la segretaria della Cisl – è che questo accordo mette al centro il valore della persona e del lavoro. Non c’è lavoro di qualità senza la dignità e la centralità delle lavoratrici e dei lavoratori».

L’intesa è arrivata a pochi giorni dal voto. Avete voluto mandare un messaggio ai partiti?

Questo accordo arriva a pochi giorni dalle elezioni e nel momento in cui l’economia italiana ha ripreso a crescere. Noi mettiamo a disposizione della ripresa un sistema di sane e robuste relazioni industriali, indispensabile alla crescita economica. Ed è evidente che questa intesa ha un significato importante per tutto il Paese: come parti sociali diamo un contributo alla crescita e allo sviluppo. Rimettiamo il lavoro tra le priorità che il Paese deve affrontare. Lo facciamo con un accordo che indica le competenze del lavoratore come risorsa importantissima per l’impresa, con un modello contrattuale che riconosce questo ruolo e rafforza le buste paga e che individua nella contrattazione di secondo livello il luogo della produttività e della partecipazione. È c’è spazio per temi chiave come la formazione, la partecipazione, il welfare.

Come vi sembrano le proposte sul lavoro dei programmi dei partiti?

C’è molta propaganda elettorale e si dedica troppo poco tempo al tema del lavoro. A me sembra che i partiti usino il lavoro come elemento di scontro e questo è proprio il contrario dell’approccio giusto. Il lavoro unisce, crea coesione sociale. L’intesa che abbiamo trovato manda anche questo messaggio chiaro: il lavoro non può essere un argomento di scontro continuo nell’arena politica, ma piuttosto un elemento di priorità su cui davvero tutte le forze politiche devono ragionare seriamente.

Tra le novità c’è il "trattamento economico minimo". È un modo per anticipare eventuali leggi sul salario minimo?

L’autonomia delle parti sociali deve essere rispettata. È la contrattazione che fissa i salari, non le leggi. Oltre l’85% dei lavoratori e delle lavoratrici oggi sono tutelati dai nostri contratti. Il problema è come estendere la contrattazione anche a chi oggi è fuori. La politica dovrebbe piuttosto pensare a come rendere più pesanti le buste paga, con una riduzione dell’Irpef e una rimodulazione del cuneo fiscale, dato che oggi le tasse pagate da lavoratori e pensionati coprono l’80% delle entrate dell’Erario.

Che cosa cambia con il criterio della rappresentanza esteso alle associazioni delle imprese?

Avevamo già avuto un’intesa rispetto alla rappresentanza dei sindacati, estendere questo principio alle imprese è importantissimo. In questi anni abbiamo visto crescere in modo esponenziale il numero dei contratti firmati da sigle sindacali e datoriali che hanno una rappresentanza quanto meno incerta. In alcuni casi cambiano le giacchette gli stessi soggetti, che prima fanno i rappresentanti dei lavoratori e poi quelli delle imprese. Questo crea un grave dumping contrattuale che fa male al lavoro e alla qualità di ciò che si prodcue. non fa bene al lavoro e alla qualità di ciò che si produce.

È l’accordo giusto per affrontare i cambiamenti di fabbriche sempre più digitali e automatizzate?

La risposta chiave in questo senso è la formazione. Che inizia dalle scuole, che devono avvicinarsi al mondo delle imprese, ma prosegue durante tutta la carriera del lavoratore. Il nuovo modello contrattuale si fa carico anche di questo aspetto, rendendo le parti sociali soggetti attivi di un modello del lavoro dove la formazione ha un ruolo centrale.

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