giovedì 14 aprile 2016
L’8% dell’elettricità usata in Italia viene dai pannelli. Un primato che ha un prezzo caro e un grosso limite.
LA RICERCA Fotovoltaico: un boom che l’Italia non sa usare
Fotovoltaico: un boom che l’Italia non sa usare
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Igenerosi incentivi concessi negli anni passati hanno fatto dell’Italia una potenza globale dell’energia solare. Secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità internazionale dell’energia, l’ente che si occupa dei temi energetici per conto dell’Ocse, nel 2015 con 18,9 gigawatt di potenza fotovoltaica installata eravamo il quinto paese al mondo per capacità di produrre elettricità dai pannelli solari, dietro solo a Cina, Germania, Giappone e Stati Uniti, e il primo per capacità di coprire il fabbisogno energetico nazionale con il solare. Gli oltre 650mila pannelli sparsi per il nostro paese hanno il potenziale di coprire l’8% dell’elettricità che consumiamo.  Un dato che ci mette davanti a Grecia (7,4%), Germania (7,1%) e tutto il resto del mondo, dove i 227 gigawatt di potenza fotovoltaica esistente bastano a coprire solo un 1,3% dell’energia consumata. È da almeno cinque anni che abbiamo conquistato questo record, ma probabilmente lo perderemo presto. Il grande entusiasmo italiano per il fotovoltaico si è infatti spento con la fine degli incentivi. L’era gloriosa del solare tricolore è stato il triennio 20112013, quello in cui il Conto Energia è stato più generoso con chi montava i pannelli sul tetto: la potenza fotovoltaica installata in Italia è passata dagli 1,1 Gw del 2009 ai 3,5 del 2010 per poi schizzare ai 12,7 Gw del 2011 e fare un altro balzo, a 16,6 Gw, nel 2012. Una progressione impressionate pagata a caro prezzo. Il costo degli incentivi al fotovoltaico, finanziati con le bollette, si è impennato passando dai 110 milioni di euro del 2009 ai 3,8 miliardi del 2011 per poi superare i 6 miliardi l’anno successivo. Fino a costringere il governo Monti, nel 2012, a mettere un limite, fissando 6,7 miliardi di euro all’anno il massimo di incentivi che l’Italia può sostenere. Nell’estate del 2013, quando quella soglia sembrava a un passo dall’essere raggiunta, l’Autorità per l’energia ha chiuso il quinto e ultimo Conto energia eliminando, di fatto, gli incentivi per i nuovi impianti. Da allora chi investe sul fotovoltaico italiano non può contare sull’aiuto pubblico. Inevitabilmente la corsa ai pannelli si è fermata: solo 1,5 gigawatt di nuova potenza installata nel 2013, 434 megawatt (cioè 0,434 gigawatt) l’anno successivo e 300 megawatt nel 2015, un anno in cui la Cina installava nuovi pannelli fino a fare salire di 15,2 Gw la sua potenza fotovoltaica.  Gli incentivi hanno comunque portato i risultati sperati. L’8% di contributo 'potenziale' da parte del fotovoltaico indicato dall’Autorità per l’energia è in realtà meno di quanto il solare stia già effettivamente portando nel sistema: nel 2014, per esempio, l’energia dei pannelli solari ha generato l’8,5% dell’elettricità consumata in Italia (23,7 Gw su 277mila) e il fotovoltaico è la seconda fonte rinnovabile dopo l’idroelettrico (che produce un quinto dell’energia che consumiamo). Le fonti 'tradizionali' continuano a comunque a produrre ben più della metà dell’elettricità che consumiamo (il 56,4%), soprattutto grazie al gas (33,9%) e al carbone (15,7%), mentre il petrolio ha un ruolo secondario (5%). Lo sviluppo delle nuove rinnovabili, il fotovoltaico e l’eolico (che genera il 5,4% dell’energia italiana), rappresenta però un problema per la rete nazionale dell’elettricità. Sono fonti per loro natura instabili (ad esempio il fotovoltaico, ovviamente, di notte non funziona) mentre la rete è stata costruita in anni in cui l’elettricità veniva generata tramite sistemi stabili e programmabili.  Come nota il Gestore dei servizi energetici «in pochi anni si è passati da un sistema basato su un numero limitato di grandi impianti di produzione centralizzata ad un sistema di generazione misto, costituito da grandi impianti integrati con numerosissimi piccoli e medi impianti a fonti rinnovabili con generazione distribuita». Un passaggio al quale la rete non era preparata: fare in modo che lungo i cavi che attraversano l’Italia ci sia sempre la giusta quantità di energia, bilanciandola tra le fonti e considerando che, per le direttive europee, quelle rinnovabili hanno la priorità, è diventato sempre più complesso. Serviranno nuovi sistemi di accumulo e di controllo dell’energia e occorrerà rendere la rete 'intelligente' attraverso sensori e sistemi di trasmissione dell’informazione che aiutino l’infrastruttura a regolarsi da sola. Senza quella che tecnicamente chiamiamo 'smart grid' il fotovoltaico italiano non ha grandi prospettive per un ulteriore sviluppo.
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