giovedì 21 aprile 2016
Flessibilità pensioni, sindacati in pressing
COMMENTA E CONDIVIDI
Tutti d’accordo nel superare la legge Fornero. Anche se continua il braccio di ferro tra governo e i sindacati sulla flessibilità in uscita. Il difficile, infatti, è trovare una soluzione che non gravi sui conti. Le soluzioni restano quelle del prestito pensionistico, dell’anticipo con penalizzazioni, della staffetta generazionale e del maggiore uso del Tfr nei fondi integrativi, riducendo le tasse sui rendimenti. Cgil, Cisl e Uil chiedono di intervenire al più presto per evitare che il peso ricada soprattutto sui lavoratori. Intanto il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ipotizza soluzioni differenti a seconda della situazione del lavoratore, mentre il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, sottolinea la necessità di un pacchetto di possibilità di uscita che garantisca la sostenibilità dei conti nel lungo periodo. Mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini riceve il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che nei mesi scorsi ha presentato una proposta per una penalizzazione del 3% l’anno per chi con il calcolo retributivo decide di lasciare il lavoro in anticipo (fino a tre anni) e ha maturato un assegno di almeno tre volte il minimo (1.500 euro circa al mese). Proposta che, pur avendo un costo da coprire almeno in parte con decurtazioni sulle pensioni più alte, è già stata bocciata dai sindacati. L’ipotesi avanzata da Boeri sulla flessibilità, tagli esclusi, costerebbe dai tre miliardi nel 2017 a 4,9 nel 2019 (gli anni seguenti le cifre da stanziare sarebbero in calo). «Facciamo le nozze con i fichi secchi? – si domanda il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo –. Se non si mettono i soldi, di quale apertura di Padoan parliamo? Non mi sembra neppure un oblò». «Proporre la previsione di pensione a 75 anni – sottolinea il numero uno della Cgil, Susanna Camusso – è irragionevole. Rischia di passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani con molti che reagiscono dicendo allora non pago più i contributi». «È un anno – conclude la leader della Cisl, Annamaria Furlan – che sentiamo annunci, anche contraddittori». Secondo Furlan si dovrebbe garantire a chi ha 62 anni di età e 41-42 anni di contributi di scegliere di andare in pensione qualche anno prima.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: