domenica 17 aprile 2016
È uno degli ambiti sui quali chiede un’opinione ai cittadini il progetto «Responsabilità d’impresa per il bene comune» lanciato da Retinopera.
Imprese nella «sfida» dei diritti umani
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Quanto conta il rispetto dei diritti umani in un’attività d’impresa che voglia dirsi socialmente responsabile: è uno degli ambiti sui quali chiede un’opinione ai cittadini il progetto 'Responsabilità d’impresa per il bene comune' lanciato da Retinopera, la rete delle principali associazioni laiche cattoliche italiane. Che ha l’obiettivo di rendere più popolari fra il largo pubblico i temi della csr (corporate social responsibility). Anche per comprendere quali sono gli elementi ai quali i cittadini sono più sensibili quando valutano il grado di responsabilità di un’azienda.  Quello del rispetto dei diritti umani è con tutta evidenza un tema gigantesco. Le prime a rendersene conto sono proprio le aziende, quando devono trasferirlo nell’attività quotidiana. Il che significa in un certo senso renderlo, di nuovo, popolare fra clienti, fornitori e soprattutto fra i dipendenti, che alla fine sono i primi interpreti di politiche e programmi aziendali. Ma il coinvolgimento delle imprese è ormai essenziale per far sì che sia sempre più diffusa tutta una serie di diritti umani, agendo ad esempio sul contrasto al lavoro forzato o sulla lotta alle discriminazioni (di razza, religione, condizione sociale), tutelando il diritto a una retribuzione dignitosa o l’esercizio delle libertà sindacali.  Lo hanno detto le Nazioni Unite, definendo nel 2011 i Principi guida su Imprese e Diritti umani, con cui si è assegnata anche alle imprese, e non solo agli Stati (cui compete ad esempio la ratifica delle 189 convenzioni dell’Organizzazione internazionale del Lavoro), la responsabilità nel presidio del rispetto dei diritti umani. E presentando nel 2015 la guida per la rendicontazione aziendale sui diritti umani (Un Guiding principles Reporting framework), che è stata per prima Unilever a utilizzare nel suo Human rights Report dello scorso anno. In supporto alle imprese impegnate sul fronte dei diritti umani in azienda è arrivato anche un importante documento elaborato da Csr Europe, la principale organizzazione continentale per la promozione della csr, presentato in questi giorni in un incontro organizzato a Milano da Sodalitas (la fondazione per il sociale di Assolombarda). Si tratta del Blueprint on Business and Human rights, un set di linee guida per l’integrazione del rispetto dei diritti umani in azienda, che si riferisce in special modo a tre funzioni aziendali considerate decisive in tale prospettiva: risorse umane, acquisti, risk management.  Il Blueprint, che ha richiesto due anni di lavoro, illustra decine di buone pratiche d’impresa in materia di diritti umani, fra cui quelle delle italiane Enel e Telecom Italia. Soprattutto, individua sei principi su cui fondare il rispetto dei diritti umani in azienda: leadership interfunzionale, responsabilità condivisa, incentivazione, formazione continua, comunicazione bidirezionale, individuazione di indicatori specifici per monitorare e valutare i risultati. Fra le aziende europee non c’è ancora diffusa sensibilità dell’importanza dei diritti umani come tema di business: solo l’8% lo affronta adottando processi trasversali alle funzioni. Un salto di qualità è atteso con l’entrata in vigore, dal 2017, della Direttiva Ue sulla rendicontazione non-finanziaria, che obbligherà le grandi imprese a produrre una rendicontazione in vari ambiti, fra cui i diritti umani. In Italia dovrebbe riguardare 250-300 imprese e in prospettiva del recepimento della Direttiva, che dovrà avvenire entro fine anno, partirà a breve una consultazione pubblica nazionale.   Un altro potente stimolo per le imprese ad agire sui diritti umani saranno sempre più gli investitori responsabili. Lo dimostra il fatto che è appena partito il programma pilota del Corporate human rights benchmark, prima classifica al mondo basata sulle performance aziendali sui diritti umani: interessa 100 grandi imprese quotate, dei settori abbigliamento, prodotti agricoli e industrie estrattive. I 'verdetti' sono attesi per novembre e probabilmente a renderli 'popolari' saranno proprio gli operatori della finanza sostenibile.
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