mercoledì 27 aprile 2016
Bazoli: così un «non banchiere» ha segnato la rivoluzione dell'intero sistema italiano
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Il capolavoro bancario del 'non banchiere' per nascita o vocazione Giovanni Bazoli, il professore bresciano che dalle ceneri del Banco Ambrosiano ha saputo costruire il primo Gruppo del Paese, s’intreccia indissolubilmente con la trasformazione della 'foresta pietrificata' del credito italiano. Nella trama bazoliana, infatti, l’ordito è rappresentato dell’evoluzione legislativa che ha ridisegnato l’industria bancaria (ma i due fili potrebbero anche essere scambiati fra loro), partendo dalla liberalizzazione degli sportelli e da quella valutaria, entrambe datate 1990, l’anno successivo a quello in cui nacque di fatto il Banco Ambrosiano Veneto, prova generale della futura Intesa. Fino ad allora, infatti, il settore aveva un impianto marcatamente pubblicistico, con la caratteristica della specializzazione operativa. Non esisteva, cioè, la banca universale privata di cui oggi Intesa SP è la massima espressione domestica. Basti pensare che la quota di impieghi delle aziende di credito appartenenti al settore pubblico era pari, nei primi anni Ottanta, al 54%, mentre la raccolta sfiorava il 60%. La caratteristica operativa era invece la segmentazione tra credito ordinario e speciale, nonché tra intermediazione a breve e a lungo termine con l’egemonia di Mediobanca. La grande stagione delle privatizzazioni degli anni Novanta – preparata con la doppia Legge sulle fondazioni bancarie (Amato 1990 e Ciampi 1998) e innescata dal Testo unico del 1994 – stravolgerà il panorama. L’abolizione della segmentazione per categorie giuridiche e operative favorì la nascita di un sistema fondato sulle banche private in forma di società per azioni, l’80% circa del mercato, con le Popolari e il Credito cooperativo, legati al territorio da un patto di mutualità, a presidiare l’altro 20%. È alla fine di questo decennio che Bazoli disegna la nuova Intesa grazie all’integrazione con Cariplo prima, nel 1998, e allo scambio con la Comit l’anno dopo.  Il settore bancario è oggi completamente privatizzato, con una quota di controllo pubblico irrisoria rispetto al 68% del 1992. Sono state le Fondazioni di origine bancaria, grazie a nuovi ritocchi legislativi, a svolgere in qualità di soggetti privati la funzione di 'ponte' nella grande trasformazione realizzata attraverso un’intensa attività di fusioni e acquisizioni (se ne conteranno alla fine 350 in dieci anni, compresa quella di Intesa con il Sanpaolo Imi). Capitali pazienti che, tranne alcune anomalie, si sono progressivamente ritirati – ad inizio 2007 gli Enti detenevano quote superiori al 50% in 17 banche – nell’ottica della diversificazione. Dal 1982 al 2007, quando nacque Intesa SanPaolo, il numero delle banche si è ridotto di quasi 300, mentre la costante espansione della rete distributiva ha portato la diffusione degli sportelli a livelli europei: dai 23 per 100mila abitanti del 1982 ai 55 del 2007. È dunque attraversando e in qualche modo cavalcando questa fase che Bazoli ha vinto la sfida di costruire la terza banca più grande d’Europa e la prima in Italia per capitalizzazione (41 miliardi) ed erogazione del credito. Un gigante al centro dell’economia del Paese.
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