Il Papa: odio, guerre, inutili stragi. Niente è meglio della pace
di Giacomo Gambassi, Roma
Nell’udienza generale Leone XIV ricorda la fine della Grande Guerra e invita a custodire la pace. La fraternità «non è un sogno impossibile» ed è dono di Cristo contro «egoismi e prepotenze». L’altro? «Sempre un fratello: è un tratto essenziale del cristianesimo»

Cita Benedetto XV per ricordare che nei giorni scorsi è stata ricordata «la fine della “inutile strage” della prima Guerra mondiale», dice Leone XIV. E subito aggiunge: «Siamo grati a Dio per il dono della pace, della quale – come affermava sant’Agostino – “nessuna cosa è assolutamente migliore”. Custodiamola con il cuore radicato nel Vangelo, nello spirito di fraternità e di amore per la patria». Il Papa parla della Grande Guerra nei saluti ai pellegrini polacchi a conclusione dell’udienza generale di questa mattina in piazza San Pietro. Udienza che dedica alla fraternità, «una delle grandi sfide per l’umanità contemporanea, come ha visto chiaramente papa Francesco», spiega richiamando il suo predecessore e l’enciclica “Fratelli tutti”. Perché, sottolinea Leone XIV, anche oggi la fraternità «non appare scontata, non è immediata. Molti conflitti, tante guerre sparse nel mondo, tensioni sociali e sentimenti di odio sembrerebbero anzi dimostrare il contrario. Tuttavia, la fraternità non è un bel sogno impossibile, non è un desiderio di pochi illusi. Ma per superare le ombre che la minacciano, bisogna andare alle fonti, e soprattutto attingere luce e forza dal Colui che solo ci libera dal veleno dell’inimicizia». Il Pontefice la chiama «fraternità donata da Cristo morto e risorto» per dire che vince le «logiche negative degli egoismi, delle divisioni, delle prepotenze, e ci restituisce alla nostra vocazione originaria, in nome di un amore e di una speranza che si rinnovano ogni giorno».

Leone XIV ricorda che essa «nasce da un dato profondamente umano», ossia dal fatto che «siamo capaci di relazione e, se lo vogliamo, sappiamo costruire legami autentici tra di noi». E osserva che «la nostra umanità si compie al meglio quando siamo e viviamo insieme, quando riusciamo a sperimentare legami autentici, non formali, con le persone che abbiamo accanto. Se siamo ripiegati su noi stessi, rischiamo di ammalarci di solitudine, e anche di un narcisismo che si preoccupa degli altri solo per interesse. L’altro si riduce allora a qualcuno da cui prendere, senza che siamo mai disposti davvero a dare, a donarci». Poi pone l’accento sull’origine del vocabolo. «La parola “fratello” deriva da una radice molto antica, che significa prendersi cura, avere a cuore, sostenere e sostentare. Applicata a ogni persona umana diventa un appello, un invito». Ma, prosegue il Papa, non si riduce alla parentela. «In verità, sappiamo bene quanto il disaccordo, la frattura, talvolta l’odio possano devastare anche le relazioni tra parenti, non soltanto tra estranei».

Da qui, dice il Pontefice, «la necessità, oggi più che mai urgente, di rimeditare il saluto con cui san Francesco d’Assisi si rivolgeva a tutte e a tutti, indipendentemente da provenienze geografiche e culturali, religiose e dottrinali: “omnes fratres” era il modo inclusivo con cui il santo poneva sullo stesso piano tutti gli esseri umani, proprio perché li riconosceva nel comune destino di dignità, di dialogo, di accoglienza e di salvezza». Leone XIV sottolinea che «quel “tutti”, che significava per san Francesco il segno accogliente di una fraternità universale, esprime un tratto essenziale del cristianesimo, che sin dall’inizio è stato l’annuncio della Buona Notizia destinata alla salvezza di tutti, mai in forma esclusiva o privata». Una fraternità che «si basa sul comandamento di Gesù, che è nuovo in quanto realizzato da Lui stesso, compimento sovrabbondante della volontà del Padre: grazie a Lui, che ci ha amato e ha dato sé stesso per noi, noi possiamo a nostra volta amarci e dare la vita per gli altri, come figli dell’unico Padre e veri fratelli in Gesù Cristo». E cita appunto il comandamento dell'amore: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». Del resto, fa sapere, la «Risurrezione, al terzo giorno, è l’inizio di una storia nuova. E i discepoli diventano pienamente fratelli, dopo tanto tempo di vita insieme, non solo quando vivono il dolore della morte di Gesù, ma, soprattutto, quando lo riconoscono come il Risorto, ricevono il dono dello Spirito e ne diventano testimoni». Fratelli e sorelle che «si sostengono a vicenda nelle prove, non voltano le spalle a chi è nel bisogno: piangono e gioiscono insieme nella prospettiva operosa dell’unità, della fiducia, dell’affidamento reciproco».

Nell’udienza il Papa fa riferimento anche alla donna. Lo ha fatto riferendo che sabato scorso a Kochi, nello Stato del Kerala in India, è stata beatificata madre Eliswa Vakayil, vissuta nel XIX secolo, fondatrice del Terz'Ordine delle Carmelitane Scalze Teresiane. «Il suo coraggioso impegno in favore dell'emancipazione delle ragazze più povere è fonte di ispirazione per quanti operano, nella Chiesa e nella società, per la dignità della donna», afferma il Pontefice. Prima dell'udienza generale, Leone XIV ha anche un breve incontro privato con la cantante Laura Pausini. E al termine viene salutato anche dalla top model britannica Naomi Campbell.

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