giovedì 5 gennaio 2017
I vescovi delle diocesi colpite dai terremoti di agosto e ottobre parlano dell'incontro della loro gente con il Papa
Papa Francesco parla con alcuni terremotati durante l'udienza a Roma (Badaracchi)

Papa Francesco parla con alcuni terremotati durante l'udienza a Roma (Badaracchi)

COMMENTA E CONDIVIDI

Quella che nel viaggio verso Roma, per incontrare Papa Francesco, era una speranza si è trasformata al ritorno in una certezza: non siamo soli. I vescovi presenti amplificano i sentimenti della loro gente: «Con il suo tono diretto il Santo Padre ha interpretato il desiderio di rinascere – commenta Francesco Giovanni Brugnaro, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche –. Il fatto stesso che si sia trattenuto a lungo per salutare tutti quelli che ha potuto, dialogando con sindaci e parroci, gente semplice o il rettore dell’università Flavio Corradini, è il segno di una condivisione».

E quanto ce ne sia bisogno Brugnaro lo sa bene: «Abbiamo 12.350 sfollati, inclusi 45 sacerdoti con la canonica inagibile, e io stesso con loro. A ciascuno il Papa ha voluto inviare il segno della sua vicinanza», qui come altrove.

«Che umanità! – esclama il vescovo di Fabriano-Matelica, Stefano Russo –. È proprio vero che bisogna ripartire dalla ricostruzione dei cuori, delle nostre persone per poter poi passare alle case. I legami di solidarietà ora sono decisivi. Abbiamo bisogno di occasioni come questa per toccare con mano il senso della speranza». «La gente ha percepito la sofferenza e la vicinanza del Papa. Sono rimasto colpito ancora una volta dalla sua capacità di empatia».

Il vescovo di Rieti, Domenico Pompili, sottolinea parlando al Sir il «grande incoraggiamento» offerto stando «in mezzo alle persone, prestando attenzione a storie dolorose». Il sisma «capovolge le case ma anche la qualità dei rapporti. Oggi le relazioni sono molto vere, dirette. È la scoperta di essere non singoli individui ma membri di una famiglia allargata».

«Un grande abbraccio, ne avevamo bisogno – sospira Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia –. Il Papa ha conquistato tutti evitando un “sermone”, come ha detto, e incoraggiando a vincere lo scoraggiamento inevitabile quando vedi le certezze di una vita sbriciolarsi in pochi secondi». Nei saluti personali le parole che restano scolpite: «Ho parlato al Papa: Santità, è crollato tutto. E lui: ma voi dovete stare in piedi! Dobbiamo sognare, come ci ha raccomandato, non accontentarci. Riscopriamoci comunità, e saremo capaci di cose grandi».

«Siamo stati accolti come in famiglia – racconta il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Nazzareno Marconi –. La gente vuole essere rassicurata sul suo futuro, e il Papa ha saputo creare grande sintonia. Ora si tratta di rimettere in piedi tutto l’essenziale per ricominciare, anche le chiese, volano del turismo. Non rialzare basiliche e santuari molto frequentati è come non ricostruire le industrie. Per questo ci batteremo per rendere agibile entro l’estate almeno la Via Lauretana da Assisi a Loreto».

Prima di tornare a casa, il vescovo di Ascoli Piceno, Giovani d’Ercole, ha celebrato la Messa per 500 diocesani. «Si sono sentiti rassicurati e accompagnati nella prova – spiega –, li ha molto colpiti che Francesco non abbia speso parole sue ma usato le loro, facendo eco ai loro sentimenti, alle loro speranze e paure. C’è un desiderio fortissimo di sentirsi protagonisti della propria rinascita. E lui gli ha dato voce».

«Entusiasmo, ammirazione perla grande umanità del Papa, commozione di tanti, fino alle lacrime». Racconta così le reazioni dei suoi diocesani Carlo Bresciani, vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto. Francesco «ha mostrato di essere partecipe delle nostre ferite, e questo per chi sta soffrendo le conseguenze del sisma ha ungrande valore. Torniamo molto incoraggiati. Per ripartire davvero ci vuole speranza, e oggi il Papa ce l’ha donata».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: