sabato 6 aprile 2013
Alla vigilia della Messa di insediamento sulla cattedra del vescovo di Roma in San Giovanni in Laterano, il cardinale vicario riflette sul legame singolarissimo e forte che si è instaurato tra la diocesi e papa Bergoglio.
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Nel pomeriggio del 7 aprile, in quella che è la seconda domenica di Pasqua, dedicata alla Divina misericordia e detta anticamente in albis dal colore bianco della veste dei nuovi battezzati, il vescovo di Roma si insedia sulla sua cattedra in Laterano. E proprio il rapporto decisivo di Papa Francesco con la sua diocesi è stato al centro dell'intervista rilasciata quest'oggi all'Osservatore Romano dal cardinale vicario Agostino Vallini. Dalla maturazione della sensibilità diocesana soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, al significato della rinuncia al pontificato e all’eredità preziosa di Benedetto XVI, fino al «miracolo» del conclave, dall’attrazione immediatamente suscitata dal nuovo vescovo di Roma tra la gente, all’impegno del clero nelle 347 parrocchie della diocesi sono stati numerosi i temi toccati dal porporato romano. «Il conclave è opera di Dio ed è stato un miracolo - ha affermato il cardinale Vallini -. Ne sono ancor più convinto dopo aver vissuto per la prima volta questa esperienza di grazia. Si crea un’atmosfera che rende questo momento unico e diverso da ogni altra vicenda umana. Si entra in Conclave con la coscienza di una grande responsabilità, che è quella di contribuire a un’opera di discernimento, grande e complessa, per capire e chiedere al Signore l’ispirazione. E poi si prega, si prega tanto. Io per esempio, il giorno dell’elezione, tra una votazione e l’altra - ha raccontato il porporato - ho recitato tre volte il rosario. In Sistina non si parla né si tratta, si prega. Del resto a questo momento si arriva dopo giorni di riflessioni — otto questa volta — e il tema non è il Papa ma la Chiesa, con tutte le sue realtà, belle o meno belle che siano. E si tratta di una visione della Chiesa universale. In modo quasi speculare si cerca di capire chi potrebbe guidarla in quel preciso momento storico». Il clima spirituale nel quale si è svolto il Conclave è stato segnato, secondo il porporato, da momenti molto particolari, dopo la rinuncia di Benedetto XVI. «Dunque c’era bisogno dell’assistenza dello Spirito Santo. E a me pare che il Signore si sia manifestato. Anche attraverso l’entusiasmo dell’accoglienza popolare riservata al nuovo Pontefice: in questo senso, il sensus fidei che viene dal popolo è stata una conferma. Sul legame, invece, del nuovo Papa con la città di Roma, il cardinale Vallini ha spiegato che «l’emergere della coscienza diocesana del pontificato a Roma la si deve inizialmente a Giovanni XXIII, che trasferì a San Giovanni il Vicariato. Paolo VI accentuò questa coscienza non solo con la riforma del Vicariato stesso ma anche andando a celebrare nelle periferie, visitando parrocchie e comunità cittadine. E poi Giovanni Paolo II ha visitato quasi tutte le parrocchie. Ma non solo: ha avviato e portato a compimento la prima missione cittadina, in preparazione all’anno giubilare, e ha celebrato il Sinodo diocesano, del quale è rimasta come gemma sintetica una frase: “Chiesa di Roma, trova te stessa fuori di te stessa; parrocchia, trova te stessa fuori di te stessa”. E Benedetto XVI ha proseguito su questa linea». Sul legame tra il nuovo successore di Pietro e i romani si è spostata la riflessione del cardinale vicario che era stato chiamato a essere vicino a papa Francesco, già nel giorno dell'elezione, lo scorso 13 marzo, in occasione del primo saluto dalla Loggia della Benedizione. «Che il Pontefice si senta innanzitutto vescovo di Roma lo ha più volte detto e dimostrato - ha riflettuto il porporato -. Per quanto riguarda i romani voglio raccontare un episodio recente. Il 23 marzo ero nella parrocchia del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi, sulla via Prenestina. Alla fine della Messa tanta gente mi ha raggiunto in sacrestia. Sono rimasto sorpreso dalla forza della loro richiesta: “Ci porti il Papa!”. Ho cercato di far capire che era ancora presto. Di fronte alla loro insistenza ho chiesto perché e mi hanno risposto: “Non sappiamo, ma lo vogliamo tra noi. È un bisogno che sentiamo nel cuore”. Ecco questa è la dimensione del rapporto che si è creato con il Papa». Sull'invito ai sacerdoti a uscire da se stessi e andare nelle periferie rivolto da papa Francesco al clero, in occasione della Messa Crismale e già richiamato anche nell'udienza generale di mercoledì scorso, Vallini ha affermato sulle pagine del quotidiano della Santa Sede che «i preti romani già lo fanno perché vanno incontro ai poveri, agli emarginati. Almeno dai tempi di don Di Liegro a Roma questa coscienza è forte. Qui ho scoperto la grande forza della Caritas, non solo quella diocesana con i suoi grandi progetti, ma direi proprio la forza della carità. Ed è un’attività della quale si fidano sia le istituzioni pubbliche sia i cittadini privati. Un piccolo segno di questa fiducia è nella scelta di destinare proprio alla Caritas diocesana le monetine che vengono lanciate da chi viene a Roma nella Fontana di Trevi. Le parole d’incoraggiamento del nostro vescovo dunque trovano sostegno nella risposta dei sacerdoti della sua diocesi. Insomma, ci siamo. E nel prossimo settembre Papa Francesco incontrerà i suoi preti all’inizio del nuovo anno diocesano».
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