martedì 1 ottobre 2013
​Dall’Incontro internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nasce “un grande movimento di pace legato alle religioni”, che cessano di essere strumenti di divisione e si impegnano insieme al servizio dell’uomo nel dialogo e nella preghiera.
IL DOCUMENTO L'appello per la pace| IL VIDEO Il coraggio della speranza di Romano Siciliani
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Dall’Incontro internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nasce “un grande movimento di pace legato alle religioni”, che cessano di essere strumenti di divisione e si impegnano insieme al servizio dell’uomo nel dialogo e nella preghiera. A poche ore dalla conclusione di tre intense giornate di dibattiti, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi ha tracciato un primo bilancio della manifestazione, guardano anche all’esperienza passata: “Ventisette anni fa - ricorda - il nostro problema era di far sedere gli uni accanto agli altri ebrei e musulmani; oggi siamo uomini di religioni diverse che hanno trovato un alfabeto del dialogo”. Roma è la cornice di questo dialogo, e, anche grazie ad esso “torna ad essere protagonista nella storia”, la “patria comune” evocata da Paolo VI, che negli ultimi anni si era avvilita a realtà di periferia ed oggi torna “crocevia internazionale, per la politica ma anche per la Chiesa”. Le cifre dell’Incontro, fornite da Riccardi nella conferenza stampa conclusiva, parlano di un innegabile successo organizzativo: 33 tavole rotonde con 250 interventi di personalità provenienti da 60 paesi diversi; cinquemila presenze alla cerimonia inaugurale, domenica scorsa all’Auditorium Conciliazione; forse più di 15 mila in tre giorni, e fra questi moltissimi giovani (mille studenti solo all’incontro a San Giovanni in Laterano con il rabbino David Broadman, sopravvissuto alla Shoah). Ma le cifre non dicono tutto: il messaggio che parte dall’Appello di pace di Roma 2013 è che il “Coraggio della speranza” (tema del convegno) può farsi strada anche fra le crisi dell’umanità di questo inizio di millennio: “E’ un cammino che continua e nel suo grembo nascono iniziative e legami che possono portare frutti di pace”. E’ stato chiesto al fondatore di Sant’Egidio se le parole di per sé bastano a risolvere le crisi internazionali. “Ma le armi bastano?, ha risposto. Il vero limite è questo. Nella politica internazionale è avvenuto un dimezzamento. Per togliere armi al terrorismo occorre costruire una dimensione spirituale, e in questo l’educazione dei giovani è essenziale. Mai è stato posto con tanta chiarezza il tema del terrorismo di matrice religiosa, che non è un problema di polizia internazionale, ma di purificazione religiosa: il terrorismo divide le religioni da cui nasce: l’abbraccio di pace sulla piazza del Campidoglio propone l’immagine del dialogo delle religioni nel loro insieme”. L’incontro di pace di Sant’Egidio si è posto in sintonia con l’appello di papa Francesco per la pace in Siria, un banco di prova sul quale la comunità internazionale ha sperimentato “il limitato livello della propria coscienza di pace”, mentre “la preghiera per la Siria, una preghiera contro corrente, ha riaffermato i valori dello spirito, la rivolta dello spirito contro l’economicismo”. E’ “il coraggio della speranza che si impone contro ogni spirito di rassegnazione”. ​
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