sabato 26 novembre 2016
Il direttore della Caritas italiana: alimentare le paure fa chiudere in se stessi
Monsignor Francesco Soddu (Siciliani)

Monsignor Francesco Soddu (Siciliani)

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L’Italia fa fatica a declinare la misericordia nel vissuto e non tende la mano? «Direi che siamo un Paese attento che però deve modulare la solidarietà nel verso giusto. Ossia la solidarietà deve mirare alla giustizia, alla condivisione, alla corresponsabilità e all’apertura nei confronti dell’altro. Donarsi a chi è nel bisogno non è mai una perdita di qualcosa ma è assoluta certezza che ci guadagneremo in umanità». Il direttore di Caritas italiana, monsignor Francesco Soddu, non è stupito più di tanto dal “crollo” di propensione ad aiutare il prossimo che ha registrato il Censis. Ma va oltre il mero dato numerico.

Che cosa dice la difficoltà a rimboccarsi le maniche?

Ritengo che ciò sia dovuto anche a una percezione distorta della realtà che viene trasmessa all’opinione pubblica. Pensiamo all’ossessiva formula “invasione di immigrati”: in Italia non è così. Quando si alimentano le paure, è giocoforza che le persone si chiudano in se stesse. E anche la crisi economica contribuisce. Eppure saremo di fronte a uno sfascio dello Stato se non si avesse una compartecipazione ai bisogni degli altri, un’attenzione alla sussidiarietà, un continuo impegno alla costruzione di una società più inclusiva. È ciò a cui richiama con vigore papa Francesco.

Però non basta l’elemosina.

Serve essere soggetti attivi. Se la solidarietà non si fonda sulla giustizia, diventa fine a se stessa.

Il Censis sostiene che gli italiani sono ben disposti al perdono. Hanno recepito la “lezione” del Giubileo?

L’Anno Santo ci ha mostrato che il perdono non è facile. Lo dicono anche coloro che tutti i giorni – come i cappellani dei carceri – sono chiamati in prima persona a portare avanti una vera e propria catechesi della riconciliazione. Il perdono richiede un cammino. E il Giubileo ha rimarcato che è una dimensione essenziale nella vita cristiana.

Dalla ricerca emerge che i giovani sono meno inclini al perdono rispetto agli anziani. È attendibile?

Più che una questione di età, ritengo che dipenda dai percorsi di formazione, siano essi spirituali o anche soltanto umani, che una persona ha alle spalle. Il Vangelo – e anche il Papa lo ha evidenziato mentre firmava la Lettera apostolica a conclusione del Giubileo – mostra che Cristo ha fatto del perdono il metro della sua vita. E sulla Croce ha affermato: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

L’Anno Santo della misericordia comunque è stato celebrato in modo forte.

Sicuramente non dobbiamo limitarci a un conteggio con il pallottoliere che magari guarda soltanto a quanto accaduto a Roma. Perché il Giubileo appena terminato ha avuto una variante fondamentale: si è potuto celebrare con le medesime modalità in tutte le diocesi del mondo. E il pellegrinaggio – elemento saliente di ogni Anno Santo – è stato soprattutto un pellegrinaggio interiore che è stato vissuto anche senza raggiungere la Capitale.

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