sabato 8 giugno 2019
Settima edizione dell'iniziativa del Cortile dei Gentili che porta bimbi in situazioni di difficoltà e fragilità sociale a incontrare Francesco. Scolari da Genova, dalla Sardegna, da Napoli
Il cardinale Ravasi introduce l'incontro (foto Luca Liverani)

Il cardinale Ravasi introduce l'incontro (foto Luca Liverani)

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Il Frecciarossa 1000, partito da Genova, ha fatto tappa a Civitavecchia per raccogliere i bambini sardi arrivati in traghetto, poi a Termini per far salire altri ragazzini napoletani. Capolinea: la Stazione Vaticana, poche centinaia di metri dal cupolone di San Pietro. È il il “Treno dei bambini”, l’iniziativa promossa dal “Cortile dei Gentili” in collaborazione con Ferrovie dello Stato Italiane, che anche quest'anno ha portato da Papa Francesco bimbi costretti ad affrontare situazioni di difficoltà e fragilità sociale.

A questa settima edizione, dal titolo “Un ponte d’oro in un mare di luce” hanno partecipato studenti di Genova, della Sardegna e di Napoli. Dal capoluogo ligure arrivano tre scuole delle zone intorno al Ponte Morandi crollato il 14 agosto 2018. Sul treno, a Civitavecchia, sono saliti i ragazzi sbarcati dal traghetto Moby Tommy, provenienti da 5 degli oltre 80 comuni sardi colpiti dall’alluvione del 2013. C'è anche un piccolo gruppo da Napoli, della Scuola Vela "Mascalzone Latino", fondata dall’armatore Vincenzo Onorato per aiutare i quartieri più degradati della città, insegnando loro che il mare può anche dare lavoro.

Ad accogliere i 400 ragazzi c'è il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, fondatore del Cortile dei Gentili che promuove assieme alle Ferrovie dello Stato il "Treno dei bambini". L'incontro alle 11 è nello splendore del Cortile di san Damaso, dove si affacciano le Logge di Raffaello. «Il treno e la nave sono come ponti che uniscono sponde diverse», dice monsignor Ravasi introducendo l'udienza all'aria aperta. «Questi bambini hanno scavalcato il disastro del ponte Morandi, hanno attraversato quel mar Mediterraneo che a volte è un sepolcro per tanti migranti», ricorda il Cardinale.

Il microfono passa ai bambini. Tante le domande al Papa: «Da bambino com'eri a scuola? Ti piaceva studiare? Chi ti ha spinto a diventare sacerdote? Qual è stato il tuo viaggio più bello? Perché gli uomini non rispettano la natura?». E Bergoglio risponde volentieri a tutti. «No, non mi piaceva studiare, ma ho dovuto imparare a farlo, lo studio ti apre delle porte e ti aiuta ad andare avanti. Una maestra molto buona mi ha insegnato a non odiare mai, nemmeno qualcuno antipatico. A non sparlare, che è come togliere la pelle. Anche le grandi guerre cominciano così. Quando vi viene voglia, ho una ricetta infallibile: mordetevi la lingua».

La vocazione? «Nessuno mi ha spinto a fare il sacerdote, io studiavo chimica, lavoravo in un laboratorio. E il Signore mi ha parlato al cuore. Dovete imparare a distinguere le voci: quelle di Dio, dell'Angelo custode, da quella del diavolo». Il viaggio più bello? «A me non piace viaggiare. Ma mi è successo come ai bambini capricciosi: non ti piace la zuppa? Mangiane due piatti! Non ti piace viaggiare? Stai sempre in giro!». Poi racconta dell'ultima visita: «Il viaggio in Romania mi ha riempito il cuore, ma anche quelli a Genova e in Sardegna sono stati belli». Poi racconta che il nome della sua città, Buenos Aires, è stato voluto proprio dai marinai sardi imbarcati sulla nave del primo colonizzatore spagnolo. Furono loro a voler intitolare la nuova città alla Madonna di Bonaria, in spagnolo appunto Buenos Aires.

Perché gli uomini non si rispettano il creato? «C'è gente che butta in mare la bottiglia dell'aranciata - risponde il Papa - poi i pesci mangiano la plastica e muoiono. È un gesto di irresponsabilità. O quando si "sforestano" le foreste, che sono il polmone del mondo. O si usano i pesticidi. Lo fanno per i soldi. Bisogna guadagnarli per vivere, ma non è bello vivere per i soldi, ti rovina il cuore, ti corrompe. Una maestra mi diceva che "il diavolo entra dalle tasche"». Francesco vorrebbe parlare ancora con i bambini, ma un'altra udienza lo attende. A chiudere l'incontro allegro e informale è una classe che intona una versione aggiornata per l'occasione di un noto rap di Jovanotti: «Affacciati alla finestra, padre mio».

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