giovedì 18 giugno 2020
Dopo le Messe, così si progetta il percorso verso il recupero delle attività. Tenendo le migliori iniziative della quarantena. E aprendosi a nuove idee

Ogni settimana che passa addentrandosi in questa fase dopo la fine della quarantena segna un passo avanti nella consapevolezza del tempo nuovo che stiamo attraversando. Anche nelle parrocchie, che affrontano fenomeni e problemi inediti, dei quali in questa pagina settimanale cerchiamo di fornire una sorta di barometro, con voci e storie dal campo. Mentre si accantona progressivamente lo spiegamento di iniziative e strumenti per l’emergenza, cercando di discernere ciò che merita di essere conservato, emerge la necessità di recuperare la vita comunitaria “dal vivo” che i mesi passati hanno messo alla prova sostituendola con le modalità più diverse, ma comunque nell’isolamento domestico. Come si fa a tornare parrocchia nel senso consolidato del termine? Le cose potranno tornare, col tempo, come prima? O siamo entrati in una fase di “rifondazione” che richiede idee e coraggio in misura maggiore di quel che si pensava? Cerchiamo anche oggi di accompagnare la riflessione di chi si sente coinvolto da una questione tanto importante per la fede e per la Chiesa. (F.O.)

VELLETRI

«La liturgia ora è all’aperto, viene chi è più motivato. Ma c’è anche chi si riavvicina a Dio dopo molti anni»

COSTANTINO COROS


«L’ascolto e il dialogo sono le chiavi giuste che hanno aperto la porta al dopo quarantena », racconta don Andrea Pacchiarotti, parroco della chiesa dedicata a San Giovanni Battista a Velletri, realtà che si trova nel mezzo di una zona residenziale e popolare della città. «Ciò che si nota in questo periodo – aggiunge –, più che le regole da seguire è il timore generale nato un po’ in tutti, soprattutto nei bambini». Per affrontare positivamente questa situazione don Andrea racconta che la scelta di «organizzare la domenica un’unica Messa all’aperto cui partecipano tra le 250 e le 300 persone». Il parroco sta osservando che la partecipazione alla Messa nasce più da un desiderio che da un dovere o un’abitudine. Quello che conta adesso è parlare con le persone. «Sto facendo confessioni anche a gente che non si avvicinava al sacramento da 15 o 20 anni – dice don Andrea – . Sono incontri molto lunghi, anche tre ore. La pandemia ha fatto venir fuori le vere domande della vita, le persone si riavvicinano a Dio e il sacerdote deve essere pronto ad accoglierle».

In parrocchia stanno progettando per settembre, quando si dovrà ripartire con la catechesi e i gruppi. «Ora sto celebrando l’Eucarestia con i singoli gruppi parrocchiali un po’ come si fa per i campi scuola. I partecipanti hanno voglia di comunicare e raccontare le paure e le emozioni che hanno vissuto e di condividerle. In più, siamo partiti con l’adorazione all’aperto mentre domenica scorsa abbiamo celebrato i primi due battesimi». Altra scoperta è la partecipazione dei genitori, coinvolti, durante la pandemia, nel proseguire con la catechesi per i sacramenti insieme ai figli, utilizzando i social. Un tesoro da non perdere. Infine, spiega don Andrea, «quello che continuerò a mantenere online è l’invio ogni domenica nei gruppi parrocchiali di un messaggio sulla Parola del giorno».


BRESCIA

«Dopo tanto dolore, è il momento di ricostruire insieme Possiamo cambiare qualcosa solo rinnovando noi stessi»

DANILO POGGIO


Per la parrocchia San Polo di Brescia la fase tre si traduce in un vero “progetto di comunità”. Nei terribili giorni di massima espansione del coronavirus in quelle strade sono passate decine di bare in direzione del tempio crematorio e della casa funebre. «Il Venerdi Santo – ricorda il parroco, don Marco Mori – sono uscito da solo, con il crocifisso, e ho iniziato a benedire tutte le strade del quartiere. Ho iniziato nel primo pomeriggio e ho finito alle dicei di sera, in un silenzio irreale. Era un segno di povertà e di essenzialità che è passato attraverso tutti i cuori». Da quando è iniziata l’epidemia la chiesa è sempre rimasta aperta. E in

fondo, vicino all’ingresso, don Marco ha voluto mettere un diario, il “barattolo d’oro” della comunità, per raccogliere i messaggi e i pensieri di tutti. «E’ stata condivisione vera, io stesso non mi sono mai sentito parroco come in quei giorni». Subito dopo Pasqua, con lo stesso spirito, sono iniziati gli incontri a distanza per iniziare a progettare il futuro, stilando persino una sorta di atto fondativo per la ripresa. «Abbiamo una sfida. Dobbiamo ricominciare – si legge nel documento –, e stavolta sul serio. Non è uno slogan, sarà una necessità. Ma sarà inutile fare qualcosa di concreto senza essere rinnovati nel cuore, nell’intelligenza, negli approcci ai problemi, nelle visioni delle cose. Non dobbiamo avere fretta di arrivare alle decisioni operative.

Devono nascere da una visione comune. Le mete non possono essere solo dei singoli, ma della Comunità. Il mondo cambia con il nostro esempio, non con la nostra opinione».

Ben presto la parrocchia è passata dalla condivisione alla progettualità. Ad esempio destinando metà di ciò che si raccoglie nelle Messe alle famiglie più povere: «Le offerte sono triplicate perché tutti si sentono coinvolti. E intanto – conclude don Marco – sta per partire l’attività estiva per i ragazzi. Come comunità dopo aver visto tanto orrore dobbiamo tornare ad apprezzare il bello, condividendo la gioia di essere vivi».

CODROIPO (UDINE)

Un progetto chiaro condiviso con tutti. «E la gente viene»

FRANCESCO DAL MAS


Catechesi tutta l’estate (tre volte alla settimana) per le famiglie dei 107 bambini che si preparano alla prima Comunione. Siamo a Codroipo, in Friuli, diocesi di Udine. Monsignor Ivan Bettuzzi, il parroco, si aspettava mugugni alla presentazione del programma. Ha ricevuto solo consensi. «Finalmente i nostri bambini vengono restituiti alla vita sociale e, soprattutto, spirituale» hanno commentato tanti genitori, salutando con favore anche la riapertura della scuola materna e dell’oratorio, nel rispetto delle norme di sicurezza. La parrocchia di Codroipo ha un sito web con migliaia di contatti durante la settimana, che durante il lockdown veniva aggiornato quotidianamente soprattutto per accompagnare la preghiera e l’attività formativa in famiglia. «Ma abbiamo preferito non trasmettere la Messa in streaming, perché la mensa eucaristica richiede la partecipazione diretta» puntualizza don Ivan.

I fedeli hanno apprezzato e ora stanno tornando in parrocchia per riprendere le attività. Ben 32 i battesimi in preparazione, la formazione al matrimonio ha già 24 iscritti e le celebrazioni del sacramento, da agosto, saranno tre alla settimana. In Duomo si sono riunite, a distanza, le famiglie per raccontarsi il lockdown ritmato dalla spiritualità. Molto apprezzati i selfie di famiglia, scattati in casa e inviati al sito della parrocchia per raccontare i momenti di preghiera negli spazi creati nelle proprie abitazioni. «Era simpatico vedere i bambini che disponevano sedie e poltrone in cerchio per riunire la famiglia in preghiera, o i ragazzi che preparavano la tavola con tovaglia e fiori...». Domenica la comunità ha festeggiato don Simone Baldo. L’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato l’aveva consacrato, a porte chiuse, il 5 aprile. L’altro ieri la celebrazione della prima Messa. «Un’altra opportunità per guardare avanti» sintetizza Bettuzzi.

ROMA

«C’è voglia di ritrovarsi soprattutto tra i giovani E qui c’è il luogo per farlo»

GRAZIELLA MELINA


Vincere la paura del post lockdown e ricominciare a frequentare la parrocchia non sembra un problema per la comunità romana guidata da don Andrea Celli. La parrocchia di San Pio X alla Balduina, nel quartiere Trionfale – circa 14mila abitanti –, ha ripreso le attività con entusiasmo e voglia di stare insieme, anche se con qualche accorgimento in più. «Usiamo tantissimo l’esterno dell’oratorio, disponendo le sedie in modo distanziato, e poi anche il teatro», racconta don Andrea, qui da settembre dello scorso anno. «E così la Messa delle 11.30 può accogliere 200 fedeli in chiesa e altrettanti 200 in teatro. Facciamo spesso tutto all’aperto

in modo che venga occupato il campo di calcetto e quello di pallavolo. Usiamo la stessa modalità anche per gli incontri. Per esempio, l’altra sera abbiamo acceso i fari sui campetti per un appuntamento con 50 universitari». Ogni tanto bisogna fare i conti con gli imprevisti. «Beh, sì – dice sorridendo – poi è arrivato il temporale e li ho portati in teatro...».

La comunità di San Pio X però ha saputo adattarsi alle nuove misure di prevenzione: la voglia di ricominciare vince la paura. «I giovani hanno sofferto più di tutti a fare gli incontri via Zoom – racconta don Andrea –. Ora hanno voglia di vedersi, di stare insieme. Adesso incontrarsi è importante ». Così come continuare a prendersi cura degli altri. «Molti di loro si occupano della spesa solidale, tre volte a settimana, in più fanno servizio durante tutte le Messe, in tutti gli orari», qui la domenica si arriva a celebrarne sei. Ma perché ogni cosa fili liscia e vengano rispettate le regole sulla sicurezza, come in ogni parrocchia d’Italia, si danno da fare tutti insieme. «Ogni volta bisogna sanificare – spiega don Andrea – e questo richiede un grande impegno». 84 di loro si sono divisi i compiti. «Alcuni devono fare entrare le persone da due porte e poi farle uscire da quella centrale, altri stanno sulla rampa dei disabili. La comunità c’è, partecipa, ci siamo caricati tutti di grande entusiasmo».


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