mercoledì 30 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Il rettore: la bellezza del ministero, antidoto alle asprezze «È la persona di Gesù che con la sua umanità e la sua profezia segna nel profondo i sacerdoti». Il gesuita padre Francesco Beneduce si ritrova nei risultati della ricerca del Cnr sulla personalità dei preti che vengono descritti come altruisti, empatici, modesti, stabili emotivamente. E dalla sua stanza nel Pontificio Seminario campano interregionale a Posillipo di cui è rettore spiega: «Avere Cristo come modello della propria esistenza aiuta a vivere meglio sia sul piano personale, sia nelle relazioni con gli altri». Poi subito chiarisce: «Ritengo fondamentale che il prete, chiamato a testimoniare pubblicamente il Vangelo, debba avere la consapevolezza di riflettere il volto del Signore anche attraverso il suo stile di vita. E a plasmare la sua umanità sono la preghiera, la liturgia, l’accoglienza del prossimo». Nel Seminario si tengono ben presenti i tratti della personalità di coloro che si preparano a essere sacerdoti. «Il Seminario – sottolinea il rettore – è una palestra umana. Si impara a tradurre nel concreto il rispetto, a mettersi in ascolto di sé, ad abbracciare gli altri, a riconoscere, controllare e veicolare il contrasto o l’impulsività». Nei percorsi di discernimento e formazione anche l’aspetto psicologico ha un posto di rilievo. E nei Seminari entrano esperti e specialisti. «Da qualche decennio – afferma padre Beneduce – è ritenuto prezioso il contributo offerto dalle scienze sociali come luce supplementare della conoscenza di sé. Nulla togliendo al fondamento di incarnare il Vangelo, quanto consente di approfondire la propria indole è un arricchimento. Il discernimento non dipende dalla tempra, ma l’apporto dei consulenti trova spazio nella valutazione finale dell’idoneità di un candidato al presbiterato. Del resto la sua umanità è il primo fattore in gioco nel ministero. Aggiungo che, confrontandosi con Cristo, è possibile far maturare quei tratti a volte aspri del carattere». Come emerge dall’indagine del Cnr la vita del sacerdote è segnata dalla propensione all’altro, dall’amicizia. Eppure talvolta il prete fa i conti con la solitudine. «Il ministero è una grande benedizione – osserva il gesuita –. Si sperimenta una dimensione di paternità e fratellanza aperta e ricca. Non solo. Si viene anche inondati di affetti che derivano prima di tutto dall’accompagnare le persone e una comunità. Ciò non toglie che ci siano momenti di fatica che il sacerdote è tenuto a mettere nelle mani di Dio. Certo, la solitudine è in alcuni frangenti una breccia sull’infinito». Di contrasto il prete ha sempre un’agenda fitta di appuntamenti. E il Cnr dice che sa bene organizzarsi. «L’agenda non la fa il sacerdote ma la fanno le circostanze e i bisogni della gente. Serve riuscire ad armonizzare gli impegni con i tempi della preghiera, della riflessione, e dello studio. Ma la passione per il Signore fa sì che anche quando i programmi sono stravolti rimanga salda la rotta». Giacomo Gambassi © RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: