giovedì 24 ottobre 2019
Una suora: «Noi indigeni viviamo il Vangelo in base alla nostra spiritualità, questo Sinodo ci dà riconoscimento». Venerdì in aula il documento finale
Alcuni partecipanti al Sinodo per l'Amazzonia (Ansa)

Alcuni partecipanti al Sinodo per l'Amazzonia (Ansa)

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«Vi vedo preoccupati, dubbiosi. Come se non foste in grado di capire ciò di cui l’Amazzonia ha necessità. Vi chiedo: non indurite il vostro cuore. Addolcitelo. Questo è l’invito di Gesù. Crediamo in un solo Dio. Dobbiamo restare uniti. Questo è quello che noi desideriamo come indigeni. Abbiamo i nostri riti, però questi devono incardinarsi nel centro, che è Gesù».

È un appello accorato quello lanciato da Delio Siticonatzi dalla Sala stampa vaticana. Il giovane docente universitario peruviano ha cominciato il proprio intervento, durante il consueto appuntamento informativo, salutando nella lingua del suo popolo, gli Ashaninka. «Ma sono qui al Sinodo come rappresentante delle 48 etnie native peruviane. Noi indigeni siamo da sempre i custodi dell’Amazzonia. Non lo facciamo, però, solo per noi stessi: è in gioco la vita di tutti. E tutti dobbiamo farci carico della difesa della casa comune. Non lasciateci soli», ha aggiunto il 33enne di Junín, uno dei primi laureati dell’innovativa Università Nopoki creata dal vicariato di San Ramón, che garantisce istruzione di alta qualità in sei lingue native.

«La nostra lotta è molto dura. Ci uccidono quando reclamiamo i nostri diritti, nonostante questi siano sanciti dalle leggi – ha sottolineato – quest’assemblea ci ha dato molta speranza». Il Sinodo – gli ha fatto eco il sacerdote messicano Eleazar López Hernández – segna un passo fondamentale nella costruzione di una nuova relazione con i popoli indigeni: non più asimmetrica bensì fraterna». Padre López Hernández è lui stesso un nativo, per quanto appartiene al popolo Zapoteca, originario dell’America centrale non dell’Amazzonia. «Noi amerindi, però, abbiamo un modo comune di intendere la vita e Dio nella vita. Cinquecento anni fa, la Chiesa è venuta nelle nostre terre sulle navi dei conquistatori. Già allora molti missionari compresero che quello non era il loro posto. Negli ultimi cinquant’anni, tantissimi sono scesi dalle navi e sono saliti sulle nostre canoe. Anche papa Francesco l’ha fatto. Perciò gli indios sono colmi di gratitudine e speranza».

Sentimenti questi ultimi espressi anche da suor Mariluce dos Santos Mesquita, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e indigena Brassana. La religiosa, proveniente da São Gabriel do Caçhoeira, la diocesi a più alta densità nativa, ha affermato: «In queste settimane ho imparato molto. Tutti abbiamo imparato. A partire dall’ascolto, papa Francesco sta proponendo di riconoscere, di approfondire maggiormente il modo indigeno di vivere la fede. A partire dall’evangelizzazione, la nostra spiritualità originaria ha interagito con la Parola di Dio che s’è incarnata nella cultura nativa». A partire da tale realtà, non sorprende che dall’Assemblea sia emersa la proposta di un rito amazzonico.

«È naturale: i popoli della regione sentono la necessità di poter comunicare con la loro lingua, i loro simboli e la loro ritualità locale», ha detto il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, nel rispondere a una domanda. E sulla questione dei viri probati, il cardinale Stella ha sottolineato «la grande bellezza del celibato nella vita di un sacerdote». Un dono «da coltivare» con un’adeguata formazione e molta vita contemplativa «poiché si tratta di un tesoro contenuto in vasi d’argilla. Esso rappresenta per i giovani e anche per i sacerdoti, una grande sfida personale», ha affermato il prefetto. E, sulla questione di eventuali nuovi cammini di ministerialità – ha concluso il cardinale Stella – la lasciamo al discernimento dei Padri sinodali e, soprattutto, a quello finale del Santo Padre». Del resto, come ha detto monsignor Alberto Taveira Corrêa, arcivescovo della brasiliana Belém do Pará, la seconda metropoli amazzonica dopo Manaus, «non siamo venuti al Sinodo con una lista di desideri. Siamo qui per fare un cammino insieme e metterlo nelle mani del Papa. Sono molto fiducioso, nutro grandi speranze».

Domani il documento finale – alla cui bozza iniziale, il relatore generale e i segretari speciali, con l’aiuto degli esperti, hanno apportato le modifiche emerse dai Circoli minori – sarà presentato in aula, dopo la revisione finale della commissione. Domani avverrà la votazione, per singole proposizioni: affinché ciascuna sia approvata è necessaria la maggioranza dei due terzi.

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