sabato 20 maggio 2017
Don Paolo Gentili: «A nessuno precludere strade di felicità». Don Antonio Autiero: «Il giudizio? Mai definitivo»
Sessualità e coscienza secondo Amoris laetitia
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Al termine del capitolo ottavo di Amoris laetitia si legge: «L’insegnamento della teologia morale non dovrebbe tralasciare di fare proprie queste considerazioni» (Al, 311). E qualche riga sotto, dopo aver ribadito che la misericordia è «la manifestazione più luminosa della verità di Dio», il Papa aggiunge che tutto quanto detto «ci impedisce di sviluppare una morale fredda, da scrivania nel trattare i temi più delicati» (Al 312). Le considerazioni che il Papa esprime nel capitolo più denso e più discusso dell’Esortazione postsinodale sono quelle che riguardano l’accoglienza delle varie fragilità familiari e in cui spiega che per l’integrazione delle situazioni più delicate, comprese quelle che coinvolgono i separati divorziati, «ci potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti». Sottolineature che interpellano in modo pressante le modalità con cui la teologia morale affronta il grande tema delle relazioni di coppia, l’intimità sessuale, la generazione, gli affetti, i legami, con tutto l’insieme di problemi connessi.

Quale rapporto tra norma e coscienza? E tra coscienza e scelte morali? Sembrano questioni un po’ fumose ma, proprio partendo da queste domande, è possibile recuperare prassi concrete per comprendere meglio i bisogni e le speranze delle persone, per costruire percorsi di bene, per stare accanto a chi chiede aiuto. Ecco perché è importante preparare e accompagnare l’evoluzione della teologia morale sull’amore di coppia, secondo quanto il Papa stesso sollecita nel testo postsinodale. «Si tratta di un percorso grandioso e complesso che stiamo affrontando – sottolinea don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della famiglia – di pari passo con l’analisi e l’approfondimento di un testo ricchissimo come Amoris laetitia che è rivolto a tutte le famiglie e a tutte, compre- se quelle che vivono situazioni difficili, offre percorsi di felicità». In questa prospettiva i due Simposi tra teologi ed esperti di scienze umane organizzati lo scorso anno dallo stesso Ufficio Cei per la famiglia a cui farà seguito, nel prossimo autunno, una terza edizione. Perché gli aspetti della nuova 'costituzione familiare' da approfondire e rilanciare sono davvero tanti. Libertà e norma Sulla questione della coscienza, per esempio, nessuna coppia può evitare di interrogarsi. Se n’è parlato anche nel corso dell’ultima riunione della Consulta nazionale di pastorale familiare.

Don Giuseppe Lorizio, docente di teologia fondamentale alla Lateranense, ha ribadito che l’inviolabilità della coscienza è qualcosa che dobbiamo riconoscere anche a chi è diverso da noi, al di là delle fedi e delle ideologie. «Se è vero che ogni uomo è immagine e somiglianza di Dio – ha argomentato l’esperto – ciascuno di noi ha nel fondo della coscienza una traccia d’infinito». Dentro la coscienza ci sono insomma i codici dell’unicità della persona che rappresentano, insieme alla sua natura irripetibile, la traccia del rapporto personale con Dio. Significa che il giudizio libero e informato è sempre e comunque voce di libertà? «Attenzione – fa notare don Maurizio Chiodi, docente di teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – primato della coscienza non significa arbitrio. Il primato della norma sulla coscienza corrisponderebbe a una verità senza coscienza. Ma l’enfasi su una coscienza senza norma significa presupporre una coscienza senza verità». Come se ne esce? «Norma e coscienza devono stare insieme – sottolinea il teologo – superando l’alternativa. Considerando che il bene eccede la norma e la formulazione universale della norma non si dà se non a partire dall’esperienza particolare iscritta nella coscienza. Per questo la norma ha un senso sempre storico e simbolico». C’è insomma un 'bene possibile' che si colloca in una 'zona grigia' tra bianco e nero, e va salvaguardato. «E questo bene possibile – che si manifesta anche nelle situazioni di fragilità, in una coppia di conviventi o di divorziati risposati – non annacqua la relazione della persona con la verità».

Don Maurizio Chiodi è intervenuto nei giorni scorsi, con altri esperti, al dibattito organizzato dall’Università Gregoriana alla presentazione di un volume (vedi box qui a fianco) che si interroga proprio sulla svolta della teologia morale dopo Amoris laetitia. Il testo raccoglie una serie di riflessioni teologiche di area soprattutto tedesca ed è stato curato da don Antonio Autiero, teologo moralista di origini napoletane, docente per 25 all’Università di Münster: «Credo che siamo davvero a un punto di svolta perché Amoris laetitia – spiega – riprende il rinnovamento avviato dal Vaticano II che il magistero successivo aveva un po’ sedimentato. Ora, spostando l’attenzione sulla coscienza, si rimette in campo un’attenzione nuova e feconda nel rapporto tra norma e coscienza. Ecco perché l’Esortazione postsinodale non regola il comparto dell’etica sessuale con un nuovo elenco normativo ma va oltre, immettendo fermenti nuovi nel modo di intendere la coscienza secondo un percorso dinamico».

Intimità e responsabilità
Secondo l’esperto il respiro di Amoris laetitia parla di novità e di verità anche nell’ambito dell’antropologia sessuale perché guarda al dono della sessualità non più come «concessione» che la Chiesa dà o toglie sulla base di presunti meriti o presunte colpe. «Quando il Papa alla nota 329 (Al 298) ricorda che la raccomandazione rivolta ai divorziati risposati di vivere come fratello e sorella, rischia di privarli di alcune espressioni di intimità che potrebbero compromettere il bene dei figli – riflette il teologo – riconosce un fatto umanamente comprensibile e si preoccupa della pienezza di questa seconda unione». Esiste insomma una responsabilità che – dopo il fallimento del primo matrimonio – la persona contrae verso se stessa, verso il nuovo partner e verso i figli e che investe anche la cura della relazione. E, in questa attenzione, c’è anche la serenità delle «espressioni dell’intimità». Osserva ancora don Autiero: «Certo, soprattutto in questi casi il giudizio di coscienza non è né facile né definitivo. Dobbiamo ricordare che la coscienza non è un organo che produce un giudizio ma un momento di confronto con Dio che esige una formazione continua. E che in questo processo, come il Papa ci ricorda, dobbiamo sempre ricorrere alla categoria del discernimento». E mentre la teologia morale si rinnova, «il compito della pastorale – conclude il teologo – sta proprio nel mettere a punto percorsi di accompagnamento sempre più attenti alle nuove esigenza della coppie e della famiglie».

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