mercoledì 9 agosto 2017
Fanno tappa quest’anno fra Abruzzo e Marche le “Serate di Nomadelfia” che raccontano l’esperienza comunitaria della realtà nel Grossetano fondata da don Zeno Saltini
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Da cinquanta anni sono un modo per far conoscere la comunità del Grossetano dove vige la legge di fraternità. Le “Serate di Nomadelfia” (dal nome della realtà fondata da don Zeno Saltini dopo la seconda Guerra mondiale che oggi ha la sua sede nel Sud della Toscana) continuano a conquistare l’Italia. Dopo più di mille repliche nella Penisola e all’estero e oltre un milione e mezzo di spettatori coinvolti, gli spettacoli che uniscono danze e figure acrobatiche eseguite dai giovani di Nomadelfia, brevi video e folgoranti interventi sullo stile della commedia dell’arte riempiono sempre le piazze.


Quest’anno la tournée si svolge in Abruzzo e nelle Marche e il gruppo dei “nomadelfi” toccherà Civitanova (10 e 11 agosto), Centobuchi (15 agosto), Roseto degli Abruzzi (17 e 18 agosto), Ascoli Piceno (22 e 23 agosto), Tagliacozzo (26 agosto). Nei giorni scorsi ha fatto tappa a Teramo, Martinsicuro, Montesilvano, Giulianova, Villa Rosa e Loreto. La carovana è costituita da 130 persone, fra genitori e figli, che vengono ospitati in qualche scuola o istituto, adattandosi con spirito di povertà e francescana essenzialità, oppure anche accolti nelle famiglie. «Cosa portiamo? – diceva il fondatore don Zeno –. Portiamo la nostra vita. Sono uomini a presentarsi, non belle idee. Nomadelfia è un popolo fraterno che non ha il ricco e il misero, non ha lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e può darsi che la sua testimonianza riesca a muovere molti, perché oggi più che mai occorre un movimento di popolo che realizzi la fraternità per trasformare il mondo».


Durante le "Serate" si alternano sul palco un centinaio circa fra bambini, adolescenti e giovani, in una serie di danze popolari di vari Paesi (danza greca, tarantella, danza gitana, danza irlandese, danza messicana, danza western, danza pellerossa, danza russa) e di coinvolgenti scherzi. Tutto ciò – unito a una serie di invenzioni – porta gli spettatori alla scoperta di una sorta di “mondo al contrario” rinnovando un impegno umano, culturale, civile e religioso e sollecitando una nuova assunzione di responsabilità che sfoci in iniziative di solidarietà e volontariato.


La realtà di Nomadelfia è composta da 350 persone, una sessantina di famiglie che lavorano e vivono insieme nella totale comunione dei beni, secondo lo stile delle prime comunità cristiane, e nel corso degli anni hanno accolto in affido come figli, alla pari dei propri, più di 5mila ragazzi in difficoltà. Papa Francesco, ricevendo in udienza lo scorso 17 dicembre tutto il popolo di Nomadelfia in Vaticano, aveva detto: «Il vostro patrimonio spirituale è legato in modo speciale alla vita di fraternità». E aveva sottolineato: «Don Zeno Saltini, pur tra difficoltà e incomprensioni, è andato avanti fiducioso, con l’obiettivo di portare la buona semente del vangelo anche nei terreni più aridi. E ci è riuscito. La vostra comunità di Nomadelfia ne è la prova. Don Zeno si presenta a noi oggi come esempio di fedele discepolo di Cristo che, ad imitazione del divino Maestro, si china sulle sofferenze dei più deboli e dei più poveri diventando testimone di una carità inesausta».

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