sabato 22 settembre 2012
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Da una parte l'egemonia, intesa come "logica del predominio che cerca il potere in vista della riuscita". Dall'altra la testimonianza, ovvero il principio secondo cui il politico "agisce non facendo un calcolo sull'esito dell'azione, ma puntando tutto sull'origine dell'azione stessa e lasciando i risultati alla provvidenza". Sono questi, secondo l'arcivescovo Angelo Scola, intervenuto oggi alla presentazione della quinta edizione della 'Scuola di formazione sociale e politica per i giovani' organizzata dall'arcidiocesi, i due elementi che distinguono un modo di fare politica da un altro. "Se prendiamo la testimonianza in senso completo, cioècome buon esempio, conoscenza della realtà e quindi comunicazione della verità - ha detto Scola - allora penso che la ricerca del consenso che rispetti il metodo democratico, e quindi la legalità, sia assolutamentenecessario alla politica". Secondo l'arcivescovo, il politico inteso come testimone "è disposto ad andare fino in fondo, anche pagando in prima persona". Gli esempi citati da Scola sono don Sturzo e De Gasperi."La politica subisce un oggettivo spossessamento da parte di poteri che la travalicano, derivati dal primato delle tecnologie sulle relazioni sociali a livello internazionale, tanto che sono tentato di dire che ci resta solola sovranità del debito". Secondo Scola "l'avversario della politica è la tecnocrazia a livello planetario" e "lostrapotere della tecnologia con la pretesa di neutralizzare il campo del politico". L'arcivescovo ha sottolineato che "fare politica è sempre più identificato come attività partitica". E la conseguenza è "il fatto che la politica è esposta a un'autoreferenzialità che la separa dalla realtà e la riduzione della politica a un compromesso teso all'autoconservazione".
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