mercoledì 29 febbraio 2012
Aprendo questa mattina a Roma l’incontro della Comunità di Sant’Egidio, “Primavera araba verso un nuovo patto nazionale” il ministro Riccardi ha invocato “un nuovo quadro di convivenza per garantire pluralità religiosa e politica". Tra i partecipanti, leader cattolici, islamici e ortodossi.
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“L’umiltà dell’intelligenza per capire quanto sta accadendo nei vicini Paesi arabi”: è la ricetta di Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione per “superare l’arroganza con cui spesso i media parlano della primavera araba, vera sorpresa di questo secolo che si è aperto con le stragi dell’11 settembre”. Aprendo questa mattina a Roma l’incontro della Comunità di Sant’Egidio, “Primavera araba verso un nuovo patto nazionale” Riccardi ha invocato “un nuovo quadro di convivenza per garantire pluralità religiosa e politica. Tante volte nella Primavera araba, che è fatta di storie diverse da paese a paese, le minoranze cristiane non si sentono sicure come se una dittatura dia più garanzie di una democrazia”. Per il Ministro “il Nord e il Sud del Mediterraneo devono costruire un nuovo quadro democratico facendo cadere diffidenze per fare posto alla cultura della simpatia tipica della nostra area. Grazie anche alla Primavera araba oggi abbiamo la possibilità di costruire un nuovo rapporto, in cui cristiani e musulmani, Occidente e mondo musulmano, riscoprano valori di libertà e di democrazia”. "Nessuna religione può arrogarsi il diritto di imporre la sua legge ad altre fedi. Per questo motivo sono necessarie la cittadinanza e l’uguaglianza di tutti davanti alla legge”. Lo ha ribadito mons. Cyril Salim Bustros, arcivescovo greco cattolico di Beirut (Libano), nel suo intervento all’incontro della Comunità di sant’Egidio. Ricordando quanto affermato dal Sinodo per il Medio Oriente del 2010, l’arcivescovo ha sottolineato come “politica e religione possono collaborare. La religione sostiene e garantisce il concetto di cittadinanza. Cittadini credenti rappresentano la coscienza di un Paese in quanto alzano la loro voce contro le ingiustizie”. Per mons. Bustros “gli abitanti dei Paesi arabi devono considerarsi come cittadini e non come appartenenza religiosa. Nessuno deve sentirsi ‘altro’, rispetto ad una maggioranza. Ci deve essere - ha aggiunto - un quadro giuridico che garantisca questa cittadinanza. Purtroppo siamo ancora lontani da questa visione ideale e bisogna lavorare per evitare divisioni e fanatismi”. Il “vero e grave pericolo” per la cittadinanza, secondo il presule, “è l’estremismo religioso da qualsiasi parte provenga”. “Non si può dialogare con estremisti come i salafiti - ha affermato - gli estremisti vedono l’islam come soluzione unica, promuovono l’applicazione rigida della sharia. Stesso discorso per gli estremisti ebrei che sognano di cacciare i non ebrei, ovvero islamici e cristiani dal loro Paese. La situazione è complessa - ha concluso - e si risolve solo nel riconoscere piena cittadinanza che garantisce diritti uguali per tutti a prescindere dalla fede religiosa”. L’ignoranza crea muri e la coscienza di un cambiamento necessita del tempo perché affondi le sue radici nel popolo. È in sintesi l’idea espressa sulla primavera araba da Abdul Rahman al-Barr, del movimento dei Fratelli Musulmani dell’Egitto. Parlando all’incontro della Comunità di Sant’Egidio, al-Barr, che è membro dell’ufficio direttivo di Fratelli Musulmani, ha affermato che “a piazza Tahrir cristiani e musulmani, pregavano e mangiavano insieme offrendo un’immagine esemplare. La rivoluzione non ha scandito nessun slogan discriminatorio e questo sia nelle zone urbane che rurali”. Secondo il teologo musulmano, “i contrasti tra cristiani e musulmani sono rimasugli del passato regime che ha sfruttato l’ignoranza dei cittadini e la religione per condizionare il popolo. Anche la Chiesa ha protetto il regime pensando che fosse il suo protettore. Questo perché la dittatura ha sfruttato alcuni estremisti fomentando la paura”. “Liberiamoci da questi ricordi - ha esortato al-Barr - anche se ciò richiede tempo. Come Fratelli Musulmani siamo contrari al termine di minoranza, vogliamo che i copti si integrino nella vita politica e sociale. La comprensione vera della religione è quella in cui nessuno è discriminato ma accolto come recita il documento di al-Azhar che abbiamo appoggiato”.

Le parole di al-Barr hanno trovato eco in quelle di Sameh Fawzy, cristiano copto-ortodosso del forum del dialogo “Bibliotheca Alexandrina”. “È urgente - ha ribadito Fawzy - includere tutte le fasce della società, tutti i gruppi culturali e religiosi per il modello del nuovo Egitto in cui la diversità sia rispettata”. Per l’esponente cristiano, tra i pilastri che sostengono la diversità religiosa vanno tenuti in considerazione “lo stato di diritto con leggi da rispettare, un quadro giuridico anche per normare le conversioni da una religione ad un’altra, la condanna di ogni attacco contro la coesistenza pacifica. Per il pluralismo politico, poi, serve la cultura della tolleranza”. In questo modello di nuovo Egitto non deve esserci posto per “opinioni e punti di vista che vogliono un gruppo religioso superiore all’altro. I problemi vanno risolti nel giusto ambito politico come il Parlamento e non al di fuori”. L’Egitto del futuro, infine, deve vedere “cristiani e musulmani sviluppare insieme il patrimonio e la cultura nazionale rifiutando pratiche culturali di altri paesi che non ci appartengono”.

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