sabato 5 luglio 2014
Sono esenti da imposte le strutture sanitarie non commerciali e convenzionate.
Belloli: «Utili reinvestiti per cure migliori»
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Per quanto riguarda la sanità, le polemiche che hanno investito il decreto del Ministero dell’Economia, che a determinate condizioni esenta dal pagamento di Imu e Tasi gli enti non profit, nascono dal malvezzo di negare la funzione 'pubblica' del privato sociale. Così, 'clinica privata' e 'ospedale privato' diventano sinonimi di azienda commerciale. La realtà è molto diversa. Esistono molti enti 'privati' autorizzati a erogare servizi sociosanitari in regime di solvenza, cioè facendosi pagare, e molti altri ospedali, istituti, residenze, ecc. altrettanto 'private' e accreditate che erogano invece un servizio pubblico a tutti gli effetti, in quanto titolari di un contratto con il Servizio Sanitario, che paga le prestazioni per la quota di legge. È questa la vera distinzione, che rende il privato non profit convenzionato ed a contratto parte costitutiva del sistema sanitario pubblico. Aggiungeteci che questo 'privato' risulta spesso essenziale alla tenuta del sistema sanitario e in molti casi si esprime sotto forma di eccellenze. Solo chi ha queste caratteristiche non paga l’Imu ed in virtù del DL 16 marzo n°16 neanche la Tasi. Il decreto ministeriale del 26 giugno stabilisce che siano esenti le attività assistenziali erogate dal sistema sanitario pubblico e ricorda esplicitamente che «gli enti non commerciali devono formare parte integrante » di tale sistema, affermando che «le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate, alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla persona». Esattamente ciò che dimentica chi vorrebbe fare di tutta l’erba 'privata' un sol fascio. «Per aver diritto all’esenzione – spiega il fiscalista lombardo Luigi Corbella – occorre che le strutture operino con modalità non commerciali e rispettino almeno una delle condizioni indicate dal decreto, cioè siano accreditate e contrattualizzate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e le loro funzioni siano svolte in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, ovvero prestino a favore dell’utenza dei servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di compartecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale. Si badi bene che non si fissa neppure un limite, ma semplicemente si rinvia la determinazione dell’esenzione alla proporzionalità del servizio convenzionato rispetto al servizio a pagamento». Sono esenti anche le strutture non profit non accreditate né contrattualizzate ma che esercitano a titolo gratuito «ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio» recita la norma, indicando una fattispecie in cui ricadono le migliaia di centri sanitari, ambulatori e consultori (cattolici e non) che svolgono su tutto il territorio nazionale un’importantissima opera di prevenzione e assistenza. Ma la polemica, evidentemente, punta altrove. Forse a cancellare l’esenzione riconosciuta alle grandi strutture sanitarie, bollate spregiativamente come 'private' e alle quali invece il governo riconosce una funzione essenziale. Il decreto chiarisce in più punti come questo ruolo permanga anche in presenza di «eventuali importi di partecipazione alla spesa da parte dell’utente e/o dei familiari», perché «in questi casi si è in presenza di una forma di cofinanziamento di servizi prevista per legge, in quanto necessaria a garantire la copertura del servizio universale». Ospedali classificati come Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, per esempio, che versano ogni anno milioni di euro in Irap (lo fanno anche gli ospedali pubblici, ma poi lo Stato ne ripiana i conti...), «erogano un servizio pubblico a tutti gli effetti, non hanno posti letto a pagamento e accolgono chiunque debba essere ricoverato, spesso anche gratuitamente, perché a causa del carisma del fondatore decidono di dare assistenza anche a stranieri che non sono 'coperti' dal Servizio Sanitario Nazionale» spiega Gianluca Orlandi, consulente amministrativo del famoso nosocomio di San Giovanni Rotondo, che è anche un Irccs. «Aggiungo che Casa Sollievo ospita gratuitamente anche i familiari accompagnatori dei pazienti indigenti extracomunitari e da diversi anni nelle sue strutture di accoglienza (soggette all’Imu) i genitori dei bambini lungo degenti del reparto di oncoematologia pediatrica» sottolinea. Dell’esenzione Imu beneficiano anche le grandi realtà religiose che sono eredi di una grande tradizione spirituale e solidale. Si parla di 260 strutture sanitarie, 19 ospedali classificati, 10 irccs, 5 presidi ospedalieri, 20 tra Rsa e Hospice, ecc. per un totale di 17.500 posti letto ospedalieri e 14.200 extraospedalieri e 130.000 assistiti nell’area semiresidenziale (dati Aris). Tale esenzione viaggia di pari passo con la natura non commerciale dell’ente proprietario e l’esistenza di una convenzione tra la struttura sanitaria e il sistema pubblico e copre solo la quota di servizio erogato in convenzione. Questo significa che se, ad esempio, il 20% dei servizi erogati dalla struttura non sono convenzionati ma a pagamento, su quella quota saranno applicate Imu e Tasi.
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