mercoledì 19 marzo 2014
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Un documento del magistero «poco conosciuto» e forse «snobbato». A 25 anni dalla sua pubblicazione (il 15 agosto 1989) l’e­sortazione apostolica Redemptoris cu­stos «non viene inserita, come dovreb­be, all’interno di un quadro teologico che parla del mistero dell’Incarnazio­ne in vista della redenzione. Un miste­ro nel quale san Giuseppe è un prota­gonista».Padre Tarcisio Stramare, o­blato di San Giuseppe, la congregazio­ne fondata ad Asti da san Giuseppe Ma­rello, è uno dei maggiori studiosi mon­diali della figura di san Giuseppe e non nasconde la sua delusione per come «il custode del Redentore» viene trattato.Cosa ha significato nel magistero la Redemptoris custos, di cui quest’anno ricorrono i 25 anni dalla pubblicazione?Si inserisce in un filone caro a Giovan­ni Paolo II, quello della Redenzione. E ben tre sue encicliche riguardano figu­re importanti di questo mistero: Gesù (Redemptor hominis del 4 marzo 1979), Maria ( Redemptoris mater del 25 mar­zo 1987) e la Chiesa (Redemptoris mis­sio del 7 dicembre 1990). Per san Giu­seppe è stata scelta una esortazione a­postolica e in molti hanno pensato che avesse minor rilevanza, sbagliando. La figura di san Giuseppe è pienamente inserita in questo mistero dell’Incarnazione. Lo dice chiaramente il testo: «Di questo mistero divino Giuseppe è insieme a Maria il primo depositario» e «partecipa a questa fase culminante dell’autorivelazione di Dio in Crist, e vi partecipa sin dal primo inizio». E an­cora: «Egli è colui che è posto per pri­mo da Dio sulla via della peregrinazio­ne della fede, sulla quale Maria andrà innanzi in modo perfetto».Quindi un ruolo tutt’altro che di con­torno, quello di san Giuseppe.Non ha solo servito Gesù nella sua fan­ciullezza. Ha servito anche la sua mis­sione redentrice mediante la sua pa­ternità e il suo matrimonio con Maria. Ecco perché parlo della necessità di ri­leggere e rivalutare quell’esortazione a­postolica di Giovanni Paolo II.Recentemente, però, papa Francesco ha disposto che il nome di san Giu­seppe sia inserito nelle preghiere eu­caristiche II, III e IV della terza edi­zione tipica del Messale Romano. Un passo importante?L’inserimento nel Messale Romano fu stabilito da Giovanni XXIII e ora se ne dispone l’allargamento ad altri cano­ni. Mi pare positivo, anche se dovreb­be essere collocato in tutti i canoni proprio per il ruolo svolto nel miste­ro dell’Incarnazione.Papa Francesco ha mantenuto nel proprio stemma anche il nardo, che simboleggia san Giuseppe. Segno di u­na devozione significativa?Nel suo stemma contiene l’intera san­ta famiglia, con i simboli anche di Ge­sù e di Maria. Mi pare importante an­che l’approccio globale, proprio in questo momento nel quale parliamo molto di famiglia.Altra coincidenza il fatto che l’inizio del pontificato di Francesco sia ini­ziato proprio il 19 marzo 2013, solen­nità di san Giuseppe. Come leggere questo evento?Penso sia un evento provvidenziale. Certo nella sua omelia, che partiva proprio dalla memoria liturgica di quel giorno, si possono trarre alcune linee d’azione che sembrano caratte­rizzare il suo pontificato. Occorre an­cora attendere per una analisi com­pleta, ma certo aver sottolineato, par­tendo da san Giuseppe, l’importanza del servizio alla Chiesa è significativo. Un servizio come quello di Giuseppe che, come diceva il nostro fondatore san Giuseppe Marello, ha «fatto gli in­teressi di Gesù». Interessi che erano la sua missione salvifica.Ma cosa dice la figura di san Giuseppe al cristiano di oggi?Quello che ha ben sottolineato il Papa in quell’omelia del 19 marzo 2013. In­segna ad avere una costante attenzio­ne a Dio, aperto ai suoi segni, disponi­bile al suo progetto, non tanto al pro­prio; essere più sensibile alle persone che gli sono affidate, leggere con reali­smo gli avvenimenti, essere attento a ciò che lo circonda, e prendere le deci­sioni più sagge. E poi una grande tene­rezza, che non è la virtù del debole.
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