domenica 6 giugno 2010
In piazza San Pietro questa mattina la messa conclusiva dell'Anno sacerdotale. Il Papa ha auspicato la ripresa delle vocazioni ed è tornato sulla questione degli abusi sui minori. «Chiediamo perdono a Dio e alle persone coinvolte e intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché non possa accadere mai più». Ieri sera, durante la veglia con i sacerdoti. Benedetto XVI, parlando a braccio, ha risposto a cinque domande corrispondenti ad altrettante sfide per i presbiteri.
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La Chiesa, colpita dalla crisi delle vocazioni sacerdotali, chiede «operai per la messe di Dio» una richiesta che è essa stessa «un bussare di Dio al cuore di giovani che si ritengono capaci di ciò di cui Dio li ritiene capaci». Lo ha detto il Papa celebrando la messa conclusiva dell'Anno sacerdotale in piazza S.Pietro. «Era da aspettarsi - ha aggiunto il pontefice - che al "nemico" questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché infin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo - ha aggiunto - che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l'abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura diDio a vantaggio dell'uomo viene volto nel suo contrario». «Chiediamo insistentemente perdono a Dio e alle persone coinvolte», per gli abusi nei confronti dei minori commessi da religiosi – ha detto il Papa – e «intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più». Il Papa ha aperto la sua omelia parlando del sacerdozio, definendo l'anno sacerdotale un «anno di gioia per il sacramento», nel corso del quale sono «venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l'abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell'uomo viene volto nel suo contrario».  E, dopo aver chiesto perdono a «Dio ed alle persone coinvolte», ha promesso «di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più» e che «nell'ammissione al ministero sacerdotale e nella formazione durante il cammino di preparazione ad esso faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l'autenticità della vocazione». «Vogliamo ancora di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino - ha proseguito - affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita».La veglia finale di giovedì sera. Cinque domande al Papa, una per ogni continente, nella veglia finale dell’Anno Sacerdotale. Cinque sfide per la Chiesa e i sacerdoti del nostro tempo. Cinque risposte, quelle date da Benedetto XVI che, parlando a braccio e non con un discorso preparato, ha voluto così consegnare ai sacerdoti di tutto il mondo, anche tangibilmente, il segno della sua paterna vicinanza. Il Pontefice, a lungo acclamato al suo arrivo da una piazza San Pietro gremita, ha risposto e argomentato.Sul celibato ha fatto notare che «sono sorprendenti le critiche» a questa regola, «in un mondo in cui va di moda non sposarsi». Ma il celibato dei preti «è una cosa fondamentalmente diversa dal non sposarsi di tanti, oggi, che è un non volere vincoli per vivere solo per se stessi». Il nostro celibato è totalmente diverso, «è un lasciarsi prendere per mano da Dio, un atto di fedeltà e fiducia che suppone la stessa fedeltà del matrimonio. È infatti un obbligarsi a un sì definitivo». Dunque matrimonio e celibato si richiamano a vicenda. «Se scompare il matrimonio, scompare la radice della nostra cultura».Quanto alle difficoltà, il Pontefice ha ricordato che, «sì è vero, è molto difficile fare il parroco, in parrocchie sempre più grandi», ma ha anche sottolineato che ci sono tanti sacerdoti che fanno il loro dovere e li ha ringraziati. «È importante che la gente veda che non siete impiegati a ore, ma che siete appassionati di Cristo», ha detto. «Se si accorgeranno di ciò, i parrocchiani vi aiuteranno». Quindi il Papa ha fatto seguire alcune raccomandazioni: «Non trascurare la loro propria anima», altrimenti «non puoi dare agli altri quanto devi dare». E ancora: «Dio ci liberi dagli scandali che oscurano la testimonianza». Infine la raccomandazione della preghiera («per il sacerdote non è una cosa marginale, pregare è la sua professione»), di celebrare degnamente l’eucaristia e di fare la carità rendendosi sempre presenti accanto ai sofferenti.Alla domanda sulla teologia Benedetto XVI ha risposto che «l’arroganza della ragione oscura la presenza di Dio nel mondo». «Bisogna avere il coraggio – ha aggiunto – di resistere alla apparente scientificità e non pensare che la ragione positivistica che esclude il trascendente è la vera ragione: è una ragione debole quella che presenta solo le cose sperimentabili». Perciò «noi teologi – ha scandito papa Ratzinger – dobbiamo usare la ragione grande e avere il coraggio di andare oltre il positivismo e l’esperimento, non sottomettendoci a tutte le ipotesi del momento».Papa Ratzinger ha anche messo in guardia dal «clericalismo, la tentazione del sacerdote in tutti i tempi». La tentazione cioè «di trasformare il sacerdozio in una normale professione, di rendere accessibile e facile la via verso la Salvezza». Infine per il Papa, «la crisi delle vocazioni fa correre il rischio a tante Chiese di inaridirsi».Alla veglia, che si è conclusa con l’adorazione eucaristica, hanno preso parte 15mila presbiteri un migliaio di seminaristi e 10mila laici. Diverse le testimonianze dal vivo, così come i collegamenti via satellite, che hanno portato sui maxischermi di piazza San Pietro i diversi contesti mondiali in cui i sacerdoti si trovano a svolgere il loro ministero. Da Ars l’attuale parroco della cittadina francese di San Giovanni Maria Vianney. Quindi il cenacolo da Gerusalemme, un religioso che opera nelle favelas di Buenos Aires e un parroco di Hollywood. Ambienti differenti, un’unica missione. Il tutto condito dalle note delle Orchestre sinfoniche del Conservatorio «Piccinni» e della Provincia di Bari.«Vorremmo che questo Anno non finisse mai – ha detto il prefetto della Congregazione per il clero, cardinale Claudio Hummes – cioè, che non finisse mai la tensione di ciascuno verso la santità». Di qui il suo grazie al Papa «per ciò ha fatto e sta facendo per tutti i sacerdoti, anche per quelli smarriti». Il Pontefice, ha concluso, «ha già perdonato e sempre perdona il dolore che alcuni gli hanno provocato». Mimmo Muolo
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