giovedì 11 ottobre 2018
A colloquio con il porporato che fu amico del martire salvadoregno. «I suoi diari letti per radio hanno toccato la popolazione»
Il cardinale Gregorio Rosa Chávez, amico del beato Romero, mostra una maglietta col futuro santo

Il cardinale Gregorio Rosa Chávez, amico del beato Romero, mostra una maglietta col futuro santo

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«Sono pieno di gioia. Ho atteso questo momento per tanto tempo… È incredibile che stia accadendo davvero. Oltretutto in una data così profondamente simbolica. Che cosa posso desiderare di più?». Il cardinale Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, non riesce a contenere l’emozione. Ogni sillaba rivela la commozione che prova nel vedere l’amico salire sugli altari. Già l’amico. Oltre che maestro, esempio, guida, per padre Goyo – come ancora ama farsi chiamare – il martire Óscar Arnulfo Romero, di 25 anni più grande, è stato un caro amico. Un sentimento ricambiato. Tanto che il futuro primo santo salvadoregno nomina l’allora «padre Rosa» ben 17 volte nel suo diario. E in una di queste – nella pagina del 18 maggio 1979 – lo definisce «un amico da tanto tempo e molto vicino».

Il beato Romero sarà canonizzato domenica. Perché definisce tale data «profondamente simbolica»?

Perché cade a metà del Sinodo, evento che ha riunito a Roma vescovi di ogni Paese. A ciascuno di essi, Romero viene proposto dunque come fonte di ispirazione, modello e intercessore. Il 14 ottobre da piazza San Pietro partirà uno tsunami spirituale che travolgerà il mondo intero!

Il più piccolo Paese d’America dona ora alla Chiesa universale un’icona del vero sacerdote e vero vescovo. Lei ha più volte detto che il ritratto del pastore fedele abbozzato da papa Francesco somiglia molto a Romero. È così?

Ho sentito il Santo Padre davvero felice e commosso per la canonizzazione. È come se per lui Romero incarnasse l’immagine del pastore di cui la Chiesa ha necessità in questo momento della sua storia. Un uomo in continuo ascolto del Vangelo e, al contempo, attento al suo popolo che accompagna proprio alla luce della Parola di Dio. Un vescovo dallo stile autenticamente cristiano, nel senso che ha imitato lo stile di Cristo.

A proposito del Papa, lei ha espresso più volte il desiderio di averlo in Salvador. Ci ha rinunciato?

Niente affatto. L’abbiamo invitato a fare tappa in Salvador durante il viaggio a Panama per la Giornata mondiale della Gioventù. Gli ho consegnato personalmente la lettera ufficiale. Quando l’ha vista, mi ha risposto: «Mi piace l’idea». Il nunzio, monsignor Rocco Santo Gangemi, ci ha esortato a pregare perché il Papa possa baciare la terra salvadoregna. E noi lo stiamo facendo con slancio! Speriamo di poter tornare sulla questione lunedì, durante l’udienza generale che il Santo Padre ha concesso a 7mila pellegrini.

A 38 anni dall’assassinio di Romero, come vive il Salvador la sua canonizzazione?

Dopo decenni di oblio e menzogne – il martirio post-mortem di cui ha parlato il Papa – c’è una riscoperta collettiva di Romero. Una recente iniziativa ha molto aiutato in tal senso. Il documento più prezioso per conoscere il cuore di Monseñor, come lo chiamiamo noi salvadoregni, è il suo diario. La rete di radio cattoliche l’ha diffuso integralmente, trasmettendone ogni giorno venti minuti per gli ultimi tre mesi. L’hanno ascoltato in tantissimi, di ogni fede e orientamento: da noi la radio è tuttora uno dei media principali. Mi ha commosso quando alcuni, incontrandomi, mi hanno detto: «Grazie perché finalmente ho capito chi era Romero».

Chi era Romero?

Di certo, certo non la testa calda ideologizzata dipinta da certa, interessata propaganda. Monseñor era un gigante della santità. E il diario lo mostra chiaramente. Là emerge il dramma lacerante di un pastore, incalzato continuamente dalla voce di Dio che gli parla attraverso la coscienza e i segni dei tempi. Romero non può fare a meno di seguirla, a costo di incomprensioni perfino da parte di alcuni fratelli vescovi.

Che parole rivolgerebbe al Salvador attuale il profeta Romero?

Romero continua ad essere una Buona Notizia per il Salvador. Nella sua santità è racchiusa la chiave per costruire, finalmente, una nazione pacifica. Certo, per trovarla è necessario conoscere il pensiero di Monseñor e seguirne l’esempio, cosa ovviamente non facile! Come papa Francesco ci ha più volte suggerito, inoltre, dobbiamo invocare l’intercessione di Romero per il nostro amato “Pollicino” (Pollicino d’America è il soprannome del Salvador, ndr).

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