martedì 19 giugno 2012
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Un «cambio di paradigma», un «sussulto etico», che vada oltre le politiche di «aggiustamento strutturale» che sono state già sperimentate in America latina senza portare quella «bella prosperità» che ci si aspetta «dopo i sacrifici». A invocarlo è il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras e presidente di Caritas Internationalis. Avvenire lo incontra dopo che, tra gli applausi, ha tirato le conclusioni del Simposio su "Tempo di crisi? Economia solidale e sviluppo sostenibile. Prospettive a confronto" che si è tenuto ieri in Vaticano, promosso dalla Fondazione Sorella Natura e dalle pontificie accademie delle scienze e teologica. Un intervento in cui il porporato salesiano ha parlato con la consueta parresia, sostenendo che è ora di cambiare un sistema economico-finanziario che crede ancora alla dottrina liberista di «questa "mano invisibile" che non fa nulla tranne che rubare», o rimproverando ai politici lo sguardo corto di chi pensa solo a mantenere il potere di elezione in elezione. E con uno sguardo rivolto all’imminente Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile in programma a Rio de Janeiro. L’intervista parte da questo evento che potrebbe essere occasione di una svolta sul modo di affrontare la crisi che stiamo vivendo. Potrebbe.Eminenza, dal 20 al 22 giugno, si tiene la Conferenza di Rio...Infatti. E come Caritas internationalis abbiamo invitato i partecipanti ad un cambio di paradigma, verso una nuova civiltà dell’amore per l’umanità, che concentri ogni azione nella dignità e nel benessere di uomini e donne. È un invito accorato affinché questo vertice diventi realmente un messaggio di speranza per l’umanità, specialmente per i poveri e gli emarginati.E come si articola questo invito?Chiediamo che si lavori per un futuro senza fame. Per un futuro con una visione, per riaffermare un modello di sviluppo per il benessere di tutta l’umanità, che non si limiti a salvare le banche o il mondo finanziario, ma dando priorità alla giustizia, all’equità, alla sostenibilità ecologica e alla responsabilità. Per un futuro in cui ci preoccupiamo per la nostra casa, il Creato. Per un futuro con una nuova cornice economica “verde” che rispetti i principi etici di equità e solidarietà. Per un futuro che rispetti le donne e gli uomini creati a immagine di Dio.Ma è possibile che tutto questo si possa tradurre concretamente nell’attuale situazione economico finanziaria?Bisogna mettere soprattutto al centro l’uomo non il denaro. Bisogna superare l’economia finanziaria che è volatile, fittizia, basata su pezzi di carta, senza una forte base reale. E poi recuperare un dialogo tra etica e mondo dell’economia. Altrimenti andiamo verso l’abisso. Un sussulto etico è imperativo. Non si può continuare a pensare che la crisi sarà risolta dai grandi banchieri o dai politici. È necessario andare alla radice di tutti i problemi. Finora non è stato fatto. Intanto ieri e oggi in Messico si riunisce il G20...Speriamo che non si risolva con i soliti giochi di parole, rilanciati e amplificati, a volte in modo roboante, dai media, e che però non hanno mordente e rimangono senza conseguenze pratiche per il benessere dei popoli.La dottrina sociale della Chiesa potrebbe essere un buon programma o è utopistico pensarlo?È proprio per aver marginalizzato la dottrina sociale della Chiesa che siamo arrivati a questa situazione. Bisogna tornare ad essa con realismo, e aprendo le porte a idee nuove. Così non si può, ad esempio, pensare che tutto si trova nelle le soluzioni del Fondo monetario internazionale o nella Banca Mondiale. Questi programmi di "aggiustamento strutturale", di austerità li abbiamo già sperimentati in America latina...E quindi li conosce bene...Certamente, quando la crisi colpì il Messico nel 1994 e poi ci fu il cosiddetto "effetto tequila" che contagiò altri Paesi. Le terapie adottate hanno avuto effetti sui dati macroeconomici ma hanno aumentato la povertà e le differenze sociali. E non si è avuta quella bella prosperità che dovrebbe arrivare dopo i sacrifici. Ma è possibile che vent’anni dopo nell’economia mondiale si ripetano sempre le stesse soluzioni secondo un modello ormai esaurito?
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