venerdì 15 ottobre 2010
Dopo la giornata inaugurale, aperta dal messaggio del Papa e dalla prolusione del cardinale Bagnasco, oggi ha preso il via la seconda sessione dei lavori della Settimana Sociale di Reggio Calabria. Le relazioni dei professori Ornaghi, Parsi e Gotti Tedeschi hanno descritto, sotto diversi profili, le sfide di un futuro che, con le parole di Ornaghi, «ancora possiamo costruire».
LA PROLUSIONE DEL CARD. BAGNASCO | IL MESSAGGIO DEL PAPA
- Ecco il terreno dell’unità di Francesco Ognibene
- LE NOSTRE INTERVISTE
- VAI ALLO SPECIALE 46° SETTIMANA SOCIALE
COMMENTA E CONDIVIDI
Si è aperta con la Messa nella cattedrale di Reggio Calabria, presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, la seconda giornata della 46° Settimana Sociale. Il presidente della Cei, nella sua omelia, ha richiamato ancora una volta come il cattolico, soprattuto in quest'ora esigente, non possa tacere l'assoluta novità della fede né possa mancare alla duplice fedeltà a Dio e all'uomo. Solo così, ha continuato il cardinale Bagnasco, egli sarà capace di segnare la storia e costruire una città in cui l'uomo si sente veramente a casa. Si tratta di guardare alla realtà del nostro realtà nel nostro Paese con quella grande speranza che dà significato alle piccole speranze di cui abbiamo bisogno.Subito dopo i lavori si sono spostati al Teatro Comunale di Reggio Calabria, dove si è aperta l'assemblea plenaria presieduta da Edoardo Patriarca. Ha introdotto i lavori Simona Beretta:  «Siamo qui per prendere sul serio la sfida della Caritas in veritate, per un impegno inedito e creativo certamente molto complesso. Dobbiamo conoscere e orientare le nuove dinamiche della società, essendo capaci di riconoscerci come credenti che sono grati di avere ricevuto tanto», ha detto la coordinatrice dei lavori del mattino. «Siamo chiamati ad essere coerenti in una fedeltà dinamica ad una luce ricevuta – ha proseguito la docente dell’Università Cattolica – come dice la Caritas in veritate , con la certezza di essere indispensabili come cattolici alla nostra nazione». La docente ha poi citato un pensiero di Newmann, «tanto caro al Papa – ha detto –: "Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio", ciascuno di noi ha una missione, ciascuno di noi è chiamato a cambiare il mondo per il proprio pezzettino». Secondo la coordinatrice dei lavori, «l’impegno è di capire quali sono i connotati della situazione del nostro Paese e di offrire il nostro specifico contributo in quanto cattolici con tutta la ricchezza dei valori dei quali siamo portatori».La prima  relazione è affidata al professor Lorenzo Ornaghi, che ha parlato su "Lo stato dell'Italia: il presente che c'è, il futuro che ancora possiamo costruire". «Un federalismo bene inteso e correttamente applicato costituisce la principale e forse ormai unica soluzione alle lacerazioni che, anziché comporsi, spesso si allargano e moltiplicano tra il Nord e il Sud dell’Italia». Ne è convinto il rettore dell’Università Cattolica. «Un federalismo ideologicamente inteso e realizzato è inevitabilmente destinato a spezzare l’unità sostanziale del nostro Paese», ha ammonito il relatore, mentre un federalismo «ben inteso e correttamente applicato» è una «possibile composizione politico-istituzionale di una frattura che sempre più incombe sull’intero Paese. E che sempre più condizionerà non solo le prossime configurazioni dei partiti, ma anche le residue probabilità di non cadere definitivamente nella stagnazione dell’attuale politica». Per Ornaghi, un federalismo «autenticamente solidale potrebbe avere due importanti effetti positivi per il futuro»: in primo luogo, «richiamerebbe sia il Nord sia il Sud a far crescere e praticare quella virtù della 'responsabilità' – spesso evocata e raramente praticata – non solo nei confronti dell’intero Paese, ma anche rispetto a se stessi». In secondo luogo, «per essere applicato con successo, un federalismo solidale comporterà di necessità la formazione e il radicamento di un ceto politico» con le «rappresentanze sociali».Ha preso poi la parola Vittorio Emanuele Parsi, docente di relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha parlato de "Le trasformazioni del sistema politico internazionale. Asimmetria dei poli, diversificazione degli attoti, moltiplicazione delle arene". «L'Europa resta uno dei luoghi di eccellenza dell’azione della società civile, articolata in innumerevoli punti di vista non necessariamente, e per fortuna, concordi sulla visione del sistema politico internazionale e sulla stessa idea d’Europa», ha detto Parsi. «Ma questa ricchezza viene a essere esaltata dal suo non pretendere di essere un asset sostitutivo di quelli più tradizionali, e immutabili, della politica internazionale – ha aggiunto –. Il dibattito interno alle società civili del continente europeo, d’altronde, consente anche di ricordare che il tratto politico comune dell’identità europea, se si esclude proprio il tessuto istituzionale e quanto la produzione normativa realizza massicciamente, resta ancora debole e tutt’altro che univoco». Persino nella declinazione più immediata delle condivise libertà politiche, «che pure sono tutelate in tutti i Paesi membri, le differenze tra Paese e Paese e all’interno dei singoli Paesi restano sostanziali – ha proseguito Parsi –: basti pensare all’incandescente campo della bio-politica o alla regolazione dei rapporti tra lo Stato e le autorità religiose, o all’effettivo ambito di esercizio della libertà religiosa, con particolare attenzione alle manifestazioni più appariscenti o pubbliche delle più intime scelte di fede». Dopo Parsi è stata la volta del professor Ettore Gotti Tedeschi, che ha parlato di "La crisi economica globale: origini, rischi e opportunità". «L’origine della crisi economica? Il fatto che le famiglie non fanno più figli». Così il presidente dello Ior si è rivolto ai delegati riuniti nel teatro. «Il crollo della crescita demografica nei Paesi occidentali ha determinato un calo del Pil, accompagnato da altri fenomeni come la crescita dei costi fissi, la diminuzione dei risparmi, l’aumento delle tasse. Tra i tentativi di compensazione si è cercato di aumentare la produttività, si è percorsa la strada della delocalizzazione, ma anche la strada pericolosissima della crescita a debito, con anche la conseguenza dell’espansione creditizia del sistema bancario, cosa che oggi viene spesso indicata come causa della crisi globale», ha detto Gotti Tedeschi. L’uscita dalla situazione determinatasi, ha aggiunto «può avvenire per diverse strade, dal default come da modello Argentina, alla bolla finanziaria, fino all’austerità». E ha aggiunto: «Senza fare figli si può vivere, ma cambia il ciclo economico, non c’è ricchezza, si cresce solo per i consumi». La prospettiva per Ettore Gotti Tedeschi è a tinte scure: «Bisogna tirare la cinghia, prepararsi a pensioni da fame. Si produce meno Pil, si investe meno in tecnologia e ricerca, crescono le tasse e si riducono gli investimenti». Uno scenario che chiede un’inversione di tendenza. «Deve riprendere il circolo virtuoso – ha detto ancora il presidente dello Ior – anche se il momento attuale è difficile. Si sente la povertà e questo scoraggia le coppie, disincentiva a fare figli. Eppure questi sono il valore più grande. Sarebbe opportuno fare subito una politica di incentivi finanziari e fiscali per le famiglie, per la loro formazione e per il sostegno all’educazione dei figli. Sgravi fiscali per le spese scolastiche, fino a completamento del ciclo di studi. E incentivazioni alle imprese per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. Così potremmo sperare di combattere la paura».Alla fine della mattinata la professoressa suor Alessandra Smerilli ha presentato i lavori delle sessioni tematiche, che si svolgono nel pomeriggio. Le sessioni sono cinque, dedicate a lavoro e impresa, educazione, inclusione, mobilità sociale, transizione istituzionale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: