mercoledì 25 maggio 2011
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Chissà se qualcuno avrebbe potuto immaginare un simile intreccio di date e di eventi. Il 25° anniversario della Giornata Mondiale della Gioventù, la beatificazione del suo inventore, Giovanni Paolo II, che ne diventa anche il patrono, e la nuova tappa, Madrid 2011, di una storia che continua. Il tutto, per di più, concentrato in pochi mesi di un anno straordinario per la vita della Chiesa.No, decisamente questo concatenarsi di avvenimenti era difficile da immaginare. E non tanto 25 anni fa, quando la «profetica intuizione» di Papa Wojtyla muoveva i primi passi.Ma anche solo in quei drammatici e insieme fecondi primi giorni del mese di aprile del 2005, mentre il mondo accoglieva la notizia della morte del grande Papa e da Piazza San Pietro si levava il grido del «santo subito», che proprio adesso riceve una sua prima conferma a livello ufficiale e a tempo di record. Ancora di più, dunque, la piccola storia della Giornata Mondiale della Gioventù (piccola nel senso di ancora breve: 25 anni sono un soffio di vento nella vicenda bimillenaria del Vangelo) si colloca nel cuore della Grande Storia della Chiesa. E del resto è un po’ nel suo dna, questa collocazione. Dato che i giovani erano nel cuore di Giovanni Paolo II e lo sono adesso in quello di Benedetto XVI, che ne ha raccolto l’eredità, dimostrando subito la sua predilezione per le nuove generazioni, pur con uno stile completamente diverso, anche se ugualmente efficace. Così, a distanza di sei anni dalla prima edizione, anche questo libro che narra come la Gmg è nata, è cresciuta e si è articolata nelle sue diverse fasi chiede di essere aggiornato non solo perché nel frattempo ci sono stati altri due incontri mondiali (Colonia 2005 e Sidney 2008) e un terzo è alle porte. Ma soprattutto perché il tempo trascorso ha reso ancora più evidenti i tratti distintivi del rapporto Chiesa-giovani. Non erano pochi, infatti, quelli che sul finire del Pontificato di Papa Wojtyla nutrivano dubbi sulla tenuta delle Gmg, legate indissolubilmente, secondo alcuni, alla figura carismatica del loro iniziatore. Oggi sappiamo che non è così. E del resto le avvisaglie c’erano già state, se solo si pensa che il Wojtyla del 1984-85, quando tutto ebbe inizio, non era certamente - nel fisico - il Papa del 2002 a Toronto, o quello che nel giugno del 2004 a Berna ebbe di fatto l’ultimo incontro pubblico con i giovani, nel palazzetto dello sport della capitale svizzera. Eppure il suo 'fascino' era rimasto immutato. Perché? La risposta è semplice: perché Giovanni Paolo II aveva puntato sull’essenziale, cioè su Cristo. E il 'fascino' che aveva sparso a piene mani nei suoi viaggi e nelle Gmg celebrate in tutto il mondo era in realtà quello di Gesù. Ecco perché per la 'Generazione Giovanni Paolo II', cioè quei giovani cresciuti durante il suo Pontificato, è stato naturale continuare a camminare sulla strada tracciata dal Pontefice polacco anche con il suo successore. In tal modo la Generazione Giovanni Paolo II è diventata Generazione Gmg e quello che nel 2005 poteva sembrare una cesura (la morte del Papa, l’elezione del nuovo Pontefice, il suo diverso stile) è diventato un comodo ponte da attraversare. Questo non per nascondere le differenze che - sicuramente - rispetto a 25 anni fa ci sono eccome, ma per guardare alla storia che ci accingiamo a ripercorrere dalla giusta prospettiva. In tal senso un contributo interpretativo non da poco è giunto proprio di recente dal cardinale Antonio Maria Rouco Varela. L’arcivescovo di Madrid (che organizzò la Gmg di Santiago di Compostela nel 1989 e ora si appresta a ricevere il Papa e i giovani nella capitale spagnola), in un’intervista ad Avvenire, ha detto: «Siamo di fronte alla terza generazione di ragazzi che passano attraverso le Gmg. La prima fu quella del ’68, attraversata da fermenti rivoluzionari, segnata dalla mentalità del 'proibito proibire', vogliosa di libertà, ma in questo suo anelito anche contraddittoria, giacché alla fine si alleò con l’ideologia più totalitaria e liberticida del mondo, il marxismo-leninismo». La seconda generazione, ha ricordato Rouco Varela, «fu quella del 1989, che si era formata alla scuola di Giovanni Paolo II ed è legata, cronologicamente, alla caduta del Muro di Berlino e alla fine delle ideologie. Era una generazione più attenta alla dimensione spirituale, una generazione che senza dubbio è stata sensibile al carisma e all’insegnamento del Papa polacco». La terza, infine, «è quella attuale, cioè la generazione di Internet e dei social network. Sono giovani che divorano comunicazione, ma alla fine rischiano di fare esperienza di solitudine, poiché magari si rivelano incapaci di autentici rapporti interpersonali. È una generazione spesso portata a crearsi una 'realtà virtuale', per bypassare le fatiche, ma anche le gioie, della realtà di tutti i giorni. Ora la sfida - concludeva il cardinale - è annunciare Cristo anche a questa terza generazione». Sarà una sfida possibile? La risposta dell’arcivescovo di Madrid tiene presente la grande lezione di Giovanni Paolo II e la attualizza alla luce dell’insegnamento di Benedetto XVI. «Anche 25 anni fa la Chiesa temeva di non riuscire più a parlare ai giovani, fin quando, per una feconda intuizione di Papa Wojtyla, decise di dar vita alle Giornate Mondiali della Gioventù. Noi siamo chiamati, ora come allora, a non aver paura di dialogare con la generazione attuale, servendoci dei mezzi che abbiamo ed entrando in questi mezzi con la nostra presenza e la nostra parola». Per questo, anche nell’epoca di internet e delle comunicazioni in tempo reale, un libro che ripercorra la storia delle Giornate mondiali della Gioventù, proprio nell’anno in cui Giovanni Paolo II viene beatificato e i giovani della 'Generazione Gmg' fanno rotta verso Madrid, onn è un mero esercizio della memoria. È anzi un itinerario che, partendo dalla storia, si proietta verso il futuro e cerca di scorgerne contorni e protagonisti alla luce del Vangelo. Come del resto seppe fare il Papa polacco 25 anni fa.(dall’introduzione a «Generazione Gmg», Àncora, 10 euro)
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