martedì 25 maggio 2010
Aprendo l’Assemblea generale della Cei il cardinale presidente ha indicato nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e nel lavoro le realtà strategiche per il futuro. Dal porporato l’auspicio che il 150° anniversario dell’Unità d’Italia diventi felice  occasione per «un nuovo innamoramento dell’essere italiani».
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Il Paese resti unito e il traguardo dei 150 anni dell’unificazione diventi «una felice occasione per un nuovo innamoramento dell’essere italiani». Il che significa soprattutto adoperarsi a favore della «famiglia fondata su quel bene inalterabile che è il matrimonio tra un uomo e una donna» (servono ad esempio misure «come il quoziente familiare» per far fronte «al lento suicidio demografico»). E vuol dire anche prendere sul serio la questione della creazione di posti di lavoro.Nel giorno in cui il cardinale Angelo Bagnasco apre la 61ª Assemblea generale della Cei, ribadendo a nome di tutti i vescovi italiani «il vincolo di comunione» con il Papa, «l’affetto e la preghiera per lui», i temi toccati dal presidente della Conferenza episcopale italiana nella sua prolusione costituiscono una piccola summa delle questioni di maggiore attualità sia sul fronte sociale e politico, sia su quello ecclesiale e dei rapporti Chiesa-mondo. È un discorso, quello dell’arcivescovo di Genova, che non teme di affrontare ad esempio «la vicenda della pedofilia e delle sofferenze ad essa connesse». Ma lo sguardo ad intra non impedisce al cardinale di dire una parola chiara anche sulla situazione del Paese, specie in una «condizione di pesante difficoltà economica».La famiglia. È una delle due realtà «strutturalmente strategiche», ha fatto notare Bagnasco. E va continuamente preservata «quale crogiuolo di energia morale, determinante nel dare prospettive di vita al nostro presente». Invece l’Italia «sta andando verso un lento suicidio demografico» e dunque «urge una politica orientata ai figli, che voglia da subito farsi carico di un equilibrato ricambio generazionale». Per questo il presidente della Cei che «si pongano in essere iniziative urgenti e incisive», tra le quali «il quoziente familiare è l’innovazione che può liberare l’avvenire della nostra società».Il lavoro. E la seconda realtà strategica, ma oggi spesso «latita» e quindi è necessario «un supplemento di sforzo e di cura all’intera classe dirigente del Paese: politici, imprenditori, banchieri e sindacalisti. In altri termini occorre «procedere, senza ulteriori indugi, a riforme che producano crescita, mettere il più possibile in campo risorse che finanzino gli investimenti, potenziare le piccole e medie industrie, qualificare il settore della ricerca e quello turistico, potenziare l’agricoltura e l’artigianato, sveltire la distribuzione, facilitare il mondo cooperativistico».L’unità d’Italia. Queste misure orientate al futuro, non possono far dimenticare la storia e delle tradizioni del Paese. Mentre si avvicina il 150° dell’unità d’Italia, Bagnasco ha ribadito che questa unità «resta una conquista e un ancoraggio irrinunciabili: ogni auspicabile riforma condivisa – ha dunque aggiunto –, a partire da quella federalista, per essere un approdo giovevole, dovrà storicizzare il vincolo unitario e coerentemente farlo evolvere per il meglio di tutti». Perciò Bagnasco ha invitato a «superare le contrapposizioni che residualmente affiorano» e a pensare il Paese «come un insieme vivo e dinamico, consapevole e grato per la propria identità e per questo accogliente e solidale con quanti approdano con onestà e impegno alla ricerca di un futuro più umano».La vicenda della pedofilia. «Veniamo da una stagione carica di sofferenza e di pena», ha detto il cardinale. Ma, ha aggiunto, «Pietro si è messo avanti a noi e si è caricato, per primo lui, la croce». Bagnasco ha ricordato innanzitutto le vittime, esprimendo «dolore, profondo rammarico e cordiale vicinanza». Ha quindi fatto notare che anche chi ha abusato «ha bisogno ad un tempo della giustizia, della cura e della grazia». Infine ha rilevato come «le direttive chiare e incalzanti da tempo impartite dalla Santa Sede confermano tutta la determinazione a fare verità fino ai necessari provvedimenti, una volta accertati i fatti». L’episcopato italiano, ha quindi aggiunto, «ha prontamente recepito tali disposizioni, intensificando lo sforzo educativo nei riguardi dei candidati al sacerdozio».Accanto al Papa. In questa vicenda Joseph Ratzinger, ha ricordato il presidente della Cei, ha «svolto un ruolo costantemente propulsivo. Intransigente contro ogni sporcizia, egli ha propugnato scelte di trasparenza e di pulizia». Egli dunque «è il Pastore all’altezza delle sfide, che affronta con credibilità e lucidità in questo tempo difficile». Per questo, ha ribadito Bagnasco, «noi non lo lasciamo solo. E non lo lasciano solo neppure le nostre comunità che almeno in due momenti (il 19 aprile e il 16 maggio) hanno voluto anche dimostrarlo pubblicamente».Accanto ai sacerdoti. Notando poi che il clamore giustamente suscitato dai casi di pedofilia dovrebbe indurre anche a una seria riflessione sull’«ipocrisia» con cui si passa sopra alla «spersonalizzazione alla quale è soggetta l’infanzia nella rete» e a certe pratiche di turismo sessuale, Bagnasco ha voluto riaffermare «l’integrità dei nostri preti, del nostro personale religioso, dei nostri ambienti» e assicurare che «faremo di tutto per meritare sempre e sempre di più la fiducia dei genitori». L’anno sacerdotale che sta per concludersi, ha detto, «è una circostanza provvidenziale», così come «il dono del celibato è per i preti «un’esperienza di amore realizzante che fa fiorire l’umanità del sacerdote e la trasforma in una dedizione incondizionata».Infine la sfida educativa, frontiera del prossimo decennio pastorale. «La Chiesa italiana, ha sottolineato Bagnasco, «intende continuare a interpretare la propria missione senza complessi e senza menomazioni». Perché il futuro dipende anche dalla capacità di educare, vero antidoto «alla disintegrazione sociale».
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