venerdì 14 marzo 2014
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«Il Nobel per la pace a cui è stato da poco candidato? Non credo gli interessi. A Francesco – per come lo conosco – im­porta che tutti noi cristiani ci facciamo costrut­tori di pace. Nelle relazioni prossime e in quelle tra nazioni, che sono poi la proiezione su gran­de scala dei rapporti tra esseri umani. Il richia­mo continuo del Papa alla fraternità – come con­seguenza dell’essere tutti figli di uno stesso Pa­dre – è la radice della pace: se riconosco nell’al­tro un fratello non posso bombardarlo. Per que­sto, “ho un debole” per lui...». Adolfo Pérez E­squivel non ha mai nascosto la sua ammirazio­ne per il connazionale designato come succes­sore di Pietro. Fin dai primi giorni dell’elezione – durante i quali per coincidenza si trovava in I­talia –, il più noto attivista per i diritti umani ar­gentino, a sua volta, premiato con il Nobel nel 1980, ha prontamente smentito le accuse infon­date di una presunta connivenza tra l’allora pro­vinciale dei gesuiti, Jorge Mario Bergoglio, e l’ul­tima, feroce dittatura militare. «Ho detto solo la verità – dichiara il direttore del Servizio giustizia e pace di Buenos Aires –. E in questi dodici me­si in cui avete imparato a conoscere Francesco sono certo che non ci siano più dubbi. Ogni vol­ta che penso a lui, mi viene in mente la frase di Giovanni XXIII: apriamo le finestre per far en­trare aria nuova nella Chiesa. Ha visto che cosa ha combinato a Rio?».A che cosa si riferisce in particolare?All’invito ai giovani, durante la Gmg, di fare «lío», cioè caos, confusione, ad essere ribelli. Ma ribelli con una causa non inutilmente. La causa di Ge­sù: realizzare il sogno di Dio di un mondo più “a misura di uomo”. Tanti ragazzi l’hanno preso in parola: in molti stanno mettendo in pratica quel-­l’esortazione, impegnandosi per i più fragili. Che è il modo in cui Dio ci chiede di essere amato...«Dov’è tuo fratello?», ha detto una volta l’allo­ra cardinale Bergoglio per sensibilizzare l’opi­nione pubblica contro la tratta...Me lo ricordo. E con la stessa veemenza evange­lica ha denunciato «la globalizzazione dell’in­differenza », l’espandersi del narcotraffico, della marginalità sociale. Non è un caso che per il pri­mo viaggio abbia scelto Lampedusa: da luogo simbolo di disperazione, l’isola può diventare un laboratorio di accoglienza. La sua opzione pre­ferenziale per i poveri si inserisce nella tradizio­ne della Chiesa latinoamericana emersa nelle Conferenze post conciliari di Medellín e Puebla. Di Francesco, però, mi conquista soprattutto la capacità di analizzare lucidamente i problemi e di cercarne la soluzione, a partire dal Vangelo.Se dovesse scegliere tre caratteristiche che de­finiscono papa Bergoglio?L’allegria. Con il suo sorriso costante mostra con­cretamente che il Vangelo può essere una gran­de fonte di energia e serenità. Francesco sa di a­vere una responsabilità enorme: eppure non la vive con angoscia, ma con la gioia di chi segue lo Spirito. E qui il suo secondo tratto distintivo: la profonda spiritualità. È un pastore capace di ascoltare il silenzio di Dio. Vorrei sottolineare, in­fine, il suo atteggiamento permanente di servi­zio all’uomo, a qualunque uomo.Che augurio gli vorrebbe fare per il suo primo anno da “vescovo di Roma”?Di andare avanti così. Ogni sera, la mia famiglia e io, diciamo una preghiera per lui. Chiediamo allo Spirito di continuare a dargli forza e grazia. E sono in tanti a farlo, a Buenos Aires e nel resto del pianeta. Perché Francesco ha riacceso una fiammella di speranza in un mondo afflitto.
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