lunedì 24 settembre 2012
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Non si sente proprio un «prete da Guinness dei primati», come in tanti lo hanno definito, ma più semplicemente un sacerdote grato alla provvidenza divina per il lungo ministero vissuto ininterrottamente in una piccola comunità, dove ormai è visto come un autentico padre dai suoi figli.Monsignor Alessandro De Sanctis, 94 anni portati con invidiabile leggerezza, ha da poco festeggiato i 70 anni di ordinazione sacerdotale nella stessa parrocchia, quella di Santa Maria Assunta di Filettino, in diocesi di Anagni-Alatri e in provincia di Frosinone, dove arrivò praticamente appena ordinato e in cui è parroco da ben 63 anni. È lui stesso a dire che il suo è con molta probabilità «il più lungo periodo di servizio come parroco nella stessa comunità in Italia».Ma, come si diceva, don Alessandro, sguardo penetrante e tratto gentile, tende a rifuggire dalle celebrazioni da primato, preferendo far memoria «con gratitudine immensa e con il bisogno di chiedere perdono al Signore per le tante mancanze», di una esperienza bellissima, che troverà ora la più significativa sintesi nell’udienza che papa Benedetto XVI gli concederà oggi a Castel Gandolfo. «Sarà di sicuro un giorno di grande gioia per me – confida don De Sanctis – che mi darà l’occasione di confermare il mio servizio totale a Dio e alla Chiesa nelle mani del Pontefice». È una straordinaria coincidenza, tra l’altro, per lui, nato nel 1918, sotto il pontificato di Benedetto XV, incontrare oggi colui che ha scelto di portare il nome di Benedetto anche in omaggio al Papa che definì il primo conflitto mondiale «inutile strage». «L’arco della mia vita – puntualizza don Alessandro – ha coinciso con ben otto pontificati!». Tra i tanti ricordi dei Papi, uno in particolare si è scolpito nella vivida memoria del parroco. «Era il 1931», racconta come fosse oggi, «e con gli altri ragazzi del Seminario minore di Anagni ebbi la possibilità di essere ricevuto in udienza privata da Pio XI, proprio nei giorni in cui il fascismo sferrava un duro attacco contro la Chiesa e le sue organizzazioni laicali impegnate in campo educativo. Ricordo benissimo che papa Ratti mi mise una mano sulla testa chiedendomi da dove venissi». Degli altri Papi del Novecento monsignor De Sanctis ricorda con singolare affetto Giovanni Paolo II che, durante una visita pastorale ad Anagni, «invitai personalmente a venire a sciare sui monti di Filettino». Per il resto il vecchio parroco, che a vederlo gli daresti almeno dieci anni di meno, conserva gelosamente le cose più belle della sua lunga storia di amicizia con Dio e con la gente che ha servito. A cominciare dai «carissimi e religiosissimi genitori», papà Carmine, una vita di lavoro come boscaiolo, anche lontano da casa, e mamma Cristina Mercuri, insieme alla sorella, che oggi vive con lui, e a un fratello perso prematuramente in giovane età. Ecco poi il trasferimento a Filettino, dove era parroco uno zio paterno, don Filippo De Sanctis, per finire la scuola elementare. E poi gli anni di Seminario e l’ordinazione sacerdotale in piena guerra. A Filettino, centro a mille metri di altitudine che oggi conta appena 450 residenti e che in estate torna a vivere grazie a emigrati e turisti, don Alessandro tornò subito come vice-parroco dello zio paterno, cui succedette nel 1949. Da 70 anni dunque la sua vita e quella della graziosa località montana del Frusinate sono legate a doppio nodo. «Uno degli episodi che più ci ha uniti – ricorda il parroco – è stato durante l’occupazione nazista. In parrocchia avevamo dato asilo a prigionieri alleati e partigiani ma una spiata al vicino comando nazista causò una rappresaglia soprattutto da parte dei fascisti che ci misero fuori casa. Mi ritrovai con tanti filettinesi radunati in un punto del paese dove fraternizzammo ancora di più». Oggi don Alessandro, che si tiene in forma «con tanta preghiera, l’aria buona dei monti e le acque salutari di Filettino che bevo ogni giorno», continua a tener viva la pastorale ordinaria nel piccolo borgo, anche se lo spopolamento avanza e quest’anno ha celebrato appena due matrimoni. «Ma il da fare non manca: ci sono tante ricorrenze durante l’anno, come le speciali celebrazioni per il patrono san Bernardino da Siena, il cui corpo è stato qui da noi in peregrinatio dall’Aquila nel 2010». E a vedere l’affetto con cui i suoi parrocchiani lo salutano per strada, si capisce come questa gente sia profondamente grata al lungo e fedele servizio di colui che è diventato per tutti un vero e proprio padre.
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