mercoledì 18 dicembre 2013
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Pietro Favre, primo seguace di Ignazio di Loyola insieme a Francesco Saverio e primo sacerdote della Compagnia di Gesù, da ieri è santo. Papa Francesco, ricevendo in udienza il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, dopo aver ascoltato la sua relazione ha infatti esteso alla Chiesa universale il culto liturgico del gesuita che era stato beatificato da Pio IX il 5 settembre 1872. Una canonizzazione anticipata da Avvenire il 23 novembre e avvenuta nella forma cosiddetta «equipollente», cioè secondo quanto stabilito a suo tempo da Benedetto XIV: «senza alcuna sentenza formale definitiva, senza aver premesso alcun processo giuridico, senza aver compiuto le consuete cerimonie», ma con il riconoscimento da parte del Pontefice di un culto antico e diffuso del servo di Dio o del beato, della costante e comune attestazione delle sue virtù o del suo martirio, della ininterrotta fama di prodigi. Le ultime canonizzazioni siffatte erano state quelle di Angela da Foligno lo scorso 9 ottobre, di Ildegarda di Bingen il 10 maggio 2012 e, più indietro, quelle dei martiri Marco di Krizevci, Stefano Pongrácz e Melchiorre Grodziecki (questi ultimi due gesuiti) il 2 luglio 1995.Quella di ieri è una canonizzazione che ha un sapore speciale anche perché avviene nel giorno del compleanno di papa Francesco, riguarda uno degli iniziatori della famiglia religiosa a cui appartiene e soprattutto riguarda una figura che è stata per lui fonte di ispirazione, come ha rivelato nell’intervista concessa al direttore della Civiltà Cattolica Antonio Spadaro (il quale ha curato il volume Pietro Favre. Servitore della consolazione, edizioni Ancora, da oggi in libreria). Francesco sottolineò allora queste qualità del nuovo santo: «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità immediata, il suo attento discernimento interiore, il fatto di essere uomo di grandi e forti decisioni e insieme capace di essere così dolce, dolce».Pietro Favre nasce nel 1506 nel villaggio di Villaret, in Savoia, da una famiglia dedita alla pastorizia. Dotato intellettualmente e desideroso di studiare («Piangevo affinché mi concedessero di andare a scuola» ricorderà nel suo diario spirituale) può realizzare il suo sogno grazie all’aiuto di uno zio sacerdote, che gli permette di arrivare a 19 anni alla Sorbona di Parigi, dove si licenzia in filosofia. Insieme al gotha della cultura europea incontra uno studente basco di 15 anni più grande di lui, Ignazio, con cui finisce per condividere l’alloggio al collegio Santa Barbara. Favre ne diventa il tutore in umanità e arti, Ignazio diventa la sua guida spirituale. Finita l’esperienza parigina, inizia per quel giovane religioso dal carattere riservato un periodo di viaggi intensissimi. In pochi anni si reca in Francia, Italia, Paesi bassi, Portogallo, Spagna e Germania, dove partecipa alle diete di Worms e Ratisbona come inviato di papa Paolo III. Per la sua cultura, la sua sensibilità umana e la sua profonda vita interiore – influenzata anche dalla mistica renana – Favre dove passa lascia un segno. Il suo esempio è cruciale nella vocazione gesuitica di due santi come Francesco Borgia, che incontra a Barcellona quando è ancora Duca di Gandía, e di Pietro Canisio, l’apostolo della Germania, che nella sua autobiografia così scriverà del confratello: «Non ho mai visto o sentito un teologo più colto e più profondo, o un uomo di tale e impressionante ed eccezionale santità... Ogni sua parola, sia nella conversazione sia negli incontri amichevoli, anche mentre si è a tavola, è ispirata al rispetto di Dio e alla pietà ed egli non diventa mai tedioso o noioso per i suoi ascoltatori... numerosi sacerdoti ed ecclesiastici di ogni condizione hanno rinunciato al disordine, o hanno lasciato il mondo o si sono convertiti da gravi deviazioni, grazie alle sue esortazioni e al suo aiuto». La portata del suo sforzo missionario ne causa probabilmente anche la fine precoce: Favre muore a soli 40 anni, nel 1546. Lascia dietro di sé, oltre a un’impronta nella storia, un diario spirituale, il suo Memoriale, così affascinante per il gesuita Bergoglio, che in Argentina ne commissionò un’edizione critica a due specialisti.Sempre ieri il Papa ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi anche a promulgare i decreti riguardanti il miracolo attribuito all’intercessione della venerabile Maria Teresa Demjanovich, statunitense, della Congregazione delle Suore della Carità di Sant’Elisabetta; le virtù eroiche del servo di Dio Emanuele Herranz Establés, sacerdote spagnolo fondatore delle Religiose Esclavas de la Virgen Dolorosa; e del servo di Dio Giorgio Ciesielski, laico e padre di famiglia polacco.
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