venerdì 10 marzo 2017
"Itinerari di fede e progetti chiari per discernere e integrare le fragilità secondo le indicazioni di Amoris laetitia". Una lettura alla vigilia del primo anniversario dell'Esortazione postsinodale
Il vescovo Enrico Solmi

Il vescovo Enrico Solmi

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Sull'edizione cartacea Avvenire di venerdì 10 marzo abbiamo pubblicato un'intervista al vescovo di Parma, Enrico Solmi - che ha preso parte al "doppio Sinodo" sulla famiglia 2014-2015 - su alcuni dei passaggi più delicati di Amoris laetitia, in particolare legati al capitolo ottavo. Proponiamo ora la versione integrale dell'ampia intervista concessaci che, per motivi di spazio, non è stato possibile ospitare sul nostro quotidiano.


Accogliere, accompagnare, discernere e integrare. Sono le quattro parole chiave di Amoris Laetitia. Ma concretamente, quali soluzioni pastorali adottare per i vari casi, visto che il Papa invita i pastori a valutare in modo differenziato le varie forme di partecipazione alla vita ecclesiale dei divorziati risposati in modo che ciascuno possa incamminarsi sulla strada della salvezza?

I quattro verbi menzionati, che rappresentano altrettante sfaccettature della Misericordia che pervade tutto il testo di Amoris Laetitia – tutti ne abbiamo bisogno! - sono applicati, in forma specifica, nel capitolo ottavo alle situazioni di particolare fragilità. Come traspare nell’immagine della Madonna della misericordia, sotto l’unico mantello ci sono persone diverse con la loro storia e la loro singolarità, da cui scaturiscono domande che bisogna saper cogliere. Per tutti la richiesta è di venire riconfermati nella certezza di essere amati da Dio e di essere membra, anche inferme, ma vive della Chiesa. La domanda può presentarsi anche sotto il segno della critica, del chiarimento nei confronti di altre situazioni di fragilità, dell’attesa delusa di attenzioni e premure. C’è poi la richiesta di essere accompagnati nella ricerca di un senso e di ritrovare serenità e pace dopo una dura esperienza, o di capire come leggere in coscienza e come si colloca nella Chiesa una nuova relazione che ha preso forma. Qui trova spazio anche la richiesta di essere riammessi all’Eucaristia e al Sacramento della Riconciliazione, oltre che venire sciolti da altre forme di esclusione liturgiche o partecipative. Amoris Laetitia chiede alla Chiesa di leggere insieme a queste persone le loro storie, per discernere quanto successo, come ci si è posti, il peso delle azioni compiute, e per offrire il sostegno e l’aiuto che – in alcuni casi - potrebbe interessare anche la riammissione ai sacramenti. La soluzione pastorale è l’ascolto, il discernere per aiutare a formulare una lettura più chiara e rasserenante che ha come protagonista, come soggetto, la coscienza formata e retta delle persone. Tutto questo va predisposto in forme concrete, sapendo chi può farlo, dando nomi, numeri di telefono, indirizzi mail, offrendo una progettualità facilmente reperibile, e invitando la comunità cristiana a comprendere e sostenere questa proposta. Anche questa azione educativa interna è indispensabile.


In particolare, chi deve guidare i sei punti del discernimento approvati dal Sinodo, “secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo” (esame di coscienza, comportamento verso i figli, tentativi di riconciliazione, ecc). Dev’essere sempre il vescovo? Un sacerdote? Un’équipe?

Proprio il concreto percorso al quale abbiamo accennato interessa tutta la comunità cristiana. Ci sono membri che avvertono la loro fragilità e che hanno maturato il desiderio di compiere dei passi in avanti. Chiedono alla Chiesa – nella persona del parroco, di un amico, del Vescovo…- di rendersi disponibile ad ascoltarli e accompagnarli. Occorre pertanto pensare un gruppo con laici, sposi in particolare, persone consacrate, un presbitero… che – secondo il mandato del Vescovo – si sono formati a questo e hanno predisposto un percorso di fede che ha un carattere comunitario, secondo la sana metodologia dei rapporti da tessere tra gli adulti. Esso può partire dalla Parola di Dio, toccare temi diversi che emergono anche in itinere, mentre - come l’esperienza insegna – può maturare una progressiva crescita spirituale. Si instaura un clima di fiducia nel quale può nascere la richiesta di un dialogo e di un confronto, anche privato, con i singoli membri di questo gruppo. Questo percorso può facilitare l’esame di coscienza dettagliatamente descritto nel n. 300, una revisione in “foro interno”, davanti a Dio, che deve trovare la disponibilità di un presbitero adeguatamente preparato e, caso mai, delegato dal Vescovo. Quindi vedo la proposta di un itinerario di fede che porta a un discernimento in foro interno, da attuarsi con un presbitero che accompagna, aprendo anche la possibilità di riconoscere ulteriori approdi. Questa è una via concreta perché sperimentata e foriera di serenità e di pace nel Signore.


Si tratta di un percorso sicuramente impegnativo dal punto di vista spirituale ma anche temporale perché occorre rispettare la gradualità di un cammino di reintegrazione che potrebbe anche durare anni. Un’ipotesi sensata?

La sensatezza della proposta nasce proprio dall’attenzione posta sulla persona, con la sua storia, che pertanto si sente accolta nella sua unicità e trova nella Chiesa più che una “caserma”, dove tutti hanno in dotazione le stesse cose, una casa che si ricostruisce e si rende bella perché restaurata e impreziosita con il tempo e il lavoro. Le persone in questi percorsi – quando funzionano e se ci sono le motivazioni giuste – progressivamente si trovano a loro agio, possono aprirsi e rintracciare dimensioni e riscoprire valori particolarmente importanti. Penso alla maturazione della pace interiore, il coraggio di dare e chiedere perdono, di guardarsi dentro, di leggere il vangelo come una lettera personale inviata dal Signore. Anche maturare l’idea di verificare la validità canonica del matrimonio che si è rotto. Allora il tempo che scorre non è un problema, ma un salutare sbocciare dentro la Chiesa, insieme ad altri che vivono la stessa condizione, in cammino verso un fine che il Signore disegna per loro nella verità della sua Parola e della cura verso la loro persona. Occorre che ci sia o cresca una motivazione vera ed anche una consapevolezza della comunità cristiana che senta come proprio questo percorso e preghi per queste sorelle e fratelli, accompagnandoli con simpatia e disposta ad accogliere e riconoscere anche l’esito di questo discernimento.

Molto complessa appare anche la valutazione morale che tenga conto dei differenti gradi di responsabilità. “Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (AL 301). Quale potrebbe essere il criterio per esaminare queste situazioni?

Innanzitutto occorre ribadire che non è corretto parlare, indiscriminatamente, di peccato “mortale”, quanto piuttosto di uno stato di oggettivo disordine rispetto a quanto il Signore ci dice. Certo, può essere una forma anche grave di disordine che però diventa “mortale” solo con l’adesione cosciente, piena e voluta del soggetto. Possiamo dire con Amoris Laetitia n. 303 che, restando ben chiara la verità del matrimonio (la vetta del monte, permettetemi l’immagine), tanti possono essere in un sentiero buono, essendosi rialzati dopo un momento di caduta o di fatica per rimettersi in strada e camminare. Può anche succedere che, per alcuni, quel punto raggiunto sia, per ora, il massimo possibile ( AL 305); qui li raggiunge la grazia di Dio e qui deve anche raggiungerli e accompagnarli la Chiesa che ha deciso, con la pluralità dei suoi membri, di fare proprio questa strada per incontrare il maggior numero possibile di persone, coppie, famiglie che hanno vissuto o vivono anche la fragilità. La Chiesa sa bene che altri – con altrettanta umiltà e ugualmente bisognosi di misericordia – fanno la scoscesa via diretta o sono in cima; mentre è contenta per questi, desidera ancor più camminare con tutti gli altri. In questa scelta – indicata da Amoris Laetitia – il criterio credo sia l’applicare lo spirito che anima l’esame di coscienza dettagliato in AL 300: incontrare e ascoltare permette di cogliere come è avvenuto il precedente matrimonio, se ci siano state delle condizioni che ne attutiscono la responsabilità; quindi discernere le situazioni per vedere insieme i passi da fare e, nella rettitudine della coscienza, accogliere anche superando alcune forme di esclusione (AL 299).


Sebbene la condizione dei divorziati risposati non corrisponda pienamente alla legge divina, ad essi è vivamente raccomandata la via caritatis (AL 306). E nella nota n.351 il Papa aggiunge che “in alcuni casi potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti”. C’è qualche esempio che, a suo parere, ci possa aiutare a capire quali potrebbero essere questi casi?
Ritrovarsi in una rinnovata pace, frutto di perdono, donazione, purificazione - dopo avere vissuto situazioni dolorose - è segno che si sta facendo una strada buona per “salire in vetta”. Una via, ancora percorsa in una situazione “non regolare”, ma che accoglie l’amore di Dio e cresce nella vita di grazia e di carità con il sostegno della Chiesa. Amoris Laetitia afferma che proprio in queste situazioni, può essere offerto, in casi particolare, il sostegno dei sacramenti come il necessario nutrimento per questa risalita. È il pane dei viandanti, è il perdono offerto da una Misericordia che ci supera e accetta il mistero di una persona che ama Dio anche in situazioni che oggettivamente sembrano o sono ancora non regolari.
Ho davanti a me volti, che conosco da decenni, che hanno maturato la consapevolezza in coscienza di potere chiedere di essere riammessi ai sacramenti, non per una serie di “crediti formativi “ acquisiti, ma per un lungo cammino compiuto nella Grazia che li ha pervasi, li ha rischiarati e li ha sostenuti, trovando anche il confronto e il conforto del presbitero che li ha seguiti, coscientemente, in foro interno, come pure l’accoglienza del loro vescovo. È la via del Mistero di Dio che a volte ci supera, sempre con la mediazione della chiesa che la indica e che, meravigliata essa stessa, la riconosce. Dobbiamo pregare di avere più luce e di metterci, a nostra volta, in questa via foriera di una luce nuova, o meglio, di una luce che è stata dimenticata o oscurata, che è la Misericordia di Dio. Nella quale confidiamo tutti perché tutti ne abbiamo bisogno.

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