giovedì 29 luglio 2010
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La morte del primo maresciallo Mauro Gigli e del caporalmaggiore capo Pierdavide De Cillis, rimasti uccisi ieri in Afghanistan, mentre erano impegnati in un’operazione di disinnesco, non deve indurci nella «tentazione di considerare le missioni internazionali di sicurezza troppo rischiose», al contrario «il servizio internazionale alla sicurezza e alla democrazia dei nostri militari richiama quell’aiuto e quella collaborazione tra popoli, unica via per offrire un futuro sereno all’umanità». Con queste parole l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, monsignor Vincenzo Pelvi, commenta al Sir l’ennesimo episodio di violenza che ha visto, ancora una volta, tragicamente coinvolti i militari italiani impegnati in Afghanistan. «Questa morte – afferma Pelvi - ci sconvolge e interroga il popolo italiano. In un clima già reso pesante dalle ultime rivelazioni, dinanzi a questa ulteriore e drammatica prova, si affaccia spontanea la voglia di chiedersi se abbia ancora senso che i nostri militari restino in quelle terre lontane. Sono domande giustificabili ed è forte la tentazione di considerare le missioni internazionali di sicurezza troppo rischiose. Ma non possiamo solo ascoltare le nostre sensibilità del momento e seguire quelle tendenze emotive che costituiscono come delle barriere all’interno del nostro animo». «In realtà – aggiunge l’arcivescovo - il servizio internazionale alla sicurezza e alla democrazia dei nostri militari richiama quell’aiuto e quella collaborazione tra popoli, unica via per offrire un futuro sereno all’umanità. I diritti umani, infatti, in un contesto di fragilità e confusione sono quanto mai bisognosi di essere protetti e garantiti. Se non impariamo a pensare in termini di mondialità siamo destinati al declino. Occorre riconoscere di essere una sola famiglia umana legata non tanto da doveri e obblighi ma da una relazione che costruisce solidarietà e mette fondamento alla pace, dono e conquista». «La pace – conclude - è un edificio indivisibile e ciascuno con il dono o con l’egoismo lo può rafforzare o distruggere per la sua parte di responsabilità. Dinanzi a questa tragedia l’invito alla preghiera. Certo la fede e la preghiera non risolvono i problemi ma permettono di affrontarli con una luce e una forza nuove e inspiegabili». Sulla vicenda sono in corso indagini per capire se lo scoppio è stato provocato a distanza con un telecomando o se, al contrario, è stato accidentale. Nell’esplosione sono morti anche due soldati afgani, altri due feriti in modo grave. Con loro ferita anche il capitano Federica Luciani. I funerali dei due militari morti saranno celebrati domani pomeriggio alle ore 18 a Roma presso la chiesa di Santa Maria degli Angeli e presieduti da Pelvi.
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