giovedì 25 ottobre 2018
Circa 300 tra Padri sinodali, uditori e ragazzi provenienti da alcune parrocchie romane hanno percorso la via Francigena. La Messa con papa Francesco
Foto Siciliani

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Ci sono immagini che dicono più di tante parole e hanno la capacità di dare anima ai concetti, alle spiegazioni e perfino ai sogni. Quella di vescovi, religiosi, donne (alcune delle quali incinte) e giovani che camminano gli uni accanto agli altri e arrivano, insieme, davanti alla tomba di san Pietro, senza un ordine gerarchico ma in gruppo, in totale semplicità e spirito di amicizia, restituisce in un solo colpo d’occhio cosa significhi Sinodo e quale sia lo stile di una Chiesa che si fa compagna di viaggio.

Sorridenti, zaino nero in spalla e cappellino bianco, in clergyman o in abiti più comodi, i padri sinodali si sono fatti pellegrini insieme ai ragazzi per percorrere gli ultimi sei chilometri della via Francigena, l’antico itinerario che collegava Canterbury a Roma, passando per Francia e Svizzera. Sono partiti di buon mattino dall’Istituto Don Orione, sulla via Camilluccia, e attraverso la riserva naturale di Monte Mario e viale Angelico, sono giunti fino a San Pietro, cuore della cristianità. Hanno camminato, baciati da un tiepido sole romano, hanno dialogato e pregato, specialmente durante le tre stationes che hanno consentito piccole soste e momenti di raccoglimento.

Come per le strade della città, il passaggio del gruppo, formato da circa 300 persone, ha attirato lo sguardo di romani e no, così la processione lungo la navata centrale della Basilica ha interrotto per qualche minuto il via vai e il brusio dei tanti fedeli e turisti presenti. Il silenzio si è sciolto in un caloroso applauso quando è arrivato papa Francesco, che ha invitato a rinnovare la professione di fede «nel luogo dove l’apostolo Pietro, con la testimonianza della vita, ha confessato la sua fede nel Signore Gesù, morto e risorto».

Poi, sempre insieme, tutti si sono diretti verso l’Altare della Cattedra per partecipare alla Messa presieduta dal cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, alla quale ha presenziato anche il Papa. «Qui Pietro dà la sua vita, qui la sua professione di fede deve diventare anche la nostra», ha sottolineato nell’omelia l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che ha organizzato il pellegrinaggio. «Qui Pietro compie la sua vocazione. Ci vorranno 30 anni: non importa, perché Dio ha pazienza con noi. I suoi tempi non sono i nostri tempi, ma Lui ci viene incontro e deve trovare un cuore aperto», ha osservato Fisichella che ha definito Pietro «una persona generosa» che «si fida di Gesù anche se non l’aveva mai visto prima», che «lascia tutto per seguire Gesù». «Non dubita, non ci sono indugi per lui», ha ribadito il presidente del dicastero vaticano.

Eppure anche Pietro «deve capire che non è lui che si salva, ma è Dio che lo salva», ha rilevato Fisichella ricordando che quando Gesù chiede all’apostolo «non solo di lasciare tutto, ma di dare tutto se stesso», Pietro «non è ancora capace». «Passeranno trent’anni perché pieghi le ginocchia davanti a Dio», ha scandito Fisichella evidenziando l’attualità di una figura, capace del dono del martirio. Che rimane un esempio per i pastori di tutto il mondo, ma anche per i tanti giovani protagonisti a vario titolo del Sinodo. Che, pur essendo alle sue battute finali, sembra aver inaugurato un nuovo stile. All’insegna dell’ascolto, del confronto e del cammino condiviso. Secondo il modello dei discepoli di Emmaus, che Gesù accompagna e guida, ridando loro speranza e coraggio.

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