lunedì 12 aprile 2010
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Le linee guida sulla pedofilia pubblicate oggi sul sito della Santa Sede, che riassumono le procedure operative già definite con un regolamento interno al dicastero della Congregazione per la Fede, sono divise in tre parti.    Nella prima, si definiscono le procedure preliminari e si stabilisce che è compito delle "diocesi locali" indagare su "ogni accusa di abusi sessuali su minori da parte di un sacerdote". "Se l'accusa appare verosimile - continua il testo - il caso va riferito alla Congregazione per la dottrina della fede" con "tutte le informazioni necessarie" da parte del vescovo che allega anche la sua opinione su "procedure e misure" da adottare. "La legge civile - aggiunge la guida - riguardo alla denuncia dei crimini alle autorità appropriate deve sempre essere seguita".    Durante questa fase, precisa il documento, il vescovo "può imporre misure precauzionali per salvaguardare la comunità, incluse le vittime". In particolare, il vescovo ha il potere di "proteggere" i bambini "limitando" le attività di qualunque prete nella diocesi. Tutto ciò, aggiunge la guida, "fa parte della sua attività ordinaria" che il vescovo è "incoraggiato ad esercitare".   Nella seconda parte si descrivono le procedure autorizzate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Preso in esame il caso, l'ex Sant'Uffizio ha diverse opzioni: il processo penale; riferire i casi speciali direttamente al papa; adottare misure disciplinari. Nel primo caso, la Congregazione può autorizzare il vescovo locale a un processo penale di fronte al tribunale diocesano o anche un processo amministrativo penale di fronte a un delegato del vescovo affiancato da due assistenti. Il prete chiamato a "rispondere delle accuse" può fare ricorso alla Congregazione nel caso di condanne a suo carico. Il giudizio finale, prescrive la guida, "è della Congregazione per la dottrina della Fede". In caso di condanna, vi sono una serie "di pene canoniche la più grave delle quali è la riduzione allo stato laicale". "Nei casi particolarmente gravi", prescrive poi la guida, la congregazione può decidere di portare il caso"direttamente" al Papa con la richiesta che il pontefice emetta "ex officio" una riduzione allo stato laicale del colpevole. Infine, nei casi in cui il prete ha ammesso i suoi crimini ed ha accettato di condurre "una vita di preghiera e penitenza", la congregazione, prosegue il documento, "autorizza il vescovo locale ad emettere un decreto che proibisce o limita l'esercizio del pubblico ministero del sacerdote".Nella terza parte, la guida spiega che la Congregazione ha intrapreso una revisione di alcuni articoli del Motu proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" in modo da aggiornare il Motu proprio del 2001 alla luce di alcuni speciali facoltà conferite alla Congregazione da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
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