giovedì 2 marzo 2017
Il cardinale segretario di Stato a un incontro di formazione del clero a Firenze. «Il cuore del prete deve essere casa accogliente in cui le persone piegate dal dolore possono trovare ascolt
Il cardinale Pietro Parolin (Ansa)

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Di fronte alle grandi questioni bioetiche di questi giorni “bisogna saper ascoltare, questo è fondamentale: essere sempre in atteggiamento di grande rispetto nei confronti di tutti, anche se evidentemente non si possono condividere tutte le scelte”. Lo ha affermato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervenendo questa mattina nel Seminario di Firenze a un incontro di formazione del clero. Incontrando i giornalisti, riporta l'agenzia Sir, Parolin ha ricordato che anche nella formazione dei sacerdoti la Chiesa s’impegna a “capire il mondo”, “interpretarlo” e “rispondere in modo evangelico. Che non vuol dire chiudere ma neanche accettare tutto”.

“La Chiesa – ha precisato – ha una sua proposta” di fronte ai “problemi del matrimonio, della vita, della famiglia. Posso dire, perché è vero, che c’è la volontà che i sacerdoti siano preparati per dare risposte”. Anche se, ha aggiunto, “sono problemi estremamente nuovi e complessi di fronte ai quali neppure la società è preparata a rispondere: la società stessa s’interroga e dà risposte differenziate, perché sono problemi nuovi che si pongono alla coscienza. Evidentemente anche noi siamo parte di questa realtà, anche noi abbiamo questa difficoltà”. Le posizioni della Chiesa, ha concluso, “a volte vengono viste come oscurantiste, ma è fedeltà al Vangelo: facendo una sua proposta, la Chiesa se dice dei no è sempre per dei sì più grandi, per una pienezza maggiore di vita e di gioia. La Chiesa ha il Vangelo da annunciare, e il Vangelo significa buona notizia. La voce della Chiesa magari è scomoda, ma se non ci fosse la società sarebbe impoverita”.

“Ci sono stati alcuni episodi che hanno portato la signora Marie Collins” a rassegnare le dimissioni dalla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Lei “ha sentito che l’unica maniera di reagire, forse anche per scuotere, era dare le dimissioni. Io però ho visto sempre un grande impegno da parte del cardinale O’Malley e della Commissione”. Ha anche detto il segretario di Stato vaticano. I membri della Commissione, ha aggiunto, “stanno portando avanti un bel lavoro di sensibilizzazione: di per sé la commissione non deve occuparsi degli abusi sessuali, è la Congregazione per la dottrina della fede che lo fa, ma deve preoccuparsi di creare un ambiente che difenda i bambini, li tuteli e non permetta più casi di questo tipo”.

Il segretario di Stato ha poi parlato della presunta “solitudine di Papa Francesco”, sulla quale “molte volte si tende a esagerare. Certamente l’ufficio che il Papa ricopre, al vertice della Chiesa, lo pone in una situazione di solitudine: anche un vescovo si può trovare a essere solo, anche un parroco, immaginiamoci un papa. Però evidentemente è circondato da molti collaboratori che gli sono vicini e che cercano di aiutarlo nell’esercizio quotidiano del suo ministero. Direi che da una parte questa situazione è fisiologica, dall’altra parte non l’accentuerei come fanno certe volte i media”. Circa gli attacchi e le critiche, “nessuno rimane indifferente”; d’altra parte il Papa ha “la grande capacità di essere sereno e di non drammatizzare”. “Credo – ha concluso – che abbia un dono particolare di reagire con serenità”.

“È inconcepibile pensare a un annuncio del Vangelo privo di gioia: è come parlare del sole senza parlare della luce che emana. Annunciare il Vangelo porta una promessa di felicità, sarebbe contraddittorio annunciarlo con volto triste”, ha aggiunto Parolin. La gioia dell’evangelizzazione, però, “è una gioia che prevede, anzi che include il fallimento: l’annuncio del Vangelo incontra per sua natura ostacoli e rifiuti”.

Oggi invece, ha proseguito, “di fronte alle prime difficoltà si pensa di aver sbagliato strada: succede a una giovane coppia di sposi, a un giovane religioso o religiosa, a un giovane prete, pensare di aver fatto scelte sbagliate. Invece bisogna imparare a passare attraverso i momenti di fallimento”. La vita nella parrocchia, ha aggiunto Parolin, “espone alle gioie della vita e alle devastazioni della tristezza: il prete vive immerso nelle gioie e nei dolori della propria gente. Il cuore del prete deve essere casa accogliente in cui le persone piegate dal dolore possono trovare ascolto. Abbiamo di fronte fratture da ricomporre, umanità ferita da curare, gioie da far fiorire”. “Siamo chiamati – ha concluso – a essere Vangeli viventi, ricordando che il cuore della gioia del presbitero è l’incontro con Gesù”.

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