lunedì 18 gennaio 2010
Grande successo per la visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma ieri pomeriggio: «Una tappa nel cammino di amicizia tra cattolici ed ebrei».
  • IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO DEL PAPA
  • 24 anni fa: il cardinale Mejia ricorda la prima visita
  • COMMENTA E CONDIVIDI
    Ogni sua parola soppesata. Ogni suo silenzio interpretato. Per il papa tedesco, la visita di oggi alla Sinagoga di Roma ha costituito una prova importante e delicata in un pontificato spesso oggetto di polemiche e sospetti da parte ebraica. Il prossimo futuro dirà se Benedetto XVI è riuscito a mitigare le incomprensioni del presente (dal perdono ai tradizionalisti anti-conciliari seguaci di Marcel Lefebvre alla beatificazione di Pio XII) e a rasserenare il clima del dialogo.Di sicuro papa Ratzinger è tornato a pronunciare parole di inequivocabile condanna sulla Shoah, un "dramma sconvolgente", "il vertice di un cammino d'odio", ed ha auspicato, in uno dei passaggi più applauditi e apprezzati del suo discorso nel Tempio maggiore di Roma,che le "piaghe dell'antisemitismo siano sanate per sempre". Benedetto XVI non ha omesso le responsabilità del cattolicesimo, anzi ha ricordato, facendolo suo, il mea culpa della Chiesa che, in un documento del 16 marzo 1998, deplorava  le "colpe dei suoi figli e delle sue figlie" e chiedeva "perdono per tutto ciò  che ha potuto  favorire, in qualche modo, le piaghe dell'antisemitismo e dell'antigiudaismo".       Anche sulla deportazione degli ebrei del ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, il papa ha usato toni forti e commossi."In questo luogo - ha detto Ratzinger - come non ricordare gli ebrei romani che vennero strappati da queste case, davanti a questi muri, e con orrendo strazio vennero uccisi ad Auschwitz? Come è possibile dimenticare i loro volti, i loro nomi, le lacrime, la disperazione di uomini, donne e bambini? Lo sterminio del popolo dell'Alleanza di Mosè, prima annunciato, poi sistematicamente programmato e realizzato nell'Europa sotto il dominio nazista, raggiunse in quel giorno tragicamente anche Roma", ha scandito. Quel 16 ottobre 1943, ricordato in una lapide al Portico D'Ottavia davanti a cui stasera il papa tedesco ha deposto una composizione di fiori prima di entrare in Sinagoga, rappresenta un capitolo particolarmente doloroso nella storia dei rapporti tra la comunità romana e il pontificato: 1.021 ebrei capitolini furono mandati dai nazisti verso i campi di sterminio e solo 17 di loro tornarono vivi. Tutto ciò accadde - è l'accusa ebraica - senza che Pio XII facesse o dicesse qualcosa per impedire che una simile tragedia si consumasse praticamente di fronte al Vaticano. La Santa Sede, ha replicato ieri Ratzinger difendendo implicitamente l'operato di Pio XII, in realtà si mosse, ma lo fece con discrezione. "Purtroppo - ha ammesso  il pontefice -  molti rimasero indifferenti, ma molti, anche fra i cattolici italiani, sostenuti dalla fede e dall'insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e meritando una gratitudine perenne. Anche la Sede Apostolica - ha puntualizzato -  svolse un'azione di soccorso, spesso nascosta e discreta".  "La memoria di questi avvenimenti  - ha  esortato - deve spingerci a rafforzare i legami che ci uniscono perchè crescano sempre di più la comprensione, il rispetto e l'accoglienza". Nel discorso di Ratzinger, una vasta parte è  stata dedicata ad un presente e ad un futuro che devono nutrirsi nella radici comuni delle due fedi.  La "vicinanza e fraternità spirituali" tra ebrei e cattolici "trovano nella Sacra Bibbia il fondamento più solido e perenne", ha infatti chiosato il pontefice, che ha indicato nei 'Dieci Comandamentì un codice etico universale per tutta l'umanità. Ventiquattro anni fa, Giovanni Paolo II aveva compiuto il suo "viaggio più lungo" nell'attraversare, 1l 13 aprile 1986, il Tevere e  nel mettere piede in una Sinagoga, primo papa dopo diciannove secoli. Ieri pomeriggio, per due ore, dalle 16 e trenta alle 18 e trenta, Ratzinger ha compiuto lo stesso percorso, ricevendo anche il saluto commosso dell'ex rabbino capo Elio Toaff che aveva accolto allora Wojtyla.Nell'Angelus di ieri mattina in piazza San Pietro, Benedetto XVI ha inquadrato, con le migliori parole possibili la sua visita: "un'ulteriore tappa nel cammino di amicizia e concordia tra cattolici e ebrei". "Malgrado - ha aggiunto - i problemi e le difficoltà ". 
    © Riproduzione riservata
    COMMENTA E CONDIVIDI

    ARGOMENTI: