lunedì 15 aprile 2013
Papa Francesco nella Basilica di San Paolo: «Testimoniare con la parola e la vita. L'incoerenza mina la credibilità della Chiesa». Al suo arrivo il Papa ha pregato sul sepolcro di San Paolo. Al termine della Messa il Pontefice si è recato nella Cappella del Crocifisso per venerare l’icona della Madonna Theotokos Hodigitria, davanti alla quale il 22 aprile 1541 sant’Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni fecero la loro professione religiosa solenne, evento fondamentale per la nascente Compagnia di Gesù.
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“Siamo sulla tomba di san Paolo, un umile e grande Apostolo del Signore, che lo ha annunciato con la parola, lo ha testimoniato col martirio e lo ha adorato con tutto il cuore”: lo ha detto ieri sera Papa Francesco nella messa celebrata nella sua prima visita alla basilica papale di San Paolo fuori le Mura, mettendo in luce i tre verbi chiave della sua omelia: “annunciare, testimoniare, adorare”. “Siamo capaci di portare la Parola di Dio nei nostri ambienti di vita? Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana?”, ha chiesto il Papa. La fede, ha chiarito, “nasce dall’ascolto, e si rafforza nell’annuncio”.Poi ha invitato a fare “un passo avanti” perché “il Vangelo va annunciato e va testimoniato”. Certo, ha ammesso il Pontefice, “la testimonianza della fede ha tante forme, come in un grande affresco c’è la varietà dei colori e delle sfumature; tutte però sono importanti”. Nel grande disegno di Dio “anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia”. Infatti, “ci sono i santi di tutti i giorni, i santi nascosti, una sorta di classe media della santità, di cui tutti possiamo fare parte”.

Ricordando i tanti perseguitati anche oggi “a causa del Vangelo”, il Santo Padre ha sostenuto che “non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita”. “Mi viene in mente adesso - ha aggiunto a braccio - un consiglio che San Francesco di Assisi dava ai suoi fratelli: predicate il Vangelo e se fosse necessario anche con le parole. Predicare con la vita, la testimonianza”. Per Papa Francesco, “l’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa”. Ma non basta. Un “punto importante” per noi è “vivere un rapporto intenso con Gesù, un’intimità di dialogo e di vita, così da riconoscerlo come ‘il Signore’, da adorarlo”. E adorare Dio “significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte”. Ma per far questo dobbiamo “spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi che abbiamo e nei quali ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra sicurezza. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita, qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri”. Ieri grande folla di fedeli, almeno 80mila, anche in Piazza San Pietro per il Regina Coeli di Papa Francesco in una stupenda giornata primaverile. Al centro del discorso del Pontefice la pagina degli Atti degli Apostoli che si legge nella Liturgia di questa Terza Domenica di Pasqua. "Cari fratelli e sorelle, buongiorno!". Dove trovavano i primi discepoli la forza per questa loro testimonianza? Non solo: da dove venivano loro la gioia e il coraggio dell’annuncio, malgrado gli ostacoli e le violenze?”: sono le domande che ha posto ieri Papa Francesco. Commentando il brano degli Atti degli Apostoli che vede Pietro e gli Undici non lasciarsi intimorire dai sommi sacerdoti e dai capi della città che cercavano di stroncare la loro testimonianza su Gesù Risorto, imprigionandoli, il Papa ha ricordato anche che “gli Apostoli erano persone semplici, non erano scribi, dottori della legge, né appartenenti alla classe sacerdotale”. Dunque, “come hanno potuto, con i loro limiti e avversati dalle autorità, riempire Gerusalemme con il loro insegnamento?”. Per il Pontefice, “è chiaro che solo la presenza con loro del Signore Risorto e l’azione dello Spirito Santo possono spiegare questo fatto. La loro fede si basava su un’esperienza così forte e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che permetteva loro di seguire le orme di Gesù e di assomigliare a Lui, testimoniandolo con la vita”.“Questa storia della prima comunità cristiana ci dice una cosa molto importante, che vale per la Chiesa di tutti i tempi, anche per noi - ha osservato il Santo Padre -: quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza”. Non solo: “Se incontra incomprensioni o avversità, si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde con l’amore e con la forza della verità”. Perciò introducendo la preghiera del Regina Coeli, Papa Francesco ha invitato a chiedere “l’aiuto di Maria Santissima affinché la Chiesa in tutto il mondo annunci con franchezza e coraggio la Risurrezione del Signore e ne dia valida testimonianza con segni di amore fraterno. Preghiamo in modo particolare per i cristiani che soffrono persecuzione: sentano la presenza viva e confortante del Signore Risorto”. Dopo la recita del Regina Coeli, il Papa ha ricordato che sabato a Venezia “è stato proclamato beato don Luca Passi, sacerdote bergamasco del secolo diciannovesimo, fondatore dell’Opera laicale Santa Dorotea e dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea”.

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